Mondadori, le rubriche misogine

Mondadori, le rubriche misogine

Mondadori, le rubriche misogine

Di Mary Blindflowers©

Mondadori, le rubriche misogine

Georges Simenon, La verità su Bebé Donge, I romanzi della Palma, Mondadori, 1953, credit Antiche Curiosità©

 

Avete presenti I Romanzi della Palma anni ’50, venduti a 150 lire? Ebbene diversi autori, oggi anche piuttosto famosi, pubblicavano i loro lavori con questa serie periodico-mensile della Mondadori. Dopo aver letto il libro, il lettore si trovava davanti alcune pagine di una rubrichetta stile posta del cuore. Si usa ancora oggi nei giornali mandare al giornalista-pseudo-psicologo di turno il racconto dei propri problemi e patemi d’animo, convinti che i consigli di una persona che il sistema ritiene saggia, perché perfettamente adeguata alla morale corrente, possano risolvere le cose come una magica panacea o la bacchetta di una maga. Così dopo aver letto La verità su Bebé Donge di Georges Simenon, mi trovo davanti la rubrica intitolata: “Torniamo alle piccole cose”, in cui un certo Patrizio che non dice il cognome, incita i lettori “della classe media”, (presupponendo razzisticamente che solo un borghese possa leggere un libro), a scrivergli, con queste poche pomposo-tediose righe di premessa:

In questi tempi di progresso tecnico il mondo è tutto occupato a risolvere problemi colossali: grattacieli e bombe atomiche; aerei supersonici e conquiste interplanetarie; movimenti in massa di capitali, di materiali e di uomini. L’uomo e la donna della classe media hanno perduto il passo in questa corsa da giganti e sono rimasti indietro, smarriti nel labirinto dei loro problemi insoluti: case ristrette, promiscuità avvilenti, difficoltà economiche, vecchiaia precoce, disarmonia nel matrimonio, incomprensione nell’amore, e così via. Questa rubrica cercherà di risolvere, con la collaborazione dei lettori, questi piccoli problemi quotidiani, guardandoli al microscopio; cioè tratterà di tutte le piccole cose che, messe insieme, sono la vita di tutti. Ognuno può parteciparvi proponendo i vari argomenti o dicendo la propria opinione, frutto di personale esperienza, purché gli argomenti siano di interesse generale; di uno e di tutti”.

Dopo questo edificante minuetto del mago risolvi-tutto per tutti, leggiamo la lettera di Michelina R, di Rimini, che deve sposarsi tra qualche mese, ha un buon impiego e vorrebbe mantenerlo anche dopo il matrimonio, ma lo sposino novello non vuole che lei lavori perché “la donna deve lavorare soltanto per il marito e per i figli nella propria casa”.

Già il tenore delle parole usate dal marito e il fatto che la moglie non lo abbia spedito difilato a quel paese con una mano davanti e una dietro, dimostrano l’arretratezza dei tempi. E teniamo presente che siamo nel 16 dicembre 1953 non nel Medioevo. Ma la chicca più sfiziosa è la risposta del guru Patrizio, il sa tutto lui, legge e risolve. Una risposta da cui si intuisce la triste condizione della donna italiana negli anni ’50 e il grado di misoginia italiota che, per giustificarsi, chiama in causa il dovere e perfino il subcosciente in un incoerente quanto delirante discorso misogino bigotto:

Vediamo, Michelina, di esaminare insieme le vostre ragioni. Forse riusciremo a vederci chiaro. Lui non vuole che lei lavori quando sarà sua moglie per queste ragioni: 1) – che, dato che guadagna a sufficienza per mantenere una famiglia, vuole avere la soddisfazione di dimostrarlo; 2) – perché non gli piace pensare alla propria donna come continuamente a contatto con estranei; 3) – perché identifica la sua donna con la sua casa. Ve ne possono essere altre, ma le fondamentali sono queste. Ora, sono tutte ragioni sane e valide. Se c’è un fondo di orgoglio nella prima ragione, è un orgoglio che si addice ad un uomo e al senso di responsabilità che deve avere per essere un buon marito e un buon padre. Se c’è della gelosia nella seconda, è una forma di gelosia che dimostra quanto lei sia preziosa ai suoi occhi. E se nella terza ragione c’è un’apparenza di idee arretrate ed antiquate (come lei dice), in sostanza il sentimento che lo spinge a identificare la donna con la casa è uno degli istinti fondamentali della natura maschile, uno di quegli istinti che hanno radici nel subcosciente da che mondo è mondo e che quindi sono validi perché essenziali”.

Dopo aver scomodato nozioni di spiccia pseudo-psicanalisi da bancarella per giustificare l’arretratezza mentale del futuro sposo maschilista, il buon Patrizio, che nemmeno ha il buon gusto di firmarsi per esteso, ma si sente depositario ufficiale di saggezza, dopo la difesa dell’uomo con argomenti speciosi e inconsistenti, parte all’attacco con la sistematica umiliazione della donna:

Lei dice che non sa e non le piace cucinare e curare le faccende domestiche, perché non l’ha mai fatto. Questa è una grave lacuna, per una donna, Michelina. Sarebbe andata a presentarsi per avere un impiego se fosse stata analfabeta? No, vero? E perché allora si avvia al matrimonio senza la preparazione necessaria per essere una buona moglie e poi una perfetta madre di famiglia? Non è onesto. E in questo sì che la sua dignità di donna dovrebbe sentirsi umiliata. Probabilmente si sentirebbe umiliata se non potesse portare un corredo. Ma l’essere buone massaie fa parte del corredo indispensabile per una donna che sta per farsi una casa. L’altra ragione che una donna non deve essere serva di un uomo è puerile e sciocca. È servo soltanto chi si sente servo. È libero soltanto chi si sente libero”.

Dopo la ramanzina il buon Patrizio dà il meglio di sé con gli imperativi categorici da nonna intronata:

Quindi frequenti un corso di economia domestica, prima di sposarsi. S’accorgerà, dopo, che è molto utile saper essere donne in tutto il senso della parola, quando si è nate donne”.

Una risposta aberrante, che farebbe rizzare oggi i capelli in testa di donne e uomini dotati di un minimo di sale in zucca. La cosa grave è che una simile misoginia veniva veicolata dalla cultura ufficiale ancora molto lontana dalla concezione di parità dei sessi che, nemmeno oggi è stata, del resto, raggiunta del tutto.

Sarebbe interessante, ora a distanza di tempo, sapere il cognome del signor Patrizio. Non mi meraviglierei se fosse diventato un giornalista importante nella repubblica delle banane e delle pere cotte dove professori prestati alla canzone vogliono “la donna con la gonna”,  cerebrolesa e ignorante, trionfo della più becera misoginia italiota. 

https://antichecuriosita.co.uk/destrutturalismo-e-contro-comune-buon-senso-punti-fermi/

https://www.youtube.com/watch?v=T4KELtSZpzA

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