Risposta ai contro-esperantisti

Risposta ai contro-esperantisti

Risposta ai contro-esperantisti

Intervista di Mary Blindflowers ad Anna Maria Dall’Olio©

Risposta ai contro-esperantisti

Evergreen, credit Mary Blindflowers©

 

In seguito alla pubblicazione dell’articolo di Anna Maria Dall’Olio sull’esperanto, che troverete qui: https://antichecuriosita.co.uk/2019/08/18/lesperanto-e-la-strada-giusta/ ci sono state nei social alcune polemiche di persone che ne hanno contestato fortemente il contenuto. Per questo motivo, non essendo un’esperta, ho chiesto maggiori delucidazioni all’autrice dell’articolo stesso, così è nata questa intervista.

Anna Maria Dall’Olio, il signor Eduardo Ciampi, nel gruppo FB Libri e emozioni, in riferimento al tuo articolo sull’esperanto ha postato una citazione: “L’Esperanto è la grammatica del sincretismo. […] L’esperantista, perdendo di vista la pietra angolare della ragione, della parola e dell’amore, genera una lingua ibrida, priva di contenuto umano proprio perché priva di ispirazione divina; e con l’Esperanto nessun filosofo ha mai espresso il suo pensiero, nessun poeta ha mai fatto vera poesia, e soprattutto nessun uomo è stato mai convertito alla Fede, né lo sarà mai per aver sentito la parola di Dio in questa lingua.” (Attilio Mordini, ‘Verità del linguaggio’, Volpe, 1974)”, cosa rispondi?

In verità, forse tale Ciampi non è a conoscenza che personalità del calibro di Cartesio e Leibniz (filosofi fondanti della cultura occidentale) hanno sentito l’esigenza di inventare lingue razionali di portata universale. Il primo ne sapeva qualcosa, visto che doveva tradurre in latino persino il suo nome da Descartes a Cartesius. Che fossero personalità piene di fede è ovvio, altrimenti a quei tempi la loro opera non sarebbe stata diffusa, se non censurata.

Quanto alla presunta impossibilità per una lingua artificiale di esprimere “concetti umani” e quindi di avere una propria letteratura, è un fatto smentito più e più volte dalla storia dell’esperanto (esistono in commercio vari libri di storia della letteratura esperantista) e dalle ottime traduzioni in esperanto di capolavori della letteratura mondiale. Lo stesso inventore Zamenhof inviò, in lingua russa, a Tolstoj (non a uno scribacchino qualsiasi) una lettera, contenente una grammatica dell’esperanto ed esempi di poesie. Poco tempo dopo, il noto scrittore gli rispose in esperanto, congratulandosi per aver trovato “la lingua del futuro”, perché l’aveva imparata in 2 ore.

Il signor Ciampi ha anche ventilato l’ipotesi di un collegamento tra lingue artificiali e totalitarismi, tra esperanto e gruppi di potere, citando Orwell: “George Orwell nel suo romanzo ‘1984’, capì come poteva essere possibile modificare l’intera struttura di una società attraverso il controllo semantico. ‘Il ‘Newspeak’ è la lingua ufficiale dell’Ingsoc (il socialismo inglese), e la limitazione del suo campo d’espressione linguistica ha lo scopo di rendere impossibile una qualsiasi opinione eterodossa. La ribellione politica non può essere concepita nella mente, dal momento che non esistono gli elementi semantici della dissidenza. […] Nelle società totalitarie del nostro secolo abbiamo visto come il significato possa essere limitato a favore delle finalità del Partito; ma anche nelle cosiddette società libere veniamo continuamente bombardati da perversioni semantiche – principalmente dalla politica e dalla pubblicità, i cui interessi vengono serviti dalle distorsioni e dalle limitazioni del significato. ‘L’uso pacifico di bombe atomiche’ è altrettanto assurdo e terribile quanto l’orwelliano ‘la guerra è pace’” (A. Burgess, ‘A mouthful of air: Language and languages’, Vintage, 1992)”. Qual è il tuo pensiero in merito a questa riflessione?

Orwell odiava l’esperanto solo per motivi personali. A Parigi, dove avrebbe scritto parte di “Down and out in Paris and London” (1933), viveva presso una cugina e il suo convivente. Costui non sapeva né l’inglese né il francese; la coppia però era esperantista e si esprimeva in quella lingua. Orwell, che non conosceva l’esperanto, si sentì escluso e ragionevolmente prese in antipatia quell’idioma.

Dietro la Newspeak ci sono, in realtà, gli studi del Pidgin English, attivi dai primi del secolo scorso. L’Impero Britannico annoverava in sé già parecchie varietà di inglese per il sostrato delle lingue locali, per cui si rese necessario “inventare” un tipo di inglese molto semplice alla portata di tutti (che però non sarebbe stato nativo per nessuno) da usare per l’occasionale comunicazione, anche per scopi commerciali. Fra l’altro, chiunque studi le lingue africane, sa che molti concetti “occidentali” non esistono, perché mancano proprio gli elementi linguistici, ossia le parole, per farlo: se non si possiedono le parole, non ci si può esprimere in tal senso. Vecchia storia: Orwell non era un linguista e non ha inventato proprio nulla.

Quindi tu da esperantista escludi che l’esperanto abbia un qualsiasi collegamento con gruppi di potere?

No, non ne ha, perché l’esperanto non appartiene a nessuno, neppure allo stesso inventore Zamenhof, che rinunciò pubblicamente a qualsiasi diritto d’autore. Inoltre (ma è una mia supposizione), se la lingua fosse stata supportata da gruppi di potere, si sarebbe imposta da un pezzo con facilità.

E ancora Ciampi incalza: “l’esperanto non ha un’anima, in quanto si tratta di un idioma costruito ‘in vitro’. Non ha alle spalle una storia di un popolo che attraverso una civiltà ha prodotto la propria lingua, una lingua autentica con radici vere e profonde. L’esperanto non rappresenta altro che una delle tante illusioni del mondo moderno, privo di radici trascendenti, che si diverte a creare i propri giocattoli, dimenticando così l’unica cosa necessaria”. Cosa rispondi?

L’esperanto non è affatto un’illusione. Nel mondo siamo almeno 2 milioni di utenti attivi della lingua; da tempo nascono bambini madrelingua esperanto, perché i genitori si sono conosciuti tramite questa lingua; non passa perciò giorno che non si faccia qualcosa in esperanto. I congressi esperantisti sono l’unico luogo al mondo (l’ho sperimentato io stessa al bellissimo congresso universale di Pechino del 2004 – 2.031 partecipanti, di cui più di 1.000 cinesi), in cui un iraniano sieda volontariamente accanto a un israeliano, perché persino nelle Nazioni Unite i loro posti riservati (un po’ come alla Corte internazionale dell’Aia che ho visitato) sono tenuti, prudentemente, separati. L’anima vera non proviene da un pulpito qualsiasi, sta in una comunità di fratellanza reale, tangibile, accessibile a tutti, dove tutti sono uomini con uomini.

L’interlocutore insiste: “L’esperimento è fallito, la pseudo-lingua proposta è nata morta, in quanto priva di anima vitale. e non ha potuto sortire alcun effetto che forse avrebbe potuto essere nelle intenzioni di qualche gruppo di potere (anche se quest’ultima questione esula dai miei interessi)”.

Se l’esperanto fosse stato approvato come lingua veicolare dalla Lega delle Nazioni e non avesse avuto il veto della Francia, non assisteremmo oggi all’apparente strapotere dell’inglese e dei “valori” che reca con sé, grazie al quale il Regno Unito sconta un quarto del debito nazionale a spese di altre popolazioni. È uno strapotere che però, prima o poi, cesserà. Come sosteneva Schleicher, uno dei primi glottologi ottocenteschi, le lingue nascono, vivono e muoiono. Verrà meno anche l’inglese, assediato dallo sbriciolarsi in parecchie varietà dall’esercito dei parlanti chinenglish e dal cinese mandarino. Altra questione degna di nota. In primis, se un britannico o un americano (o comunque il personale di una multinazionale) va per affari in Cina, deve fare corsi di chinenglish, altrimenti non avrà vita facile. In secundis, in Cina già dal 2003 tutti i discorsi dei portavoce del governo agli accreditati della stampa estera sono fatti esclusivamente in cinese mandarino e non sono tradotti in nessuna altra lingua, perché (questa è la motivazione) i “signori giornalisti stranieri” sono pagati dal governo locale, per cui possono anche imparare il cinese.

https://antichecuriosita.co.uk/destrutturalismo-e-contro-comune-buon-senso-psico-pillole/

http://www.esperanto.it./

Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    Evidentemente al Dr. CIAMPI destrutturare il mondo anglorso dà parecchio fastidio e l’esempio di Babele non gli risulta affatto semantico sulla necessità di agevole interlocuzione tra i popoli.

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