Il lettore che pensa

Il lettore che pensa

Il lettore che pensa

Il lettore che pensa

The Green Angel, mixed media on canvas by Mary Blindflowers©

 

Il lettore libero che pensa, una specie in estinzione

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Mary Blindflowers©

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Postata una recensione di un testo letterario o poetico si ottiene spesso una critica generica e personale agli autori di quella stessa recensione. Se i criticati si pongono in un atteggiamento d’ascolto collaborativo per cui invitano il criticante ad optare per una contro-recensione più precisa e destrutturante la recensione stessa, ma l’invito viene sistematicamente ignorato in nome di una ragione che deve aver ragione per forza e per partito preso senza alcuna dimostrazione pratica, ci si domanda dove stia il difetto principe nella comunicazione, dove si annidi il tarlo del dispotismo. Se il criticante censura perfino alcuni interventi del criticato nei suoi spazi, dove si annida la prepotenza e la disumana barbarie dell’irragionevolezza?
La cultura italiana si basa fin dalla scuola sul principio di autorità, perfino il mondo accademico ammette questo:

 

In Italia lo studente interrogato ripete come meglio può i concetti e le parole difficili che ha letto sul libro di testo. Gli studenti nel corso della lezione hanno i corpi rigidi, legnosi, mentre durante l’intervallo si lasciano andare e si scatenano… gli studenti si sentono sotto attacco e tendono a chiudersi: lo studente che stabilisce un rapporto privilegiato con l’insegnante è (potenzialmente) un leccapiedi e chi non ha un intenso rapporto affettivo con qualche compagno di classe è un asociale… l’insegnante è un funzionario di Stato, uno che fa parte dei meccanismi di un potere altro e “che sa”. In USA se uno viene colto in fallo perché ha copiato senza citare la fonte corrono parole grosse come “plagio” e infrazione del principio d’onore (Honor Principle), i compagni lo guardano con disprezzo. Anche durante i test in classe i compagni si guardano bene dal suggerire o dal copiare. In Italia uno che non suggerisce o non passa il compito viene giudicato gretto ed egoista. Vuol essere solo lui a far bella figura a scapito del compagno in difficoltà. Il compito in classe è un’orgia di scopiazzanti che l’insegnante di solito finge di non vedere e quando non può fingere, esclama benevolmente: “Hai cercato di fare il furbo ma ti ho beccato”. Nessuna tragedia… Da questo punto di vista il timore-deferenza nei riguardi del professore, il vivere l’autorità e l’amministrazione come sorda e impenetrabile ai volgari pareri ed esperienze dello studente-cittadino… il sentirsi sotto attacco e pensare che sia naturale… tutto questo assume una luce nuova in un’ottica di agire pubblico il passarsi i compiti e altre forme di solidarietà fra studenti “fregando il professore”… anticamera di Tangentopoli… Quello che si impara è che legittimo privilegiare la solidarietà della comune appartenenza a un certo gruppo rispetto al giudizio di merito sull’operato individuale. (M. Sclavi, Arte di ascoltare e mondi possibili. Come si esce dalle cornici di cui siamo parte, Bruno Mondadori Editore, 2003, pp. 60,61).

 

Sarebbe impensabile in una scuola in Italia vedere un alunno che si rivolge con familiarità ad un insegnante per discutere di letteratura o altro. Sarebbe impensabile vedere un insegnante con pantaloni corti parlare di Kafka senza suscitare lo stupore e la disapprovazione degli alunni per il suo abbigliamento che verrebbe giudicato immediatamente inadeguato. Se in Italia si ha familiarità con un insegnante è semplicemente per un principio di piaggeria, perché si è dei leccapiedi patentati. Questo accade perché tutto è basato sul principio di autorità, quella sottomissione al potere o al micro-potere che in questo caso l’insegnante rappresenta e che si trasferisce poi di fatto nella vita ordinaria extra-scolastica e all’età adulta come una specie di cancro sociale che impone la subalternità a seconda dell’importanza del ruolo ricoperto, ruolo spesso conquistato diciamo così, volgarmente, “coi prosciutti”. Così capita di vedere intellettuali completamente rincitrulliti che ragionano come studentelli del liceo, permeati, irrigiditi, fiaccati mentalmente dal principio di autorità e autorevolezza. Criticano un articolo ma invitati a confutarlo punto per punto da chi dice loro, “fingiamo che abbiate ragione voi e non io, dimostrate le vostre ragioni”, soprassiedono e linkano i pareri autorevoli, autoritari del critico-insegnante di turno, rinunciando ad un approccio individuale e personale al testo letterario o poetico. Questi culturi del mito autoritario ad ogni costo, mito che spesso rimanda ad un “noi” politico, ad un gruppo compatto in cui tutti devono avere le stesse identiche opinioni, senza defezioni di sorta, pena l’esclusione e l’emarginazione, sono fratelli e sorelle di quanti sostengono che sia già  stato detto e scritto tutto, cultori di una visione unilaterale e riduttiva della cultura, tronfi nella convinzione di aver fatto la storia seguendo un partito altrettanto storico e glorioso i cui relitti naufragati sulla spiaggia vuota del nulla, galleggiano come cadaveri sparsi nell’inconsistenza di critiche già arenatesi contro gli scogli della ragione.
Il “noi” politico che rovina la libertà individuale, tarpa anche le ali della sincerità nella critica del testo, per cui se si critica un autore che ha un certo orientamento politico, tutti quelli di quello stesso orientamento, scuoteranno le testoline come marionette contro chiunque osi permettersi di isolare, per esempio, la produzione poetica di quell’autore dalla sua attività di saggista ed esprimere un giudizio super partes e apolitico solo sul testo poetico in se stesso. I profeti della letteratura politicizzata vedono il mondo da un solo punto e non vogliono spostarsi di un millimetro da quel punto. Basterebbe poco per capire che spostandosi leggermente e guardando le cose da un altro punto, potrebbe cambiare più di qualcosa, arrivando a valutare testi e figure ad un livello più profondo, che potremo definire polimorfo e meno ingenuo. Soltanto spostandosi e modificando la propria posizione, si partirebbe da un livello passivo, ossia subire il parere dotto e autorevole di altri senza mai metterlo in discussione perché così ci è stato insegnato fin dalla scuola, mettendosi in discussione e arrivando a un livello attivo di comprensione panottica, completa. Questo livello, trattandosi di un testo letterario, in primis si raggiunge leggendo da soli direttamente il testo e facendosi un’idea personale del valore intrinseco di un autore, indipendentemente dal nome che porta (demitizzazione necessaria) e dal suo gruppo di riferimento politico. Il ricordo del principio di autorità dell’insegnante italiano che impone e costringe ad un solo unilaterale punto di vista, nell’età adulta andrebbe decisamente superato, in nome di una ragione superiore e personale che non segue correnti di sorta ma indaga sulla parola scritta, nero su bianco. Postando una poesia su un social e dicendo che l’ha scritta pinko palla, si ottengono pochissimi like, se la stessa poesia, identica, viene postata con la firma di un nome celebre, i like pioveranno, perché il principio di autorità a cui si conforma non solo la massa ma anche la maggior parte degli intellettuali che pensano di essere liberi e colti, impone che quella poesia sia eccellente, in quanto scritta dal poeta affermato. Ma l’affermazione di un poeta dipende da molteplici fattori che non sempre hanno a che fare con la sola letteratura. Un testo poetico è quel che dice e quel che non dice tra le righe, indipendentemente da chi l’ha scritto. Chi legge dovrebbe sapere questo, e prima di leggere e commentare e likare superficialmente, rievocando pareri celebri, ricordarsi che non è il nome che fa la poesia, ma dovrebbe essere la poesia che fa il nome.

L’unico principio di autorità che può essere riconosciuto come valido, non è né quello della massa né quello dell’intellettuale schierato o del critico di partito, ma del lettore libero che pensa, specie ormai quasi in estinzione.

 

https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=rXuvdeEC5y8

 

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