Una professoressa ben vestita

Una professoressa ben vestita

Una professoressa ben vestita

Di Mary Blindflowers©

Ma c'è ancora chi ha fame

Papere, credit Mary Blindflowers©

 

Una professoressa molto ben vestita, accademica che insegna etnologia in una università che potrebbe essere tutte le università d’Italia o del mondo, un giorno decide di alzare la cornetta del telefono dello studio dove riceve gli studenti. Chiama, dunque, “pronto”. Deve chiaramente raccomandare un suo allievo ad un altro professore, in vista di un concorso indetto nell’Ateneo. Dall’altra parte deve aver ricevuto una risposta positiva perché l’espressione severa di poco prima si tramuta in un sorriso di trionfo. La docente non si è accorta di aver lasciato la porta aperta alle sue spalle, non si è accorta che alcuni studenti stanno aspettando nel corridoio e hanno sentito tutto. Quando una folata di vento entra dalla finestra aperta, facendo chiudere con gran rumore la porta, allora la prof. si accorge della porta aperta. Ma il fatto che più di qualcuno abbia sentito tutta la sua conversazione telefonica, non può cambiare di certo le cose che tutti già sanno a accettano tacitamente.

Un tempo si nasceva ricchi o poveri, per i poveri perlopiù non c’era scampo, nascevi povero e tale rimanevi per tutta la vita mentre la nobiltà gozzovigliava con il frutto del tuo lavoro sfruttato. Si dice che oggi, nell’epoca post-borghese, post-atomica, post-tutto e niente, ci sia una maggiore flessibilità sociale, che sia possibile “farsi da soli”. In realtà, nessuno si fa da solo,  a meno che non decida di drogarsi. C’è sempre qualcun altro che consente di realizzarsi e realizzare, c’è sempre una prof, che alza una cornetta per fare in modo che si giochi in un certo modo piuttosto che in un altro. I libri si pubblicano con gli editori importanti solo se non sei solo, se sei tu la prof, o se una prof. telefona a qualcuno per te.  Se sei solo rimani solo e ci muori anche solo e probabilmente dimenticato da tutti, come se non fossi mai nato. I figli degli accademici sono a loro volta accademici, o giornalisti, o comunque fanno mestieri ben retribuiti in cui ci si sporca poco le mani materialmente ma forse parecchio ideologicamente. La società italiana in particolare, che si definisce democratica, si compone di tane ristrette e circoli viziosi in cui si finge che la cultura sia davvero appannaggio di tutti, si augura lunga vita alla poesia, alla letteratura, ma di fatto si crea un meccanismo di potere che consente solo ad un’élite di raggiungere in campo letterario, come in ogni altro ambito, posizioni importanti. C’è anche un diffuso negazionismo di questa situazione che favorisce notevolmente lo stallo di un’editoria che si basa su principi ottocenteschi di casta e tessere di partito. C’è una rassegnazione di base, anche, un fatalismo che dice “il mondo non si cambia”. Probabilmente è vero. Si vive dentro un circolo vizioso e o si è dentro o si è fuori. Inutile girarci intorno. Si può soltanto acquistare la consapevolezza che il concetto di cultura così come ce lo hanno insegnato, non esiste, non è mai esistito e non esisterà mai. Alla fine tutto quello che leggiamo e che ci dicono sia cultura, i famosi milioni di copie di libri venduti, o al contrario i saggi accademici che nessuno mai osa commentare e vengono appioppati agli studenti universitari costretti a comprarli per dare l’esame, sono tutte produzioni della casta per la massa e per la casta. Il resto finisce nel dimenticatoio dove giace chiunque abbia avuto il coraggio di scrivere senza avere dentro la tasca della giacca una prof. che alza la cornetta e dice, “pronto”.

 

C’è ancora chi ha fame

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Papere schiacchere nacchere chicchere tessere help,

brave coi qua si sta e si rimane,

liane lontane per tane ristrette,

fette accademichincette, tisane

servite su tassi di barbacane

e di pane condito.

Il pescecane ha mangiato, ruggito,

cagato pedane allo show.

Ma c’è chi ha ancora fame,

e noi no?

(16 Luglio 2019)

 

https://antichecuriosita.co.uk/destrutturalismo-e-contro-comune-buon-senso-punti-fermi/

https://www.youtube.com/watch?v=lqbwkgdBosI

 

 

Comment (1)

  1. Claudio

    Dai miei studi di economia all’università ricordo che l’Italia era considerata un’anomalia tra tutti i paesi industriali per la sua bassissima mobilità sociale, paroganabile soltanto ai paesi sottosviluppati e sotto dittature.

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