Antichi dei mediterranei senza infamia e senza lode

Antichi dei mediterranei senza infamia e senza lode

Antichi dei mediterranei senza infamia e senza lode

Di Lucio Pistis©

 

Antichi dei mediterranei senza infamia e senza lode

Antichi dei mediterranei senza infamia e senza lode, credit Antiche Curiosità©

 

Se vi piacciono le storie di miti e riti, Antichi dei Mediterranei, di E. O. James, pubblicato da Thames & Hudson di Londra nel 1958 e ripubblicato più volte da Il Saggiatore per l’Italia, è il saggio che fa per voi. Dopo aver parlato delle pitture rupestri e di alcune usanze primitive come quella di consumare il cervello dei morti per ottenere coraggio e forza, dato che si pensava che la potenza dell’uomo risiedesse nella testa, descrivendo brevemente alcune cerimonie cannibaliche, l’autore si sofferma su cerimonie rituali e usanze mitiche di vari Paesi: Egitto, Mesopotamia, Anatolia, Iran, Israele, Grecia, Palestina, Siria. Ci sono notazioni interessanti. Il difetto del libro è che è un poco nozionistico, dà costantemente l’impressione che si tratti di appunti di lezioni universitarie messe insieme per formare un volume unico. Chiara è infatti la volontà di non appuntarsi su un mito soltanto, cercando di scoprirne tutti i meccanismi o di affascinare il lettore, ma di sciorinare più aneddoti mitici per rendere corposo il testo. Alla dea madre in Mesopotamia per esempio si dedicano poco più di quattro pagine, per poi attaccare con la dea madre in Egitto, altre cinque pagine, e una quindicina di pagine al culto della dea in Israele. In pratica non approfondisce molto ciascun contesto, dà informazioni di base, creando una specie di collage da antologia. Sono rimasto francamente un po’ deluso. Forse mi aspettavo troppo. La struttura del testo è inesorabilmente quella di un corso universitario o di un libro scolastico, per cui il lettore, nonostante le notizie siano interessanti, ad un certo punto si perde perché il libro, a causa di un’eccesso di frammentarietà, diventa terribilmente noioso. Non appassiona perché ha un che d’arido elencativo e uno stile semplice ma anche riduttivo. La suddivisione in capitoli ricorda molto da vicino un libro didascalico con tante notazioni essenziali che lasciano però il lettore con l’esigenza di saperne decisamente di più, un’esigenza che il testo, nonostante sia abbastanza corposo, non riesce a soddisfare. Anche lo stile è da sussidiario, sicuramente ben scritto da un punto di vista formale, ma freddo nelle sue sintesi, semplificato ad uso di uno studente nelle sue analisi spicce. L’autore accenna ma non affonda e descrive i riti in modo asettico, come se stesse unendo degli appunti tra loro. Per esempio cita le grotte di Altamira, ma si guarda bene dal dire che la scoperta venne per lungo tempo ignorata dalla comunità accademica. Si limita a poche righe innocue:

Ad Altamira, presso il villaggio cantabrico di Santillana nelle vicinanze di Santander, l’arte cavernicola venne scoperta accidentalmente per la prima volta nel 1879, da una bambina, figlia di un nobile spagnolo. Il famoso bisonte policromo che in essa si trova, e le pitture, le incisioni di altri animali del Pleistocene in tutte le posizioni di riposo o di movimento, le impronte di mani e I disegni tettiformi, costituiscono quello che è stato definito dall’Abate Breuil “la Cappella Sistina del Paleolitico”.

Nemmeno una fuggevole nota si appresta a dire al lettore che prima della definizione così felice dell’Abate Breuil, il mondo accademico non credette in alcun modo che si trattasse di pitture preistoriche e snobbò lo scopritore, Marcelino Sanz de Sautuola, che fece la scoperta grazie a sua figlia. Il mondo scientifico non solo lo ignorò ma lo trattò come un mistificatore e un imbroglione da quattro soldi. Fior di professori universitari e vecchi tromboni incartapecoriti sui libri e sulla polvere del già visto, si ostinarono nel sostenere che era impossibile che le pitture di Altamira si fossero conservate così bene, dato il tempo trascorso. Sautuola quando l’abate diede una simile definizione delle grotte di Altamira, era già morto e non seppe mai di essere stato riabilitato.

James non ne parla. Si limita a fare un elenco dei siti archeologici più famosi, dicendo che le pitture in essi conservate hanno un valore estremamente simbolico.

Il libro è rimpinzato di nozioni che danno un aspetto aridamente elencativo allo stile.

Da leggere come un manuale di appunti e niente più. Un libro senza infamia e senza lode. Il problema è che dentro non c’è nulla che non si possa trovare dentro un qualsiasi sussidiario per le scuole.

https://antichecuriosita.co.uk/destrutturalismo-e-contro-comune-buon-senso-psico-pillole/

https://www.youtube.com/watch?v=o4dla6RGdog

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