Leggere sempre testi originali

Leggere sempre testi originali

Leggere sempre testi originali

Di Mary Blindflowers©

Leggere sempre testi originali

G. Boccaccio, Il Decamerone, a cura di Luigi Russo, Sansoni, 1944, credit Antiche Curiosità©

Uno dei motivi per cui non bisognerebbe mai trascurare la lettura di un’opera originale è l’aleatorietà della critica che spesso nasce più da motivi opportunistici che da una sana valutazione sul testo in se stesso.
La critica letteraria troppo spesso diventa insana manovra di dotti e autorevoli le cui carriere vengono costruite dall’artificialità della politica, professori che interpretano strumentalizzando per accordare la loro visione del mondo, le loro idee religiose, con l’opera che hanno davanti. Talvolta si arriva a negare perfino l’evidenza in modo plateale. Per esempio Luigi Russo nel suo commento alla novella di Ser Ciappelletto ne nega completamente il contenuto irreligioso:

Questa novella è apparsa di contenuto irreligioso ed empio perché vi è come l’allegra sublimazione dell’impostura. Non diremo irreligiosa la novella, perché allora tutto il Decamerone dovrebbe dirsi tale, mentre la religione nel mondo boccaccesco non è né assente né presente; l’artista tratta di cose irreligiose con serena indifferenza…( G. Boccaccio, Il Decameron a cura di Luigi Russo, Sansoni, 1944, p. 302)

Il critico è disturbato dalla essenziale irreligiosità del Decamerone al punto da negarla. Dice addirittura che Boccaccio è indifferente alle cose religiose, il che è assolutamente falso perché denuncia in più novelle, per bocca dei suoi personaggi, la dabbenaggine, la crapula, la vita dissoluta e l’avidità dei preti e dei frati, tant’è che la sua opera è stata messo all’indice dall’Inquisizione. I frati delle sue novelle sono spesso ingannatori, lussuriosi, golosi oppure santi uomini con poco sale in zucca che finiscono col fare il gioco dei truffatori. Quella di Boccaccio non è affatto serena indifferenza, ma talvolta vera e propria invettiva. E il Decameron è un libro profondamente irreligioso, laddove per religione si intenda la religione tradizionale e gerarchica che l’autore indiscutibilmente contesta. Boccaccio ha una sua religione naturale e una spiritualità laica che anticipa il mondo moderno. Però Russo nega questo, arrivando al punto di dire che il buon frate che accoglie la confessione di Ser Ciappelletto non è presentato affatto come un idiota e che Boccaccio non irride la religione e avrebbe addirittura ammirazione per Ser Ciappelletto, omicida, truffatore, sodomita, ma per Russo, un eroe:

 

Ser Ciappelletto vuole essere il primo di una serie di eroi del mondo moderno, Margutte, fra Timoteo, Tartufo e il Boccaccio non si scandalizza, né fa delle riserve mentali; ciò che testimonia dell’innocenza religiosa dello scrittore. Egli crede ai santi e ai miracoli, e direi che è tanto sicuro di questa fede che può anche celiare sulla storia di un falso santo… l’innocenza profonda è tale che può confondersi e convertirsi nell’indifferenza e allora, soltanto in questo senso, preteritenzionale, il Boccaccio è scrittore antireligioso (p. 303, 304).

 

L’irreligiosità di Boccaccio sarebbe in realtà indifferenza innocente?
Egli crederebbe ai santi e ai miracoli?
Allora perché presenta sempre preti e frati sotto una luce negativa, sottolineando a più riprese nelle varie giornate, la corruzione della religione?
Perché mostra l’ironia di una sorte che celebra un imbroglione come un santo, dicendoci che i santi creati dagli uomini non è detto che siano poi così santi, ma potrebbero essere l’esatto contrario ossia gli uomini peggiori della terra? E non sbeffeggia forse la religione che rende santo chi non lo è per attirare le masse alla credulità?
E dove sta la sua ammirazione per Ciappelletto?
Se Boccaccio è indifferente come può esprimere ammirazione? Se non dà un giudizio, come si può trovare nelle sue parole l’ombra della più piccola ammirazione?
Sulla questione della irreligiosità di Boccaccio si esprime in altri termini anche Arturo Graf:

 

Il Boccaccio, grandissimo beffatore di frati e canzonatore dei loro miracoli si sarebbe dato assai poco pensiero dei sogni di fra Pietro e delle prediche di fra Gioachino, se fosse durata in lui la giovanile baldanza e vivezza del pensiero, l’antico vigore della ragione e la sicura indipendenza del giudizio. Dicono che irreligioso e miscredente il Boccaccio non sia mai stato. E ne recano le prove. Io non lo nego; sebbene si vorrebbe vedere quanto le prove valgano e quanto addentro ci mettano nella coscienza del nostro autore: ad ogni modo gli è certo che la fede non gli diede mai briga soverchia negli anni della gioventù e della virilità più rigogliosa… (A. Graf, Miti, leggende e superstizioni del Medioevo, Edizione Studio Tesi, 1993, p. 397).

 

Curioso è notare come sia soprattutto la critica italiana a non accettare l’irreligiosità di Boccaccio, troppo ardua da accettare per un Paese cattolico. Petronio fa eco a Russo:

in realtà di irreligiosità boccaccesca non è più oggi possibile parlare; è solo che nel Boccaccio il sentimento religioso è presente e sincero, ma non vivo e fecondo; egli è credente in quanto pienamente accetta tutto il sistema di dogmi della chiesa cattolica, ma non ha il fervore del vero credente, che alla fede conforma pienamente la sua vita (G. Petronio citato in Religion and the Clergy in Boccaccio’s Decameron,  Cormac Ó Cuilleanáin, Edizioni di Storia e letteratura, Roma, 1984, p. 29).

Boccaccio accetta così tanto il sistema di dogmi della religione tradizionale che arriva perfino a criticare la castità di preti e monache, sostenendo che gli istinti naturali sono insopprimibili e che non v’è ragione o religione che possa frenarli, tant’è che frati e monache si danno lietamente alla lussuria nelle sue novelle. Contesta anche la santità, mostrandoci un mondo in cui spesso autentici truffatori vengono venerati come santi dalla credulità popolare. Perché negare allora l’irreligiosità dissacrante di Boccaccio? Perché far di lui un indifferente ingenuo, quando invece è un anticlericale convinto?

La verità è che la critica vede ciò che vuol vedere perché in fondo un critico è soltanto un fallito che ce l’ha fatta.
Russo arriva perfino a negare lo spirito polemico di Boccaccio che trasuda da ogni pagina:

Insisto molto su questa faccenda della materia, per ribadire l’idea che il Boccaccio non ha scelto l’argomento per spirito polemico (p. 303).

Allora leggetevi sempre i testi originali e buttate alle ortiche i libri degli autorevoli cattedratici perché vi troverete una quantità infinita di sciocchezze, contraddette poi da altri critici che troveranno altre pulci inesistenti e si citeranno tra di loro, perché i cattedratici citano solo cattedratici e si ungono a vicenda oppure si combattono, a seconda del bordone e delle guerre interfacoltà del momento.

 

 

https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=XcWExSlKfvE

 

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