Intellettuali e censura

Intellettuali e censura

Intellettuali e censura

Di Mary Blindflowers©

The information is made with waste products, mixed media on canvas by Mary Blindflowers

The information is made with waste products, mixed media on canvas by Mary Blindflowers©

 

L’intellettuale medio mediocre che gioca a fare lo snob in pubblico e diventa accomodante in privato, che ti censura se fai qualche intervento contro le cristallizzate posizioni del suo gruppetto clientelare di riferimento, evitando le polemiche, dice lui, le discussioni, per una pacifica ed unilaterale convivenza che implica la non accettazione della dialettica, il soliloquio cantato e recitato per chi sviolina pareri e consensi positivi.

Chi è costui?

Un estraneo per me.

Lo scrittore che si mette i braccialetti di filo, depositando quelli d’oro nella cassetta di sicurezza conservata dentro una banca sicura; quello che finge di essere alternativo perché gli ammanicamenti che ha e che lo fanno lavorare per ministeri e beni culturali, non lo hanno ancora fatto arrivare alla grossa editoria, ma non ha il minimo dubbio quando si tratta di censurare chiunque non la pensi come lui, per evitare di essere contraddetto o di faticare in una discussione che metterebbe in ridicolo le sue asserzioni apodittiche da vero fascista vecchio stampo, di quelli che non devono chiedere mai in pubblico ma lo fanno solo in privato, per salvaguardare l’immagine che si sono costruiti col tempo. Così questo becero micro-dittatore del pensiero unico, usa la scusa della quiete e del rispetto sui social come un’arma per fare mera propaganda di partito mentre asserisce di essere libero e bello. Siamo alla vetrina delle apparenze, al ludibrio del senso, messo al servizio di una illogica e settaria cultura impartita dall’alto, con miti confezionati per l’occasione, purché aderenti alla propria area di riferimento. Il guaio tutto italiano e probabilmente anche mondiale, è che gli intellettuali sono tutti asserviti al potere, perché sanno bene che senza asservimento non solo non si è presi nella benché minima considerazione da nessuno, ma non si lavora e si è condannati al silenzio. Il problema è che il parere di una persona vincolata di qua e di là per motivi di opportunità politica e di savoir-vivre et jouer dentro un mondo che è una discarica a cielo chiuso, vale zero nella realtà ma viene esaltato come oro nel mondo artificiale e fittizio che la cosiddetta cultura ha costruito ad hoc per intrappolare le menti e creare stagni compartimenti di consenso.

Che parere sincero e disinteressato possono dare uomini e donne legati a doppio filo a particolari interessi di partito? Quale visione trasversale possono mai offrire costoro?

Produrranno libri vagliati già a monte dal gruppo a cui aderiscono, e se diranno qualcosa di buono, o produrranno articoli decenti, lo faranno sempre previo superamento della censura di partito, altrimenti sarebbero semplicemente invisibili.

La cultura è una pesante catena. Per gli invisibili diventa un peso perché non hanno voce, per quelli autorevoli che hanno fin troppa voce, diventa una palla al piede con cui camminare fingendo di essere liberi con sorrisi a 180 denti finti e innestati su gengive già in putrefazione. Il contatto con la realtà così viene meno perché viene letteralmente sostituito da un mondo virtuale in cui ci si raccontano favole che tutti sanno essere false ma a cui occorre fingere di credere per essere al top della classifica dei grandi saggi della nostra epoca, il risibile quinto Stato di cui parlava Manganelli, lo Stato di “uomini che sanno tutto”, come diceva Wilde, “peccato che questo tutto sia esattamente tutto quello che sanno”, in una dinamica abbastanza micro-concentrata in cui predomina l’ego e lo schieramento politico. Diceva Ida Magli “Le migliori intelligenze sono per natura sempre e ovunque ribelli al potere”. Ma Ida Magli stessa era un’accademica. E qui arriviamo al concetto dell’intellettuale che critica gli intellettuali ma fa parte egli stesso di uno schieramento o di una categoria. Gramsci, per esempio: “Gli intellettuali sono i ‘commessi’ del gruppo dominante per l’esercizio delle funzioni subalterne dell’egemonia sociale e del governo politico”. Gramsci stesso però era un intellettuale di partito.

Aveva ragione Wilde: “Fornire una descrizione accurata di ciò che non è mai accaduto non è soltanto l’occupazione che spetta allo storico, ma il privilegio inalienabile di ogni uomo di talento e di cultura”.

Non è forse questo che fanno gli intellettuali di partito?

Elaborano i fatti, li rimasticano, li abbelliscono con vocaboli più o meno eclatanti, o li imbruttiscono, descrivendo a modo loro ciò che non è e fingendo che sia, a seconda delle esigenze del momento. Quindi eliminano pareri che potrebbero danneggiare la loro aura di santi saggi subito, fingono equilibrio trincerandosi nel silenzio, salendo su un trono di cartone e distribuendo la purghetta a tutti quelli il cui giudizio non è vincolato alla bottega. Questa purga è la censura, l’eterna, intramontabile dittatoriale regina del mondo, causa ed occasione di eliminazione del fastidio di qualunque voce libera perché per i guru la cultura non è affatto libertà, quando mai! Essi vivono come nell’epoca rinascimentale dell’arte come celebrazione del potere che viene raffinato nell’esposizione, la luce giusta, un tocco di colore di qua e di là, due pennellate sapienti di autorevolezza posticcia, due parole in rima arcaica, e il gioco è fatto.

L’intellettuale dormiente sul piatto d’argento è servito, prendete e mangiatene tutti, questo è il suo sangue offerto in meretricio per voi.

https://antichecuriosita.co.uk/destrutturalismo-e-contro-comune-buon-senso-psico-pillole/

https://www.youtube.com/watch?v=IijhKwisNQU

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