Matilde contro Oscar Wilde

Matilde contro Oscar Wilde

Matilde contro Oscar Wilde

Di Mary Blindflowers©

L'orribile Matilde contro Oscar Wilde

The Perbenist, mixed media on canvas by Mary Blindflowers©

 

“Amare se stessi è l’inizio di una storia d’amore lunga una vita”. Lo diceva Oscar Wilde, riferendosi a quel sano egoismo che ci salva dai pericoli del mondo e dalle sue insidie. Indossare la maschera dell’altruismo a tutti i costi, per dimostrare al mondo di essere “migliori” di ciò che si è realmente, attiene alla finzione che derealizza e non consente di ascoltare la propria dimensione interiore, di seguire le proprie inclinazioni naturali, sacrificandole a un buon senso ipocrita, che sa di miele acido, veleno represso e profondi sensi di colpa per non essere realmente ciò che gli altri si aspettano da noi.

Il coraggio di essere se stessi viene così sostituito da un’immagine fittizia, irreale, sempre buona per la morale corrente, perfetta, un’immagine che non esiste in cui il “voglio” viene letteralmente sostituito dal “devo”, devo fare questo perché la società e il super ego lo esige, devo fare quello anche se non mi va, perché così va il mondo.

Lo sapeva bene Wilde che non era di certo ciò che la società bigotta e conformista della sua epoca si aspettava da lui. E nemmeno ciò che gli scrittori si aspettavano da lui. Matilde Serao non ebbe parole tenere quando il grande scrittore arrivò a Napoli nel settembre del 1897. La Serao non ebbe nemmeno lo stomaco di firmarsi col suo nome vero ma, sotto lo pseudonimo di Gibus, nella sua rubrica “Mosconi”, sul Mattino, lo additò come “l’infelice, calamità e flagello” che si era reso noto nel mondo per gli “immondi errori” da pervertito.

Così uno dei più grandi scrittori dell’Ottocento, veniva schiacciato dal perbenismo vittoriano, dalla beceraggine moralista di un mondo retrivo e fossilizzato in posizioni da bar dello sport e chiacchiere da cortile.

Scriveva la Serao:

C’È O NON C’È

Qualcuno ha annunziato che in Napoli si trovi Oscar Wilde, il “decadente” inglese che diede così larga copia di argomenti ai cronisti alcuni anni or sono a proposito di un processo ripugnante. Questo annuncio ha messo molte persone, tra le quali l’umile sottoscritto, in una certa trepidazione confinante col panico. Come? Oscar Wilde a Napoli? Ma sarebbe una calamità, la presenza tra noi dell’esteta britannico, sia pure -come si annuncia- sotto falso nome! Noi avremmo assai vicino il più insopportabile tipo di seccatore che le cronache contemporanee abbiano inflitto al pubblico paziente! Vi ricordate il putiferio che si fece, lungamente, assordantemente intorno a questo nome resosi celebre nel mondo assai per gli immondi errori di chi lo porta che per le opere, pregevolissime per forma eletta, del suo ingegno acuto e scintillante? Dappertutto, in quel tempo, si era perseguitati dal caso Oscar Wilde: non v’era grande o piccolo giornale che non vi consacrasse una colonna, almeno, ogni giorno; non vi era scombiccheratore di carte che non esercitasse il suo spirito di analisi e di critica allo studio del poeta, dell’esteta e del colpevole singolarissimo. Persino la sua condanna ai lavori forzati per un certo numero di anni diede luogo al dilagare di un fiume d’erudizione e di discussioni sul lavoro coatto in Inghilterra, su le acerbe pene dei condannati e su la rigidezza dei giudici di S.M. gloriosissima. Poi, finalmente, le trombe della trista fama immodestamente acquistatasi da colui che era stato ad un pelo per diventar poeta laureato della corte inglese si tacquero, per stanchezza o per tardiva pietà per le orecchie del prossimo: e Oscar Wilde fu lasciato alla sua sciagura, ai suoi pentimenti, alle sue pene. Si respirava un poco: il flagello wildiano pareva dileguato. Ce ne era tempo perchè esso percotesse di nuovo la pazienza dell’umanità! Quasi quasi vi era di che ringraziare i giudici britannici per la loro severità in fatto d’infligger pene a gli odiosamente pervertiti! Ma ecco che, all’improvviso, di Wilde si riparla e la curiosità ritorna, e i cronisti si affaccendano a scoprire questo sciagurato -pentito, forse ravveduto, desioso di pace, desioso di nascondersi nel silenzio e nell’oblio- si accingono ad inseguirlo, forse o senza forse ad intervistarlo, a descriverne le minute occupazioni! E noi potremo resistere a questo ridestarsi del morbo che pareva estinto! Oh! No. Stia o non stia a Napoli, l’esteta raffinato -raffinato a modo suo, s’intende!- io protesto in nome della gente per bene, in nome della gente che vuol vivere tranquilla, in nome della pace del Wilde stesso (il quale ha diritto di chiedere mercé e discrezione, dappoiché anche ai grandi colpevoli condannati al capestro è consentito questo diritto) perché non ci si infligga più una cronaca wildistica! Ma, poi a conti fatti, può star nascosto tra noi quell’infelice? A me pare di no: egli deve essere ancora in una crudele carcere inglese, ad espiare il suo fallo, a piangere le sue esagerazioni bizzarre dell’istinto. Solo -e ciò, forse, spiega l’equivoco per cui egli fu creduto a Napoli- da investigazioni scrupolosamente fatte dai miei informatori, risulta che l’altro, come direbbe il buon Colautti, il complice di Wilde, quel giovane lord Douglas che porta così poco decorosamente il nome di una delle maggiori famiglie storiche della Gran Bretagna, se ne sta da sei o sette mesi in Napoli, nella quiete seducente di Posillipo, in una villa romita, nella quale si è dedicato, pare, ad occupazioni letterarie. E che il Signore gli usi misericordia, anche a quel traviato imberbe, innamorato dell’estetica, e lo lasci solo, in compagnia dei suoi fantasmi venusti!

Gibus

Un articolo vergognoso, acido e malevolo che veniva da un pulpito non proprio cristallino, quello della “gente per bene”. Infatti il marito della Serao, il noto Scarfoglio, era così per bene che ebbe una relazione extraconiugale di diversi anni con l’artista Gabrielle Bessard, dalla quale nacque una bambina. Scarfoglio, nonostante la gravidanza della Bessard, non esitò ad abbandonarla per tornare dalla mogliettina. La Bessard decise così tragicamente di suicidarsi sparandosi sull’uscio di casa Scarfoglio-Serao. Matilde prese con sé la bambina, ma cercò in tutti i modi di tacitare lo scandalo.

I motivi per cui la Serao si accanì tanto contro l’omossessualità di Wilde ci sono ignoti. Resta il suo pezzo orrendo e pretestuoso che ricalcava i dettami della società delle maschere, la stessa che ci impone di piacere agli altri, per essere giudicati sani e normali e di indossare una maschera per ogni occasione. 

https://antichecuriosita.co.uk/destrutturalismo-e-contro-comune-buon-senso-psico-pillole/

https://www.youtube.com/watch?v=l4x3ADf0eBo

Comment (1)

  1. François

    Ho sempre creduto che si accanisse tanto per compiacere la folta e potente colonia inglese a Napoli. Più in generale, l’ambiente culturale napoletano dell’epoca non era apertissimo, e la Serao purtroppo non rappresentava un’eccezione.

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