Esperanto, Congresso Cinese, sintesi

Esperanto, Congresso Cinese, sintesi

Esperanto, Congresso Cinese, sintesi

Esperanto, Congresso Cinese, sintesi

Vintage Handmade Chinese Mask, credit Antiche Curiosità©

 

Di Anna Maria Dall’Olio©

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Venerdì 23 luglio 2004 il Presidente del Comitato organizzatore locale, Guo Xiaoyong, ha ampiamente illustrato in una conferenza stampa le finalità del Congresso e del movimento esperantista. Era presente anche il vicepresidente uscente dell’UEA, il prof. Humphrey Tonkin, rettore dell’Università di Hartford (USA).
Sabato 24, come da cadenza triennale, sono stati eletti il Consiglio Direttivo dell’UEA (15 membri più il Presidente) e i membri dell’Accademia di Esperanto (8 membri più il Presidente), comitato che ha il compito di vigilare (“consigliare” sostiene Tonkin) sull’uso dell’esperanto. I nuovi organigrammi sono stati presentati nel corso della cerimonia di chiusura.
Domenica 25 si è svolta la solenne apertura del Congresso nel salone principale, deputato anche a teatro. Sul palco trovavano posto in seduta plenaria il Consiglio Direttivo e l’Accademia d’Esperanto uscenti; di fronte, in platea, nelle prime file sedevano i delegati dei Paesi convenuti e, a seguire, tutti gli altri congressisti. Al termine dei discorsi ufficiali (sono intervenuti, tra gli altri, il Vicepresidente della Repubblica Popolare Cinese, il Ministro dell’Informazione e il Viceministro dell’Educazione), i congressisti, come da lunga tradizione, hanno intonato “La Espero”, l’inno esperantista, che ha concluso anche la cerimonia di chiusura.
Nel pomeriggio sono iniziate ufficialmente tutte le attività (più di 100 in totale), a cui i congressisti potevano accedere liberamente a seconda dei loro interessi.

Anzitutto, a dimostrazione che l’esperanto deve essere un mezzo e non un fine, varie associazioni di categoria hanno discusso i loro problemi in tale lingua. Si sono succeduti, fra gli altri, i non fumatori, i vegetariani, i comunisti, i verdi, gli atei, i cristiani, le donne cinesi, i ciechi, i ferrovieri, gli astrofisici e gli insegnanti.
Tra i convegni tematici vanno, invece, segnalati il Kongresa Temo, l’Esperantologia Konferenco ed il Nitobe-Simpozio.
Il primo, “Egaleco en lingvoj rilatoj” (= uguaglianza nei rapporti linguistici), doveva produrre una mozione da presentare all’UNESCO. Scaturita da una vivace sessione, in cui i presenti erano organizzati in 4 gruppi di discussione, la “Pekina Deklaro” (resa nota il 07/08/2004) recita quanto segue:
“… demokratia kaj egalrajta komunikado en internaciaj rilatoj estas esenca por internacia interkompreno kaj paca kunlaboro surbaze de egalaj lingvaj rilatoj,
(“… la comunicazione democratica e di uguali diritti nei rapporti internazionali è essenziale per la reciproca comprensione internazionale e la collaborazione basate su uguali rapporti linguistici.)
… estas bezonata nova internacia lingva ordo, kiu garantiu egalecon, diversecon kaj demokration en lingvaj aferoj kaj efikan komunikadon inter nacioj kaj aliaj homgrupoj lingve malsamaj, ĉiuen la nuna monda lingua situacio, kun kreskanta superrego de iuj lingvoj super aliaj, ne eblas realigi tiujn principojn.
(… è necessario un nuovo ordine linguistico internazionale, che garantisca uguaglianza, diversità e democrazia nelle questioni linguistiche ed efficace comunicazione tra le nazioni e altri gruppi umani di lingue diverse, perché nell’attuale situazione linguistica mondiale, col crescente predominio di alcune lingue sulle altre, non è possibile realizzare tali principi.)
… neutrala komuna lingvo estu kerna elemento en tiu ordo, por atingi unuecon en diverseco inter la diversaj lingvoj kaj kulturoj je internacia nivelo.
(… in tale ordine la lingua neutrale comune sia elemento essenziale, per ottenere unità nella diversità tra lingue e culture diverse a livello internazionale.
… sekve la internacia lingvo Esperanto, pruvinte dum pli ol cent jaroj siajn utilecon kaj praktikecon, meritas seriozan konsideron fare de internaciaj organizoj, ties membro-statoj , ĉiuj personoj kaj organizaĵoj de bona volo, kiuj respektas kaj deziras pacon kaj pacan komprenigon en egaleca etoso en nia hodiaŭa mondo.
(… quindi, la lingua internazionale Esperanto, avendo dimostrato la sua utilità e praticità in più di 100 anni, merita di essere seriamente presa in considerazione dalle organizzazioni internazionali e da tutte le persone e organizzazioni di buona volontà dei loro Stati-membri, che nel nostro mondo odierno rispettano e desiderano la pace e la comprensione pacifica in un’atmosfera egualitaria.)
… por krei novan internacian lingvan ordon, kiu kontribuos al internacia kompreno kaj mondpaco, necesas forte subteni la enkondukadon de Esperanto en lernejojn, konforme al la spirito de la Unesko-rezolucioj, ĉar tio faciligas lingvolernadon generale kaj antaŭenigas internaciecan aliron al la mondo”.
(… per creare un nuovo ordine linguistico internazionale, che contribuirà alla comprensione internazionale e alla pace nel mondo, è necessario sostenere con forza l’introduzione dell’Esperanto nelle scuole, secondo lo spirito delle risoluzioni dell’UNESCO, perché generalmente facilita l’insegnamento delle lingue e fa progredire l’accesso internazionale al mondo.”)

Il secondo convegno, inserito nel Kleriga Lundo (= lunedì della cultura), era il più interessante per i
linguisti, dato che famosi studiosi esperantisti avrebbero parlato del “Rolo de la neeuropaj lingvoj en la evoluo kaj evoluigo de esperanto”. Considerata la sede congressuale, più di altri era atteso l’intervento “Internacieco de esperanto” del cinese Li Shijun, membro uscente dell’Accademia d’Esperanto ed ora membro del Consiglio Direttivo dell’UEA. Con un’eloquenza particolarmente incisiva Li Shijun ha riconosciuto l’internazionalità dell’alfabeto e delle radici esperanto, nonché la razionalità e la regolarità della grammatica. Tuttavia, ha osservato che l’esperanto potrebbe essere perfezionato. Esso, infatti, sarebbe ancor più “internazionale”, introducendo un consistente numero di radici da lingue non indoeuropee (come il cinese e il giapponese) e ancor più “razionale”, eliminando presunte ridondanze (riducendo per sincope parole troppo lunghe) e concetti incomprensibili per chi non è indoeuropeo (per esempio, i nomi dei giorni della settimana e dei mesi). Naturalmente, tali affermazioni hanno causato un vivace dibattito. Alla mia domanda se si considerasse un riformatore, Li Shijun ha negato decisamente: a suo parere, Zamenhof ha avuto il merito di concepire una lingua “internazionale” e “razionale”, ma è compito degli esperantisti raggiungere veramente tali obiettivi.

Il terzo convegno, imperniato sui “Lingvaj problemoj en internaciaj rilatoj” (= Problemi linguistici
nei rapporti internazionali), prendeva il nome da Nitobe Inazô, Vicesegretario Generale presso la Lega delle Nazioni, che, pur non essendo esperantista, per primo nel 1921 promosse l’uso dell’esperanto durante i lavori della Lega. Hanno partecipato al simposio rappresentanti dell’Unione Europea non esperantisti e personalità cinesi. L’organizzazione linguistica è stata un aspetto fondamentale del convegno: gli interventi sono stati 10 in totale (7 in esperanto, 1 in inglese e 2 in cinese) con traduzione consecutiva in esperanto per le relazioni in inglese ed in cinese; al termine dei lavori era già disponibile la raccolta completa (in versione esperanto, inglese e cinese). Fra gli altri, merita particolare menzione – proprio perché in cinese – l’intervento di Su Jinzhi (in inglese “Language equality internationally against the background of language diversity”), membro dell’Istituto di Linguistica Applicata della Commissione Linguistica Statale, organo del Ministero dell’Educazione. Dopo aver affermato il concetto che senza uguaglianza in ambito linguistico non esiste uguaglianza politica, economica o culturale, Su Jinzhi ha illustrato uno studio di leggi e regolamenti ripartiti nelle seguenti categorie: 1) documenti internazionali come l’“Universal Declaration of Human Rights” dell’ONU (1948), la “Convention against Discrimination in Education” (1960) e l’“International Convention on Civil and Political Rights” (1966) dell’UNESCO; 2) documenti regionali come la “Charter of Paris for a New Europe” (1990), la “American Convention on Human Rights” (1969) e l’”African Charter of Human and Peoples’ Rights” (1986), contrari alla discriminazione di diversità linguistiche, e 3) le Costituzioni nazionali. Dall’esame delle Costituzioni di 186 Paesi è emerso che ben 26 non parlano di lingue: è il caso di Australia (1900), Repubblica Ceca (1992), Danimarca (1953), Islanda (1991), Israele (1994), Giappone (1946), Olanda (1983), San Marino (1926), Regno Unito (1998) e Stati Uniti (1992). Tuttavia, pur non possedendo una legislazione specifica, alcuni di essi presentano riferimenti al problema in altri ordinamenti. Per esempio, da tempo taluni Stati USA (Hawaii, 1978) stipulano la loro lingua ufficiale ed il 101° Congresso degli Stati Uniti ha approvato il “Native American Languages Act” (1990) per proteggere le lingue indigene (parlate dagli Indiani e dagli abitanti di Alaska, Isole Hawaii e isole del Pacifico). Le Costituzioni di 160 Paesi e Regioni presentano articoli sulla lingua e, in particolare, 68 sono molto dettagliate al riguardo, esattamente come l’ONU nella propria Costituzione. Per quanto riguarda la Repubblica Popolare Cinese, l’articolo 4 del “Programma Generale” della Costituzione dichiara che “tutti i gruppi etnici sono uguali” e che “tutti i gruppi etnici sono liberi di usare e sviluppare le loro lingue parlate e scritte”. Inoltre, la “Legge sull’Autonomia Etnica Regionale della Repubblica Popolare Cinese”, la “Legge sulle Lingue Parlate e Scritte della Repubblica Popolare Cinese” hanno contenuto equivalente. Tuttavia, Su Jinzhi ritiene che, in mancanza di una lingua internazionale comune, dovrà passare molto tempo prima che si possa veramente parlare di uguaglianza in ambito linguistico: per esempio, la stessa ONU prevede 6 lingue di lavoro (inglese, francese, cinese, russo, spagnolo ed arabo), ma per la maggior parte i documenti sono redatti soltanto in inglese: perciò, chi non conosce questa lingua non comprende i documenti che altri approvano e non può accedere ad importanti informazioni internazionali senza traduzione (comunque non disponibile in tempo utile). Pertanto, anche all’interno dell’ONU i diritti linguistici non sono adeguatamente tutelati.

https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

 

https://en.wikipedia.org/wiki/Esperanto

 

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