Camilleri non faceva letteratura

Camilleri non faceva letteratura

Camilleri non faceva letteratura

Di Pierfranco Bruni©

Camilleri non faceva letteratura

Il punto di vista, credit Mary Blindflowers©

 

La parola è soggetta, costantemente, ad una trasformazione che dà una funzione precipua al linguaggio. La crisi del linguaggio è nel non aver saputo decodificare le trasformazioni che i codici espressivi hanno introiettato nel contesto letterario. È appunto la letteratura che ha incamerato i moduli della tradizione senza sviluppare i codici dell’innovazione. Ciò è verificabile dal panorama letterario italiano attraverso la presenza di alcuni scrittori che mostrano la loro leggibilità o meno. Un caso per tutti è rappresentato dallo scrittore Andrea Camilleri, di cui tanto si parla. Cerchiamo di essere seri e appropriati sul piano della visione critico – letteraria. Basta con gli “ideologismi”! Nel linguaggio della tradizione le “invasioni” dialettali portano alla divagazione dell’ordinario io narrante. Libri costruiti per catturare.

Andrea Camilleri non mi ha mai convinto sul piano letterario. Puramente letterario. Per intenderci non è un grande come Leonardo Sciascia. Occorre accostarsi a Camilleri partendo da una valenza e valutazione testuale. Ovvero attraverso un’analisi del testo e sul testo.

Camilleri narra televisivamente. E qui ci sarebbe da fare, indubbiamente, un forte distinguo tra scrittore e narratore e non per creare collocazioni o impostare degli schemi, ma quando si parla di critica letteraria storica è bene che si faccia un discorso serio. Le sue pagine sono delle versioni televisive. Punto.

Pur non riguardandomi sul piano dell’analisi narrativa e letteraria non comprendo il suo insistere ideologico. Attenzione, perché qui si aprirebbe un capitolo ambiguo dato Camilleri è quello che ha affermato: ”Non mi vergogno di essere stato fascista. Sono orgoglioso di essere stato e di essere un uomo di sinistra”, una dichiarazione pronunciata di Camilleri che ha fatto eco circa 20 anni fa dalla Fiera del Libro di Torino.

Oppure: “…avrei potuto e dovuto dire un “no” più convinto al fascismo, ma a essere onesti ci sarebbe voluto un coraggio inumano. Ho detto no, ma tardi, dopo averci creduto come tutti. A guardarmi indietro ora ai miei occhi appaio come uno che ci è cascato e questo mi fa tanta rabbia”, in una intervista al “Corriere della Sera” del 14 dicembre 2018.

Basterebbe rileggere anche il testo di Marcello Sorgi, “La testa ci fa dire”, edito nel 2000, il quale in un dialogo con lo scrittore Andrea Camilleri (e il sottotitolo lo evidenzia facilmente), spazia dal ruolo dello scrittore ad “una certa idea della politica”. È qui che Camilleri afferma: “Non si può restare attaccati a un’idea quando è stata sconfitta”. Non mi pare una frase per uno che viene definito maestro. Ma ciò non mi riguarda.

Quello che invece sostengo è che Camilleri non c’è come scrittore. L’ho già detto in altre occasioni, l’ho ribadito in alcuni articoli, lo sostengo ancora oggi. Ho discusso di ciò in occasione del suo “La gita a Tindari”, ma si potrebbero citare gli altri suoi libri che rientrano, d’altronde, in questa visione. Un autore per la televisione, e su questo campo l’esperienza abbonda. Ma compararlo a Pirandello o a Verga è sostanzialmente un non conoscere la storia della letteratura.

Non mi stupisce il suo linguaggio. Si tratta di un esercizio già constatato in altri scrittori. Nulla di originale. Tutto lineare pur usando vocaboli e stilemi dialettali. In realtà pur raccontando avventure, i testi di Camilleri sono privi del fascino e dell’avventura che i personaggi possono trasmettere. Mi meraviglia non poco questo soffiare sul successo delle vendite. Ma il problema si pone sul piano letterario.

Filippo La porta, in un suo libro dedicato alla nuova narrativa italiana, (1995), ha parlato, riferendosi a Camilleri, di “dialettismi e preziosismi lessicali”. È una questione tutta aperta che richiama in campo autori come Gadda, come lo stesso Sciascia, come Bufalino. La Porta poi però aggiunge: “Di Camilleri va apprezzato l’alto ‘mestiere’, così spesso assente nei nostri scrittori, anche se i suoi romanzi ‘odorano’ troppo di (buoni) sceneggiati televisivi d’Antan, con quegli ‘esterni’ finti e quei poliziotti maldestri e caricaturali”. Siamo a un surrogato letterario. Ma non basta avere il “mestiere”. Ci vuole ben altro.

In più occasioni il linguaggio di Camilleri è fastidioso sul piano estetico. Perché? Ecco: “Non era mai riuscito a friscare, manco infilandosi un dito in culo”. Controprova? Eccola: “Gribaudo non verrà, Fazio. Sta chiuso dintra a un retré a cacarsi l’anima”. E poi poteva mancare il “mitico ‘68”? “Se lo ricordava bene, Montalbano, questo suo compagnuccio non delle elementari, ma del ‘68”.

Mi si dia un solo elemento valido sul piano letterario che possa far discutere sullo scrittore in termini di novità, di originalità, di struttura narrativa. Si tratta di un giallo, di una commedia, di un pittoresco. Si tratta di tutto e di niente? Ma se in Camilleri c’è “l’universo metaforico siciliano” in Stefano D’Arrigo cosa c’è? E in tutto il sicilianismo letterario pirandelliano, verghiano, derobertisiano, capuaniano, vittoriniano, sciasciano cosa c’è?

La letteratura è qualcosa di diverso delle chiavi di lettura politiche o ideologiche. La letteratura incamera ma supera i sottofondi politici. Il senso del politico non dura. Resta il disegno di una struttura narrante del personaggio, del narrare, della metafora. E in questo caso manca.

Da “La forma dell’acqua” a “Il ladro di merendina”, da “Il corso delle cose” sino a “Il cuoco dell’Alcyon” del 2019 assistiamo a un percorso ripetitivo delle forme, con le avventure di Montalbano. Ma Camilleri non è solo Montalbano. È autore di testi come “Un filo di fumo”, del 1980, “La presa di Macallè”, del 2003, “Un sabato, con gli amici”, del 2009, “Il diavolo, certamente”, del 2012, Esercizi di memoria, del 2017, “Ora dimmi di te. Lettera a Matilda” del 2018, “La casina di campagna. Tre memorie e un racconto” e “Km 123”, del 2019. Anche in questi contesti il “televisivo” domina vistosamente sulla letteratura. Una scelta rispettosa certamente. Comunque siamo ad una letteratura che non ha nulla a che fare con i maestri del pensiero e dei linguaggi letterari del Novecento.

https://antichecuriosita.co.uk/destrutturalismo-e-contro-comune-buon-senso-punti-fermi/

https://www.youtube.com/watch?v=ehycgId2gf4

Post a comment