L’editoria, la politica, la censura

Vintage original Murano Glass Clown, 38 cm., 1950

L’editoria, la politica, la censura

Di Lucio Pistis & Sandro Asebès©

Vintage original Murano Glass Clown, 38 cm., 1950

Vintage original Murano Glass Clown, 38 cm., 1950, credit Antiche Curiosità©

 

Non abbiamo mai avuto simpatia per la poetica e l’opera di Filippo Tommaso Marinetti, ma da qui ad augurargli la censura, pensiamo che corra un mare di ignoranza, soprattutto considerando che fa parte dei programmi ministeriali della scuola italiana. Insomma, abbiamo dovuto studiarlo perché è stato il fautore e precursore del contemporaneo marketing letterario, quello in pratica basato sulla propaganda. Attraverso i suoi miliardi Marinetti ha coinvolto un certo numero di intellettuali in un movimento che è diventato tale, grazie ai denari, in parte alla politica e soprattutto alla pubblicità e al chiasso che oggi definiremmo mediatico.

Cercare di cancellare la storia, fingendo che il futurismo non ci sia mai stato, serve solamente a certa sinistra salottiera e radical chic che da secoli strumentalizza la cultura in Italia, a imporre un’autorevolezza che ormai ha perduto e unicamente per colpa sua, dato che ha instaurato un regime culturale serie amici degli amici da cui vieni sistematicamente escluso, se non sei amico.

A Palermo è stata annullata per antifascismo la presentazione all’Alberghiero di “Cucina futurista”, una manifestazione promossa da BC Sicilia.

Sull’onda delle buffonate del Salone del Libro di Torino, arriva una ventata di censura.

Ci domandiamo il senso di tutto questo. Che Marinetti fosse un intellettuale aderente al regime lo sapevamo tutti da secoli, non è mica una novità, che esaltasse valori discutibili come la guerra igiene del mondo e l’impegno nel fascio, non è stato scoperto oggi. Fino a ieri a nessuno ha dato fastidio che i principi fondamentali e fascistissimi del futurismo venissero insegnati a scuola, adesso tutto cambia.

Marinetti diventa imbarazzante per certa sinistra che poi non è nemmeno sinistra, ma avanzi DC riciclati e tinti leggermente di rosso, una finta sinistra che sente la polpetta sfuggirgli dalla bocca, mai rassegnata ad una sconfitta elettorale la cui causa va ricercata nelle sue stesse storiche colpe e nel suo esasperato nepotismo.

Super partes siamo sempre contrari ad ogni forma di censura, ma soprattutto a quel tipo di censura che nasce unicamente per salvaguardare un proprio esclusivo potere.

Censura, non dimentichiamo viene da censeo, es, censui, censum, censere, che vuol dire decretare e poi denunciare al censo ciò che si possiede, un atto di controllo autoritario indispensabile per una società che deve organizzarsi per autoalimentarsi sulla base della differenziazione delle risorse; i censores a Roma erano i pubblici ufficiali incaricati appunto di fare il censo, ossia di registrare i nomi e gli averi dei cittadini romani; sorvegliavano gli appalti ed anche i loro costumi; inutile dire quanta poca distanza dalla terzietà caratterizzasse spesso tale carica, facilissimamente corruttibile a seconda della valenza del personaggio da controllare! Le censure che scattano poi ad orologeria peccano sempre quanto a terzietà!

L’episodio di Palermo, sulla scia di quanto accaduto al Salone del libro, dimostra soltanto che l’editoria non è affatto una faccenda culturale al di sopra delle parti, ma unicamente e tristemente un gioco politico di bassa lega con personaggi di quarta categoria che, da una parte e dall’altra, come cani, cercano di guadagnare terreno nella lotta per il monopolio e per il potere.

L’antifascismo che ha motivato la censura è un pretesto, dell’antifascismo agli intellettuali della pseudo-sinistra, non interessa nulla, perché già mettere in atto la censura è un’azione fascista, perdere i contatti con una realtà storica che è esistita e non può in alcun modo essere cancellata, è un’azione fascista. Gli antifascisti sono più fascisti dei fascisti perché il potere fa gola a tutti. 

Resta, al fin della ripresa, uno spettacolo miserrimo in cui mediocri intellettuali di regime, ai quali non interessa un fico secco della cultura, se questa non è prodotta dai loro amici e non esprime le idee del proprio circolo chiuso, si contendono l’osso.

Ma in tutto questo i valori dell’antifascismo per cui sono morte tante persone, quei valori democratici di rispetto del pluralismo e della molteplicità dei punti di vista per i quali oggi noi siamo liberi di esprimere un’opinione sul mondo e sulle cose, non c’entrano nulla, come non c’entra nulla la cultura. Si tratta solo di un gioco di marionette in cui non ci sono innocenti e vittime, ma sono tutti carnefici di un’Italietta alla deriva in cui ogni respiro e ogni battito di ciglia è politicizzato.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

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