Giovanni Verga, Edouard Rod

Giovanni Verga, Edouard Rod

Giovanni Verga, Edouard Rod

 

Giovanni Verga, Edouard Rod

G. Verga, Lettere al suo traduttore, Le Monnier, 1954, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

 

Giovanni Verga, Edouard Rod

 

Giovanni Verga, Lettere al suo traduttore, Firenze, Felice le Monnier, 1954, un testo che raccoglie alcune lettere in italiano di Verga allo svizzero Edouard Rod.
In appendice ci sono anche alcune lettere di Rod a Verga, in lingua originale francese.
La comunicazione verghiana è piuttosto stereotipata, attestazioni formali di amicizia che si ripetono più o meno in tutte le lettere, e, a parte notazioni personali sulla morte del fratello di Verga e sui suoi spostamenti estivi, qualche invito a passare le vacanze insieme o a venire a trovarlo nella sua casa, il carteggio si concentra specificamente sulla polemica contro le pessime traduzioni, gli scarsi guadagni editoriali e la rete di relazioni amicali che i due scrittori intrattenevano con riviste, altri colleghi, editori e teatri, per riuscire a far emergere con successo le loro opere, raccomandandosi a vicenda, come del resto si usa fare ancora adesso:

“… la morte del povero Giuseppe Treves ha ritardato la pubblicazione in volume di M.lle Annette, che avevo combinato con lui… Il Giornale d’Italia pubblicherà nel principio dell’anno prossimo la traduzione del vostro romanzo, e l’altro lo pubblicherà pure alla stessa epoca, Il Secolo XIX di Genova. Scusatemi ma non ho potuto far più presto (Verga, 10 novembre 1904)… Vi ringrazio dell’interesse che mi avete dimostrato e della buona volontà che avete messo nella faccenda col signor Brunetière, che vi stava a cuore più a voi che a me (Verga, 19 febbraio 1906)…. Vous recevrez un numéro de la Revue Hebdomadaire, où se trouve un bon article de Jean Dornis (Mme G. Beer). Je vous dis qu’il est bon de confiance, car je ne l’ai pas ancore lu. Si vous voulez écrire un mot a Mme Beer, elle demereure 34 rue des Mathurins. En vous envoyant sa revue, le directeur Monsieur M. Laudet (ancien secrétaire de l’ambassade de France auprès du Vatican) vous demandera de lui signaler une ou deux de vos nouvelles… Si vous voulez bien le faire, je lui prêterai les textes, il fera son choix et vous en récrira… ( Rod, 19 maggio 1907)”.

Sono citati anche titoli di libri di Rod che vengono letti da Verga. Questi evita di esprimere un giudizio critico profondo, attenendosi a commenti generici che lodano lo stile e le capacità di scrittura dell’amico ma in modo del tutto atono. Si tratta di giudizi di prammatica che hanno lo scopo di rafforzare l’amicizia con l’interlocutore e si ripetono quasi identici per ogni pubblicazione del Rod.
In una lettera datata 5 giugno 1899 Verga si lamenta non poco della traduzione di Mad. Laurent, giudicata “uno scempio” perché non fedelmente resa. Evidentemente il problema del traduttore che si sostituisce all’autore e si abbandona al “rimaneggiamento” del testo, problema esistente anche oggi, era da Verga fortemente avvertito:

“Caro Rod

Come voi non sono punto contento di ciò che mi scrivete di Mad. Laurent. Non sono contento di lei come traduttrice, visto lo scempio che ha fatto, o piuttosto che voleva fare della Lupa, e me ne fido poco anche per la disinvoltura con cui a ogni momento mette avanti la ragione del dominio pubblico che ogni editore o traduttore, mediocremente scrupoloso, sia detto a vostro onore, in Francia, non si attenta a mettere davanti.
Disingannatela quindi prima di tutto, né Don Gesualdo né la Lupa sono ancora di dominio pubblico. In secondo luogo mi preme che l’opera mia sia giudicata in Francia per quel che è, bene o male, ma fedelmente resa. E io che ho visto con quanto amore, e scrupolo artistico la vostra brava e gentile Signora ha studiato e curato la sua traduzione – qual soffio di vita avete messo voi in quella vostra della Lupa, figuratevi come son rimasto al leggere quello che ne aveva fatto M.lle L. e come sia inquieto di questo rimaneggiamento che essa vuol fare del Don Gesualdo – Che cosa ne escirà, mio Dio? – Poiché in confidenza devo dirvi che questa signora non solo manca assolutamente di senso artistico, per curarsi del colore, ma conosce anche assai male, e solo di vista l’italiano…”

La stizza contro la “signora traduttrice” aumenta man mano e si traduce perfino in una nota misogina, espressa in una lettera del 18 ottobre 1899, decisamente una caduta di gusto, condita da quel finale, “sia detto tra noi” che tradisce la consapevolezza di essersi lasciato andare ad un parere personale non filtrato:

“Quella signora traduttrice ha dato tanto da fare a voi e a me, che ve ne chiedo scusa, e m’ha fatto esaltare in pectore le buone nostre massaie che fanno la calza e non traducono – Questo sia detto tra noi…”

Dalla corrispondenza, come si è detto, emergono continui consigli su come fare e a chi chiedere per pubblicare un articolo o l’altro, un libro o l’altro, tramite una fitte rete di conoscenze che includevano scrittori e direttori di riviste o teatri coi quali i rapporti non erano sempre idilliaci. Scrive Verga il 29 gennaio 1908:

“… Io non mi spiego ancora il successo della Compagnia Grasso a Parigi; ma mi spiego benissimo l’insuccesso o quasi, della Lupa, specialmente data a quel modo e con quei mutamenti. Il Grasso si permette di travisare il finale così che tutta la commedia diventa barocca e assurda. Non è più la passione cieca, carnale, brutale, anche se volete, ma quasi fatale della Lupa… Per conto mio se devo essere fischiato voglio essere fischiato a modo mio, e non col criterio di codesti istrioni. Ah caro Rod, che miseria e che cosa infetta il teatro!”

Si lamenta anche degli editori in data 7 ottobre 1909:

“Saprete a proposito delle déprédations di cui siamo vittime che la Casa Treves ha intentato un processo contro un editore di Napoli che ci depredava…”

Il 17 aprile del 1907 Verga si lamenta degli scarsi guadagni:

“Figuratevi che dalla pubblicazione dell’ultimo mio romanzo Dal tuo al mio, ho avuto da Revue Bleue, lire 157, 50!
Non rimandai indietro cotesto compenso per riguardo al traduttore…”

La paga media di un operaio qualificato a fine Ottocento e inizi Novecento era poco più di una lira al giorno. I guadagni di Verga non erano poi così scarsi.

In tema di confessioni letterarie lo scrittore è molto preciso, dando la preminenza al metodo artistico piuttosto che alla scuola o corrente di provenienza:

“Credo che in ogni scrittore veramente originale se il metodo artistico ha una grande importanza, la scuola ne ha ben poco e solo di riflesso…”.

Il carteggio è interessante per vedere un Verga dal suo stesso punto di vista, in positivo e in negativo.

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https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=JUL5a-0Krvo

 

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