Moore, Helmets Super Mater

Henry Moore, gli Helmets della Super Mater in mostra a Londra

Moore, Helmets Super Mater

Di Mary Blindflowers©

Henry Moore, gli Helmets della Super Mater in mostra a Londra

Scultura di Henry Moore alla Henry Moore Foundation, credit Mary Blindflowers©

 

Dal 6 Marzo al 23 Giugno 2019 è in corso alla Wallace Collection a Londra l’esibizione d’arte di Henry Moore: The Helmets Heads, presentata in collaborazione con la Henry Moore Foundation.

Ho avuto occasione e tempo di vederla.

La collezione Wallace ha chiaramente influenzato gli Helmets di Moore.

Oltre alle sculture in grandezza naturale e di vari materiali, dal gesso al piombo al bronzo, è possibile visionare oltre sessanta schizzi, disegni e maquettes.

Una mostra interessante, allestita bene, molto godibile.

Le sculture riprendono, rielaborandole creativamente in senso surreale, la forma degli elmetti, proponendo nuove forme visionarie in cui l’alternanza del vuoto e del pieno, del dentro e del fuori, genera pause di silenzio espressivo e a tratti surreale.

Un’arte fetale, quella di Henry Moore, un ritorno al ventre materno, attraverso l’esposizione di figure che ne contengono altre al loro interno, come a volerci dire che la forma non si esaurisce in se stessa ma contiene significati ulteriori, nel campo della simbologia dell’oltre.

Si intuisce altresì, ed è impossibile non notarlo, nemmeno ad un’indagine superficiale, nemmeno se non si è troppo esperti, un ritorno al concetto di origine, d’uovo primordiale, una sollecitazione visiva alla scoperta del senso e del non-senso racchiuso nella vibrante struttura della forma osservata che diventa ventre che contiene, Super-Madre che genera. La forma non è mai improvvisata, si può dire venga vissuta nella rappresentazione plastico-scultorea da differenti angolazioni; è infatti studiata, disegnata e poi sviluppata matericamente attraverso un lavoro che alterna il morbido al tagliente in forme vagamente extraterrestri, come ad intuire un rapporto spazio-temporale con altri mondi, mediante un intelligente procedimento artistico-simbolico che più che dominare la natura o la materia umana, vi si inoltra come dentro un misterioso cunicolo (ventre materno) per poi andare ad abitarci dentro come in un nido da esplorare. Del resto la stessa scelta delle figure reclinate e la morbidezza plastica delle loro forme, indica un desiderio di panica identificazione con la filosofia della natura che non viene dominata da forme stile obelisco, che fendono o tagliano prepotentemente l’aria, ma assecondata da arte che metaforicamente diventa essa stessa natura.

Anche gli Helmets, sebbene generati da una prospettiva umana, (gli elmetti infatti erano manufatti non naturali e strumenti di difesa durante le guerre), seguono la stessa prospettiva artistico-filosofica che Moore utilizza per rappresentare vertebre e ossa in genere, figure più o meno reclinate, teste, ovali, etc. Si ha un’impressione deistica di non aggressività e di surrealtà unite ad un procedimento teso a rendere vitale un oggetto che ha a che vedere con la guerra, materia di morte per antonomasia. Il tentativo, peraltro riuscito di rendere vivi gli Helmets, si riscontra nella presenza di occhi, bocche, più diverse figure interne poliformi. Significativo è che la punta della lancia inglobata all’interno di un elmetto non sia visibile da fuori, ma coperta dal lato superiore dell’elmetto stesso che ha due piccole forme a destra e a sinistra che richiamano gli occhi. Occhi fuori, occhi dentro, figure che guardiamo e che ci guardano, materia che non ha a che fare più con la morte ma ha la giusta pretesa della vita, ribadita anche attraverso una struttura ariosa che diventa più massiccia soltanto in prospettiva ovoidale, a ribadire l’archetipo dell’eterno femminino, ossessione di Moore. Infatti gli Helmets, oltre che resi vitali vengono anche femminilizzati. La guerra da sempre dominio degli uomini, fatta dagli uomini contro altri uomini, diventa femmina che genera e partorisce e nasconde, anzi Super-Mater che umanizza e trasforma la materia morta in vita. Moore non avrebbe potuto farne a meno. Tutta la sua arte è percorsa e profondamente intrisa dal concetto di guscio che racchiude la significazione, la grande madre onnipresente in ogni suo lavoro.

Credo che la straordinaria bellezza della sua arte consista proprio in questo suo femminilizzare di continuo, rafforzando la potenza espressiva dell’archetipo femminile nella rappresentazione delle forme che nascono e si sviluppano in comunione con la natura stessa trascendendo il realismo tra conscio ed inconscio.

Del resto lo stesso Moore non nascondeva il suo legame profondo con la natura:

Sculpture is an art of the open air. Daylight, sunlight is necessary to it, and for me its best setting and complement is nature. I would rather have a piece of my sculpture put in a landscape, almost any landscape, than in, or on, the most beautiful building I know”.

Come dargli torto?

 

https://www.wallacecollection.org/henry-moore/?gclid=Cj0KCQjwxYLoBRCxARIsAEf16-uK_H-jk_4MG2bH-8Hqk5w92iuWCKXXMWDiXJ_MSGOBOatvlqy2J1EaApv0EALw_wcB

 

https://antichecuriosita.co.uk/destrutturalismo-e-contro-comune-buon-senso-punti-fermi/

 

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