Decamerone: filoginia, misoginia, cenni

Decamerone: filoginia, misoginia, cenni

Decamerone: filoginia, misoginia, cenni

Decamerone: filoginia, misoginia, cenni

Il Decamerone: Emilia, giornata IX, Formiggini, Roma, 1924, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

 

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Decamerone: giornata nona, filoginia, misoginia, cenni.

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Dopo aver rappresentato donne che beffano uomini e la sanno decisamente più lunga dei loro mariti, nella giornata nona per bocca d’Emilia sentiamo dire che la donna deve soggiacere all’uomo e obbedirgli in tutto, altrimenti si mette nella condizione di essere gravemente punita, perché sarebbe nell’ordine naturale delle cose la sottomissione della donna all’uomo. C’è una decisa inclinazione verso un registro misogino. Addirittura si paragona la donna a un cavallo e le si associa il bastone, termine a doppio senso visto che viene applicato sia alla virtù che alla disubbidienza: “Buon cavallo e mal cavallo vuole sprone, e buona femina e mala femina vuol bastone”. Emilia spiega anche il proverbio:

Sono naturalmente le femine tutte labili et inchinevoli, e per ciò a correggere la iniquità di quelle che troppo fuor de’ termini posti loro si lasciano andare, si conviene il bastone che le punisca; et a sostentar la virtù dell’altre che trascorrere non si lascino, si conviene il bastone che le sostenga e che le spaventi.

Poi racconta la novella nona del consiglio di Salomone, una delle più brutte e misogine novelle di tutto il Decamerone. Secondo il consiglio di Salomone e l’esempio di un mulattiere che batte selvaggiamente il suo mulo, Giosefo delibera di ammansire il carattere orgoglioso della moglie picchiandola, esattamente come il mulattiere ha usato con il suo mulo.
A questo punto ci si chiede dove sia andata a finire la filoginia boccaccesca, quel suo dichiarato amore per le donne che fa pensare ad un femminista ante-litteram? Il gioco continuo delle contraddizioni e del rovesciamento spiazza lettori e critici. E la domanda rimane aperta. Boccaccio fu un femminista o un misogino tradizionalista? Forse egli stesso come i suoi personaggi, oscillava tra amore e odio per le donne? Claude Cazalé Berard nutre “l’irriverente sospetto che sia immeritata la fama di filoginia per l’autore che abbia accettato indiscriminatamente, come fatto di natura universalmente ammesso, la vulnerabilità sentimentale, l’inferiorità intellettuale e culturale delle donne e come effetto irreversibile di una cieca e anonima fortuna, la loro condizione di soggezione”.
In realtà il discorso non è così unidirezionale, almeno nel Decameron perché è chiaro che Boccaccio col suo continuo gioco di specchi rovesciati, strategia narrativa per rappresentare il variegato humus di caratteri della sua epoca storica, fa in modo, e lo fa apposta, che le novelle si contraddicano tra loro. La stessa Emilia che ha precedentemente riso con gli altri novellatori della capacità di certe donne di turlupinare i loro amanti, spasimanti indesiderati, mariti e padri, ora sostiene all’improvviso che le donne devono ubbidire agli uomini e che per natura sono inferiori a loro. Non è curioso? Forse la domanda che si interroga circa la sua misoginia o filoginia è mal posta, formulata in modo errato, per questo non ha ancora ottenuto risposta. La voluta incoerenza del Decamerone è il sintomo preciso di un atteggiamento artistico dell’autore che vuole mettere in scena il pro e il contro mostrando la coppia antinomica filoginia-misoginia come due facce della mentalità del suo tempo. In questo senso la domanda fu un misogino o un filogino? appare depauperata di senso, soprattutto in considerazione del fatto che quando l’autore risponde alle critiche di quanti sostengono che si occupi troppo di donne, dice d’amarle perché sono Muse, poi fa parlare sempre i suoi personaggi pro e contro le donne, enucleando  due punti di vista differenti e contrari. E mentre per le donne opta per un’opinione e il suo rovescio, per gli ecclesiastici invece sceglie un binario unico. Le monache sono lussuriose, lo stesso dicasi per i preti e i frati, dediti alla crapula e alla gozzoviglia. Preti e frate sono avidi imbroglioni, non c’è una monaca che non trasgredisca il voto di castità. Questo qualcosa dovrà pur significare. Boccaccio esibisce un fatto: la corruzione del clero, tema tra l’altro già affrontato da altri autori. La denuncia dei maneggi della brodaglia ecclesiastica non è oggetto di opinione che possa esser contraddetta da buoni esempi, ma un fatto storico messo in scena nella finzione della letteratura.

https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=YPV7E8RetYU

 

 

 

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