Ragione offesa dell’uomo banale

Ragione offesa dell'uomo banale

Ragione offesa dell’uomo banale

Ragione offesa dell'uomo banale

L’incubo del cavallo, mixed media on canvas by Mary Blindflowers©

 

Lucio Pistis & Sandro Asebès©

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Ragione offesa dell’uomo banale

 

Uno dei principali indizi-spia della mancanza di argomenti è l’attacco deliberato e gratuito all’interlocutore. Quando si discute su un testo poetico e si sposta volutamente l’attenzione dalla critica del testo all’interlocutore, significa che non c’è volontà di indagine, ma semplicemente si mette in opera l’artificio di aver ragione pur non avendola affatto o non potendola dimostrare con la forza del ragionamento e della logica ferrata. Di fronte ad un testo poetico che ci piace, ma non piace ad altri, l’atteggiamento più comune e banale dell’uomo asservito è quello di offendere deliberatamente chi non gli dà ragione, non potendo sostenere gli argomenti altrui. Così abbiamo scritto il nostro parere di lettori su alcune poesie di Fortini, ma alcuni signori non hanno gradito la polpetta. Ennio Abate nel suo blog Poliscritture, anziché smontare la nostra critica del testo, ci ha deliberatamente offeso, dandoci degli ignoranti che non conoscerebbero il contesto in cui sono maturate le poesie di Fortini. Il signore in oggetto non ci conosce, non sa nulla di noi, né delle nostre letture, ma sposta l’attenzione dal testo di Fortini alle nostre persone. Non ha opposto in alcun modo una dinamica dialettica uguale e contraria al nostro modo di valutare un testo poetico, ma si è lanciato nello sboccato ragionamento del partitismo e del consociativismo politico, che attacca tutto ciò che critica gli idoli di partito all’ombra dei quali è cresciuto e pasciuto. Con gingillante retorica ha pensato bene di confutare la nostra critica del testo linkando il parere di un critico di partito su Fortini, dimenticandosi che a noi non importa il benché minimo fico secco della critica degli amici degli amici, perché sappiamo bene come funziona il meraviglioso e gozzoviglioso mondo dell’editoria italiota. Ma che cosa dice di fatto Abate per giustificare il fatto di averci chiamati ignoranti e “liceali svogliati”?
Ecco:

I due per me non sanno proprio di cosa parlano. E, tuttavia, vantano la propria grossolana ignoranza e i loro pregiudizi da liceali svogliati. Come la volpe esopiana, che non riesce a saltare e ad assaggiare l’uva, anch’essi dichiarano immatura la poesia esaminata e se ne vanno tronfi di sé. Non mostrano alcuna curiosità o voglia di capire qualcosa che è fuori dai loro “gusti”. Né alcun desiderio d’informarsi sul testo o sull’autore. Fingono di cadere dalle nuvole. Ma, porca miseria, che possano avere dei limiti loro come lettori e interpreti neppure gli passa per la testa? E, visto che Fortini non è un esordiente e ha avuto interpreti del calibro di Mengaldo, non potrebbero almeno leggere qualcosa in più prima di giocherellare con quei “non si capisce”? Il caso vuole che sul n. 9 del cartaceo di Poliscritture pubblicai un saggio di Roberto Bugliani proprio su questa poesia. […] Se poi il loro obiettivo è sparlare del “poeta di sinistra” per confermarsi nei loro pregiudizi, io mi sentirei di lasciarli nel loro brodo. Non si può banalizzare la complicata questione del rapporto tra poesia e prosa, senza cercare di capire perché la poesia di Fortini “pare prosa” o sta così “addosso alla prosa”. Invece di crogiolarsi in salti da palingenesi (tra l’altro i due scrivono: ‘palinengesi”…), sarebbe meglio documentarsi sull’atteggiamento fortemente critico che Fortini ha avuto verso la sinistra per tutta la sua vita. Ecco, se vuoi un esempio di sciatteria nella critica all’accademia o ai poeti pubblicati dalle grandi case editrici, questo per me sta in testa alla classifica.

 

Allora, analizziamo quello che dice. In primis offese gratuite: “grossolana ignoranza, pregiudizi da liceali svogliati… tronfi di sé… limiti come lettori e interpreti…”.

Se abbiamo dei limiti, li confuti, se abbiamo detto sciocchezze nel nostro articolo le smonti, non basta dire sei ignorante, bisogna anche dimostrare che l’interlocutore è ignorante. E qui si offende senza dimostrare nulla, il che un poco ci diverte.
Poi cita il critico, Mengaldo, in pratica Abate non fa una critica sua personale, ma si appoggia sul parere degli altri per sostenere le sue ragioni. Ma ha un parere suo o legge solo con gli occhi della critica?
Poi ancora offese: “sciatteria nella critica all’accademia, mi sentirei di lasciarli nel loro brodo”.

Ma, gentile Abate, se volevi lasciarci nel nostro libero brodo, perché ti agiti tanto nella prigionia del tuo? Perché, invece di smontare punto per punto la nostra recensione, ci offendi come uno scolaretto piccato? Forse ti brucia qualcosa su cui il sole non batte?
Non è offendendo gli altri che si dimostra di essere bravi critici. Lo stesso procedimento, caro Abate, hai adottato anche con Mary Blindflowers. Quando ha osato dirti che la poesia di Fortini non era coinvolgente per lei, le hai dato della “populista, abbaiante, caricaturale, sfiduciata e rassegnata”, e c’è chi tra i tuoi compagni di merende le ha dato pure della patologica nella sua denuncia dello stato di putrefazione ormai evidente dell’editoria italiana.  Sembri la parodia di quei cittadini dell’Unione Sovietica che obbligati a leggere nelle bacheche disseminate per la strade di Mosca la Pravda e l’ Izvestija ripetevano a cliché che con il compagno Andropov era migliorata la disciplina del lavoro nelle fabbriche e, al giornalista occidentale che chiedeva loro se avessero mai maturato un’opinione diversa da quella che leggevano in bacheca, rispondevano: “Tovarisch, io ho un’opinione mia personale, ma ti assicuro che sono completamente in disaccordo con essa!”
Finché ci sarà gente come te, assolutamente incapace di interloquire civilmente e con idee proprie, svincolate dal partito, non usciremo dal tunnel dell’editoria malata a cui tu stai contribuendo. Siamo piuttosto avanti con gli anni, caro sinistrorso, e abbiamo vissuto sulla nostra pelle, da bravi studenti universitari, la deriva post-sessantottina di certa sinistra rampante che elargiva all’epoca i trenta e lode ai tesserati sulla base delle domande concordate prima di sedersi all’esame, abbiamo udito noi i compagni di partito rivolgersi all’assistente con la medesima Party card: ”Qui noi parliamo di Gadda, Lukacs e se c’è tempo di Auerbach!”. Abbiamo appreso da coetanei che presero altre strade in altri siti della svendita di illustri accademici ai circoli dopolavoristici di àmbiti totalmente allotri alla loro matrice culturale, pur di ottenere vitto ed alloggio gratuito da contraccambiare con la strada universitaria spianata per la prole di quei gallonati affezionati alle note di “Faccetta nera”. La politica ha fagocitato la cultura che non se ne affrancherà mai più in questo paese decerebrato.
Rispondiamo con valutazioni senechiane, ad ogni buon conto, alle tue offese, traendole dal “De Constantia Sapientis”: “Hoc loco intellegere nos oportet posse evenire ut faciat aliquis iniuriam mihi et ego non accipiam” .

Per il resto, anche se non ti sono molto chiari i rapporti tra politica e cultura che hanno avvelenato l’editoria,  tante buone cose.

 

https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=_dI11LcRlv0

 

 

 

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