André-Charles Boulle, ebanista

André-Charles Boulle, ebanista

André-Charles Boulle, ebanista

André-Charles Boulle, ebanista

Antique French Boulle Tortoisheshell Cabinet, Louis XVI Style, (Detail), credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

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André-Charles Boulle, ebanista

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André-Charles Boulle (11 Novembre 1642- 29 Febbraio 1732), nacque a Parigi e divenne ufficialmente ebanista nel 1666. Considerato “il più abile artigiano di Parigi”, “le joailler du meuble”, era alla sua epoca molto famoso, infatti lavorava presso il re di Francia, Luigi XIV, al quale fu raccomandato da Colbert (29 agosto 1619 – 6 settembre 1683).
Charles Boulle ha inventato una tecnica molto particolare per i lavori di intarsio che prese da lui il nome: “lavoro di Boulle” o “intarsio di Boulle”, ottenuto con particolare attenzione ai dettagli, creando un marquetry con guscio di tartaruga, peltro, ottone, su legni d’ebano. La sua produzione non si fermò ai mobili di alta qualità e bellezza, ma creò anche lampadari in bronzo dorato, sculture, orologi, applique e supporti per i mobili stessi.
Dopo la sua morte la produzione di mobili in Style Boulle continuò. Gli armadi, i tavoli e i cabinets originali Boulle ma anche le loro copie successive del XVIII e XIX secolo, rimangono oggetti per collezionisti, di straordinaria bellezza. L’uso di una sottile lamina di guscio di tartaruga dà una particolare colorazione screziata ai manufatti Boulle. La lavorazione del guscio di tartaruga richiedeva molto tempo. I vari strati del carapace dell’animale venivano bolliti in acqua salata e poi ammorbiditi e appiattiti sotto una pressa. L’operazione doveva essere eseguita con la massima cautela per evitare che il colore naturale sbiadisse. Quindi la lamina veniva pulita e lucidata in modo da acquisire quella lucentezza che ne risaltasse la bellezza:

Il processo di lavorazione della tartaruga cominciava con la scomposizione dell’intera corazza e la suddivisione delle due parti principali in placche, a loro volta sfaldate in scaglie; si procedeva poi con la cernita di quelle utili ai fini artistici in base alla trasparenza, alla bellezza e alle singole macchie… La cromia e la qualità del foglio dipendevano quindi dalla parte della corazza da cui erano selezionate le scaglie: la varietà più pregiata era la tartaruga bionda, trasparente e dorata, seguita da quelle semibionda, passa, jaspé e nera. Una volta selezionate, raschiate e pulite le scaglie, la lavorazione prevedeva poi la saldatura delle stesse, ottenuta per sovrapposizione tramite il potere adesivo del materiale, fino a ricavare uno strato da sottoporre a leggera pressione, con apporto di umidità e calore. Per la rifinitura delle imperfezioni e il ripristino dello spessore desiderato le fonti distinguono la tartaruga tirata a mano, in cui il pezzo è inciso secondo un disegno prestabilito, da quella schiacciata, dove schegge e disomogeneità sono inglobate nel materiale in un processo di curvatura e sagomatura a caldo… La lavorazione procedeva con la pulitura dei pezzi e l’eventuale applicazione di elementi in materiale prezioso tramite apporto di calore e pressione. La superficie interna infine poteva essere tinta con toni dal rosso al nero, oppure supportata da fogli di carta colorata o lamine metalliche per esaltare le sfumature naturali della tartaruga e conferire maggiore luminosità… Dal punto di vista conservativo le principali forme di degrado sono correlate alla naturale alterazione del materiale, alle tecniche di lavorazione, alla messa in opera e alla destinazione d’uso. Il deterioramento è quindi originato da cause di tipo meccanico nella fase di adattamento a nuovi vincoli, chimico-fisico in risposta alle variazioni termoigrometriche e agli agenti esterni (lesioni, incrinature, sconnessure, lacune, alterazioni cromatiche), biologico a causa dei biodeteriogeni e soprattutto delle larve di insetti di Dermestidae, genere Attagenus sp. (fori di sfarfallamento, gallerie, erosioni, mutamenti della colorazione), antropico per incuria, danni accidentali e restauri precedenti (abrasioni, graffi, distacchi, depositi superficiali) (M. Sebastianelli, M. Orlando, M. Bruno, M. Vitella, Opere d’arte in tartaruga dai naturalia al restauro: nuove proposte per la reintegrazione delle superfici).

La lavorazione della tartaruga risale a epoche antiche. Scriveva Seneca nel De Beneficiis, VII, 9,2:
Video laboratam scrupolosa distinctione testudinem et foedissimorum pigerrimorumque animalium testas ingentibus pretiis amptas, in quibus ipsa illa, quae placet, varietas subditis medicamentis in similitudinem veri coloratur.
Il poeta latino ci dice che la tartaruga e i gusci di altri animali a suo dire “repellenti” e “pigri” venivano lavorati in scaglie sottilissime le cui screziature erano anche ravvivate con colori artificiali, a imitazione della natura.
Anche la mitologia sostiene che la lira di Ermes venne ricavata dal guscio di una tartaruga opportunamente spolpata col ferro.
I manufatti in tartaruga erano considerati molto preziosi, tanto che venivano donati ai re che potevano ricevere anche gusci interi non lavorati come segno di stima e ammirazione.
Durante l’epoca di Cesare gli artigiani dell’antica Roma raggiunsero livelli di grande maestria nella lavorazione della tartaruga.
Occorre dire però che né nei tempi antichi né nei secoli scorsi, artigiani e artisti si ponevano troppo il problema della eventuale estinzione delle tartarughe. Molte delle 327 specie di tartarughe e testuggini esistenti nel pianeta sono attualmente in declino o a rischio di estinzione per una serie di cause molto spesso legate direttamente o indirettamente alle attività dell’uomo e dunque anche alla caccia per la lavorazione del carapace. In ogni bene c’è sempre un po’ di male su cui comunque la sensibilità contemporanea dovrebbe riflettere. Se Boulle fosse vissuto oggi forse avrebbe usato un materiale alternativo? Possiamo solo sperarlo.

https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=rmLef0jCTzA

 

 

 

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