Donna in guerra, Maraini

Donna in guerra, Maraini

Donna in guerra, Maraini

Di Lucio Pistis©

Donna in guerra, Maraini

Donna in guerra, Maraini, credit Antiche Curiosità©

 

Donna in guerra, Dacia Maraini. Un libro degli anni 70, ampiamente e volutamente ripubblicato e riproposto, per tenere viva l’immeritata fama dell’amante di Moravia, un libro che viene propagandato come di marca femminista perché la protagonista è una donna e vede il mondo provinciale, meschino e corrotto che la circonda coi suoi occhi. Peccato che essa stessa sia una maestrina perversa, con accentuato masochismo, e la spiacevole quanto spiccata tendenza a insidiare minorenni, tra cui anche un suo alunno con il quale flirta senza nessuna remora morale. Il femminismo diventa così nel libro della Maraini, la scusa ideale per una liberazione sessuale che corrisponde un poco al poter fare come ci pare e piace, sfociando tranquillamente nella perversione.
Vannina infatti è un personaggio profondamente amorale, ossessionato dal sesso, debole caratterialmente e insoddisfatta, la classica piccolo borghese che sotto l’apparenza per bene, pensa solo e soltanto alla soddisfazione dei propri bassi istinti, dato che il marito si rivela del tutto inabile allo scopo. Dopo aver avuto un rapporto sessuale con un quattordicenne, lo confessa tranquillamente al marito, come se niente fosse, dicendo pure che tanto il ragazzetto, il “bambino”, sapeva già tutto e che quindi non la si può accusare di averlo corrotto, dato che già i fratelli lo avevano costretto alla violenza contro una turista tedesca. La reazione del marito dopo un iniziale sfogo violento, si risolve in un abbraccio e nell’assioma che non vuole fare il marito geloso perché lei sarebbe una donna libera. Insomma cornuto e contento, e stiamo parlando degli anni Settanta, nel napoletano. Stiamo parlando di un reato, di una donna adulta che seduce minorenni, tra cui un suo alunno. Questo particolare del libro però sembra miracolosamente sfuggire ai recensori della Maraini che sorvolano e glissano sulla torbida amoralità di questo discutibile romanzo, discutibile sia dal punto di vista contenutistico-stilistico, che per la caratterizzazione dei personaggi. Sotto la dicitura “realismo magico” si può mai giustificare l’assoluta inverosimiglianza e la sciapa ridondanza dei dialoghi che a stringere parlano soltanto di sesso con qualche accenno alla politica?
I personaggi sono assolutamente stereotipati, le donne laide e corrotte, pettegole, con pettegolezzi insistenti su sesso e denaro, i vicini chiassosi e maleducati, la società completamente corrotta.
Vannina, la maestrina così per bene che poi per bene non è, si lascia trascinare da tutti come un pupazzo, non offre la minima resistenza alla volontà altrui, sembra vivere come in una bolla. Quando le persone la prendono per un braccio e la portano dove vogliono loro, non dice mai no e un qualsiasi arrogante sconosciuto può ergersi a giudice della sua vita:

“Era di una sicurezza abbagliante. E a me bastano poche parole per farmi sentire vuota e insicura. Ecco, di colpo, ero esclusa dal mondo dell’intelligenza, dell’ardimento, condannata alla mediocrità di una classe da cui, per inerzia o stupidità non sarei mai stata capace di uscire”

Tutti riescono a farle fare ciò che vogliono. Quando due donne la trascinano per lungo tratto senza spiegarle nulla, lei le segue senza neppure sapere dove stia andando, una donna bambola masochista. Le donne la portano in un posto dove c’è il cadavere di una turista che viene spogliata e derubata. E Vannina, la maestrina, non oppone resistenza alla spoliazione della morta, fa ciò che le dicono di fare le due donne, e traduce pure le lettere della turista per loro, in modo che capiscano se ci sono altri soldi da prendere. Non ha il minimo rimorso, non ha dubbi sul fatto che la sua volontà debba essere annullata dagli altri.
I napoletani sono sempre descritti come chiassosi, ignoranti, indolenti, poveri e servi dei ricchi, secondo un cliché piuttosto sciocco su cui l’autrice indulge più e più volte, quasi con compiacimento:

“C’era la solita folla di famiglie napoletane chiassose e indolenti, i ragazzi e le ragazze coi motorini… Famiglie che fanno la villeggiatura povera, in pensione a seimila lire al giorno, come i napoletani… Il cameriere del bar mi ha informato su due nuove famiglie, –Gentarella che in patria fanno gli operai- mentre lo diceva sorrideva maliziosamente, come a dirci che anche noi siamo gentarella, e lui ci fa un piacere speciale a trattarci con gentilezza… Quando tratta con quelli delle ville cambia faccia. Il suo corpo che è generalmente goffo e ingobbito, si stende tutto e diventa flessuoso, morbido… la sua voce che di solito è sgradevole, malevola, si fa dolce, delicata e pronuncia parole mai sentite, di grazia, please… Sono napoletani questi vicini, passano il tempo a litigare. Non so quanti sono. Gli strilli dei vicini vengono interrotti ogni tanto dalla voce roca di una donna”.

La gente è descritta con tratti animaleschi caricaturali:

“Ho guardato meglio: era la vecchia dei vicini… Si teneva un braccio e piagnucolava. Ho fatto per aiutarla. Mi ha morsicato una mano”…

Un libro datato, ripetitivo, artificiosamente caricaturale, con sfumature razziste e snob, un lavoro piatto che a metà percorso diventa noioso e molto pesante per la ridondanza di dialoghi inutili, privi di genio e per la continua insistenza su immagini lubriche. Un romanzo in cui la libertà sessuale giustifica anche l’abominio e in cui il femminismo non è giusta rivendicazione dei diritti delle donne, ma perversione degradante la donna stessa che si giustifica anche di fronte al reato.

Un libro da due soldi.

 

DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Libri Mary Blindflowers

 

 

 

Post a comment