Joseph Roth, Il peso falso

Joseph Roth, Il peso falso

Joseph Roth, Il peso falso

Joseph Roth, Il peso falso

Joseph Roth, Il peso falso, credit Antiche Curiosità©

 

Joseph Roth, Il peso falso

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Mary Blindflowers©

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Joseph Roth (Brody, 2 settembre 1894 – Parigi, 27 maggio 1939), Il peso falso, scritto nel 1937 e pubblicato per la prima volta da Querido Verlag di Amsterdam. Il romanzo introduce, sotto l’apparente linearità e semplicità della trama, temi importanti.
Anselm Eibenschütz, artificiere, spinto dalla moglie Regina, lascia l’esercito per diventare il verificatore di pesi e misure nel distretto di Zlotogrod.
Il suo compito consiste nel controllare che i commercianti non usino pesi e misure false e non vendano merce avariata.
In un mondo dove la sofisticazione e la menzogna sono abituali, il verificatore sperimenta la solitudine.
Il precedente verificatore non aveva mai controllato veramente i pesi né le condizioni delle merci vendute, lasciava semplicemente correre qualsiasi infrazione alla legge con naturalezza, come se fosse normale, perciò alla sua morte ebbe “un funerale straordinario”:

Tutti i negozianti avevano seguito la sua bara: quelli che usavano i falsi pesi, ossia I candelieri d’argento e d’ottone, quelli che misuravano col braccio dal pugno chiuso fino al gomito, e molti altri che, senza un proprio interesse e, in certo modo, quasi per principio, rimpiangevano amaramente la scomparsa di un verificatore dei pesi il quale, di pesi, non ne aveva posseduto neanche uno. Da quelle parti, infatti, tutti coloro che rappresentavano con inflessibilità le esigenze della legge, della giustizia e dello Stato erano considerati come altrettanti nemici…

Eibenschütz è il nemico:

 

La diffidenza con la quale Zlotogrod accolse Eibenschütz non fu meno grande del cordoglio con cui il vecchio era stato sepolto. Si vide infatti alla prima occhiata che il nuovo funzionario non era né vecchio né malandato, ma, al contrario, un bell’uomo robusto, forte e probo, soprattutto probo”.

 

L’isolamento del personaggio è scandito dall’ostilità delle persone e dal clima, lo sfondo di un paesaggio in cui il ciclo del ghiaccio che si spezza e si ricostituisce, si ricostituisce e si spezza, in un eterno loop, dà la misura del circolo vizioso in cui è caduto il verificatore. Il gelo esterno è il contraltare del gelo affettivo che circonda l’ex artificiere. Egli non avrebbe mai lasciato l’esercito, se non fosse stato per la moglie diventata ogni giorno più estranea, più lontana, fino al definitivo distacco.
Il verificatore sopravvive all’epidemia, è un uomo robusto, ben curato, forte, ma non sopravvive a se stesso.
L’autore ne sottolinea il progressivo annichilimento, un degrado che si ripercuote fisicamente sul personaggio. Egli diventa sciatto, poco curato nella persona, si riduce a dormire fuori dalla porta di Euphemia, la donna da lui amata che è però l’amante di Jadlovker, gestore dell’Osteria della Frontiera, successivamente arrestato.
Il dato più evidente che Roth mette in luce in questo romanzo, a parte la vendetta, l’assenza di regole e falsi pesi vissuti come normalità, è il senso quasi kafkiano di estraneità del personaggio. Il suo labirintico percorso in discesa. Tutto intorno a lui è  qualcosa d’altro, di incomprensibile. Il piccolo che strilla a casa sua, la moglie, la sua stessa amante, gli abitanti del distretto che lo odiano per la sollecitudine con cui li controlla. E non appena comincia a confidarsi col brigadiere Slama, questi viene trasferito. Eibenschütz non ha nessuno con cui scambiare una parola che non sia di superficie, non gli è concessa alcuna confidenza, inchiodato ad un destino di progressivo e totale isolamento. Slama viene sostituito da Piotrak, l’inflessibile rosso, “sempre sobrio e sempre cattivo” che non si commuove di fronte a nessuna supplica, a nessuna richiesta.
Il verificatore così si volge nel suo contrario, da sobrio diventa alcolizzato, da bello diventa brutto, smette di lisciare i suoi splendidi baffi che un tempo brillavano più delle lampade a petrolio dell’Osteria della Frontiera, desidera ardentemente la morte e si guarda nello specchio per sapere se non sia ancora brutto abbastanza.
Il fatto che l’autore stesso lo chiami sempre per cognome, serve a sottolineare ancor di più il principio d’estraneità. Il personaggio non è giudicato se non da altri personaggi, l’autore mantiene costantemente le distanze dalla materia trattata, quindi si assesta bene sulla sedia, osserva, prende la mira e colpisce con un finale definitivo e tragico.
Lo stile è semplice, senza concessioni al lirismo o agli arzigogoli, va dritto al punto, si condensa in una brevità concentrata che si fa leggere facilmente.

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https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=vxxmUK5DRmQ

 

 

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