Decamerone: Frate Cipolla, cenni

Decamerone: Frate Cipolla, cenni

Decamerone: Frate Cipolla, cenni

Decamerone: Frate Cipolla, cenni

G. Boccaccio, Il Decamerone, Elisa, giornata sesta, Formiggini, Roma, 1924.

 

Di Mary Blindflowers©

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Decamerone, sesta giornata, cenni

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“Finisce la quinta giornata del Decameron, incomincia la sesta, nella quale, sotto il reggimento d’Elisa, si ragiona di chi, con alcuno leggiadro motto tentato, si riscotesse, o con pronta risposta o avvedimento fuggì perdita o pericolo o scorno”.
Nella giornata sesta si procede ulteriormente col gioco dei contrasti. Viene ripreso il tema del motteggio e della parola fin dalla prima novella in cui si afferma che “i leggiadri motti, stanno tanto meglio alle donne che agli uomini”, perchè “quanto più alle donne che agli uomini il molto parlar si disdice”. Apparentemente l’autore ci sta dicendo che le donne non dovrebbero parlare troppo, optando per un contenuto che sembrerebbe diametralmente opposto a quello esplicitato nella giornata prima in cui si dice che la donna deve saper parlare bene: “se la natura avesse voluto… per altro modo loro avrebbe limitato il cinguettare”. Quindi è naturale che la donna favelli quanto e più di un uomo. Nella giornata sesta invece si afferma il contrario, parlar troppo è disdicevole, specialmente per le donne. La contraddizione nasce dall’esigenza dell’autore di mostrare diverse e opposte opinioni attraverso il metodo speculare in cui si mostra un’idea del mondo e anche il suo contrario. L’intelligenza stessa ha un doppio registro, perché come valore supremo permette comunque la salvezza di chi la usa, sia che si tratti di un uomo onesto che di una canaglia.
Con brevi motti, i personaggi della sesta giornata, uomini e donne, si traggono d’impaccio dando all’avversario una sottile stoccata dialettica che ne evidenzia l’arguzia.

Frate Cipolla, imbroglione a sua volta gabbato, si trae d’impiccio con l’escamotage della parola la cui potenza ha la forza di dirigere le menti. La novella non esalta soltanto le capacità affabulatorie come mezzo per liberarsi dalle trappole e crearne nello stesso tempo, ma mette in evidenza la realtà del culto delle reliquie che nel Medioevo era particolarmente sentita e affondava le sue radici nell’ingenuità popolare. Esemplificativa a tal proposito la nota vicenda del braccio di Santa Reparata, giunto a Firenze il 22 giugno 1323. I fiorentini si accorsero ben presto che il braccio era di legno e gesso, quindi, un falso. Una quantità enorme di false reliquie circolava allo scopo di blandire la credulità delle masse e spingerle a offrire elemosine. Frate Cipolla è un ciarlatano che vuol far credere ai fedeli di possedere “una delle penne dello Agnolo Gabriello”, “santissima e bella reliquia” rimasta nella camera della Vergine Maria, “quando egli la venne ad annunziare in Nazzaret”. Sentendo la sua predica, due astuti giovani, Giovanni del Bragoniera e Biagio Pizzini decidono di giocargli una beffa e sostituire la penna di pappagallo ch’egli spaccia per angiolesca, con dei carboni. L’abilità cialtronesco-oratoria di frate Cipolla gli permette di salvarsi, mentre il narratore denuncia la falsità delle reliquie nell’elenco fantasioso del medesimo frate:

 

il dito dello Spirito Santo così intero e saldo come fu mai; ed il ciuffetto del Serafino che apparve a San Francesco; et una delle unghie de’ Cherubini; et una delle coste del Verbum caro fatti alle finestre e de’ vestimenti della Santa Fe’ cattolica; et alquanti dei raggi della stella che apparve a’ tre Magi in oriente; ed una ampolla del sudore di San Michele quando combatté col diavolo; e la mascella della morte di San Lazzaro, et altre…

https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=qTGfIr8yAlI

 

 

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