Baronie universitarie, niente notizia

Baronie universitarie, niente notizia

Baronie universitarie, niente notizia

Di Mary Blindflowers©

Behind the opaque glass, the radiography of publishing, by Mary Blindflowers©

Behind the opaque glass, the radiography of publishing, by Mary Blindflowers©

 

Quando la corruzione è così diffusa da essere percepita come fattore di normale amministrazione quotidiana, le coscienze si assuefanno, stordite dal sonnifero della casta e pensano che ciò che dovrebbe essere percepito come pericolo da scongiurare e denunciare col segnale del semaforo rosso, sia all’atto pratico, verde normalità, perché così è deciso da secoli di sopraffazione e di privilegi antidemocratici. C’è chi passa i concorsi, e passa prima chi è stato deciso debba passar prima, in barba a qualsiasi talento, a qualsiasi abilità. Tutto è pre-deciso e le capacità individuali in tutto questo contano zero.

Che un’inchiesta sull’Università di Catania abbia rivelato che non esiste in quell’Ateneo la meritocrazia, in realtà, sotto il polverone della notizia, alla fin fine, interessa poco a tutti, dato che non solo l’Ateneo di Catania versa in quello stato, ma un po’ tutte le università italiane.

Forse inchieste a tappeto sui metodi clientelari utilizzati dalle varie università italiane per decidere chi sia degno e chi no di vincere i concorsi interni, scoperchierebbe un bel vaso di Pandora, ma nessuno ha interesse a scoperchiare alcunché, perché è noto come vanno le cose in Italia, e la notizia non fa nemmeno notizia, giacché si sapeva già che l’università italiana è corrottissima, che è preda di baroni che fanno ciò che vogliono, decidono in anticipo l’esito dei concorsi e piazzano tutta la loro famigliola dentro l’università, copiano tesi e rimangono spesso e volentieri impuniti perché hanno il potere in una mano e gli amici nell’altra.

Spesso accade di vedere padre, madre e figlio che insegnano tutti nello stesso Ateneo, che curiosa combinazione! Famiglie di veri e propri geni che guarda caso, hanno tutti vinto un concorso nella stessa università. Ammirevole.

Del resto come lamentarci in un Paese che fa del nepotismo una faccenda pubblica e risaputa, con vecchi guru delle televisione italiana che giunti all’età dell’incartapecorimento e con un piede nella fossa, continuano ancora imperterriti a oracolare nei loro programmi all’acqua di rose tinta e ridipinta, piazzando tranquilli nella tv di Stato figli e nipoti, creando un sistema di casta che è sotto gli occhi di tutti. Ma a quei tutti, intellettuali plaudenti e a loro volta raccomandati, compresi, non importa un fico secco di questa situazione, semplicemente perché ci si trovano bene, dando consigli su tutto in un Paese che cade a pezzi e da cui le persone che non fanno parte del giro amici di amici, devono scappare, semplicemente perché non hanno possibilità alcuna non dico di lavorare ma nemmeno di sopravvivere.

Sedata la notizia, passato qualche tempo, le inchieste verranno dimenticate e si ritornerà esattamente allo stato di normalità che vigeva prima, ossia lo stato di ordinaria corruzione e nepotismo, perché si sa le inchieste italiane lasciano sempre il tempo che trovano. Il figlio del professore pubblicherà libri coi grossi editori perché è figlio di un professore, e farà a sua volta magari il professore e suo figlio sarà professore e scrittore pure lui perché noblesse oblige. Il figlio dell’operaio a meno che non militi servendo per anni in un partito che conta o in un’associazione cattolica (anche quelle vanno forte), non sarà mai professore, e se scriverà qualche libro tanto meno verrà mai chiamato scrittore, ci mancherebbe, non pubblicherà mai con l’editoria che conta, ma se avrà fortuna, con piccoli editori che nemmeno gli pagheranno i diritti d’autore. Che cosa volgare pagare i diritti d’autore in un Paese di scrittori tutti ricchi che non hanno bisogno di nulla ma campano di aria, di luce, di pace e di mi piace degli amici social.

E tutte le volte che, per un motivo o per l’altro, un magistrato scoprirà che forse c’è qualcosa che non va nell’università, quegli stessi scrittori ricchi, di raccomandata e pregiata casta, fingeranno di scandalizzarsi, come se fosse scandaloso ciò che già si sa. La stampa rimesterà un poco di acqua sporca in vecchi recipienti usati, si venderà qualche giornale in più e poi più nulla. Calerà il silenzio.

I professori continueranno indisturbati a far vincere i concorsi premeditatamente ai loro pupilli-figli-nipoti-parenti collaterali e affini leccaculo, ci sarà qualche capo-ricercatore occhialuto che dirà che per fortuna l’università non è tutta corrotta, per far credere alla gente che l’oro di Bologna è oro vero; intorterà due frasette ben incastrate di circostanza tra il finto sorpreso e l’autorevole, dirà senza dir nulla, e tutti saranno di nuovo felici e contenti nel Paese dei balocchi dove si torna ai soliti giochi.

La società classista è così perfettamente realizzata. Si scandalizza di se stessa per finta e poi si rimette a tessere e filare le stesse cose per cui ha finto di scandalizzarsi, una specie di loop programmato, la cronaca di una morte annunciata.

Ci sarà pure nel parapiglia di quelli che ben parlano, chi dirà che la fuga dei cervelli non è dovuta assolutamente al clientelismo ma ai pochi fondi che si danno alle università, fondi che a tutti gli effetti rafforzano in realtà il sistema nepotistico.

Nessun governo farà nulla perché tutti i baroni universitari sono legati a doppio filo al potere politico. Le polveri delle inchieste finiranno presto nel dimenticatoio di un popolo senza memoria e senza coscienza di classe, nato, cresciuto e pasciuto con l’idea distorta e mostruosa che per ottenere qualsiasi cosa, in qualsiasi campo, non ci vuole il talento, ma la raccomandazione.

https://antichecuriosita.co.uk/destrutturalismo-e-contro-comune-buon-senso-punti-fermi/

https://www.youtube.com/watch?v=RHwvhVbV6kw

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