La brutta prosa della Rowling ne “Il richiamo del Cuculo”

La brutta prosa de Il richiamo del cuculo

La brutta prosa della Rowling ne “Il richiamo del Cuculo”

Di Lucio Pistis & Sandro Asebès©

La brutta prosa de Il richiamo del cuculo

Shoreditch, London, credit Mary Blindflowers©

 

Il caso editoriale della Rowling che finge di essere uno scrittore esordiente e firma un romanzo intitolato Il richiamo del cuculo: le indagini di Cormoran Strike, approda in Italia edito da Salani con una copertina commerciale che ricorda i romanzi gialli di quarta categoria.

Si tratta di un giallo scritto con stile asettico, poco poetico, a volte perfino sgradevole e ripetitivo, composto di frasi brevi ma senza verve, senza forza espressiva autentica.

Quel che colpisce di più di questo romanzo che potrebbe essere sfrondato di buona parte del testo senza che cambi per nulla il significato della noiosa trama, è proprio la costruzione delle frasi, esteticamente poco attraente, ridondante, con espressioni che ricalcano luoghi comuni banalissimi e una punteggiatura messa a casaccio:

“le persone che erano state con la donna la sera della sua morte erano state assediate dai giornalisti; erano stati scritti migliaia di articoli; riempite ore e ore di notiziari televisivi…”

Dopo morte forse sarebbe stato il caso di mettere una virgola e magari evitare di ripetere due volte in un solo rigo “erano state”, avrebbe evitato di far sorridere il lettore.

Ma ancora:

La sua storia fu eletta a insegnamento morale di compiaciuto perbenismo e il paragone con Icaro fu talmente scomodato dai giornalisti da meritarsi una rubrica speciale sul giornale satirico Private Eye. Poi, finalmente, tutto il clamore si estinse, e perfino i giornalisti non trovarono più nulla da dire, se non che era già stato detto troppo”.

Una prosa decisamente non letteraria e poco coinvolgente, che arranca tra ripetizioni con paragoni impropri ed improbabili. Un paragone si scomoda? Le persone si scomodano, non i paragoni. Scomodare significa letteralmente apportare disagio, molestia. Come può un paragone sentire disagio per essere stato ripetutamente chiamato in causa?

L’autrice si mostra molto circiterica già nel testo originale, a cominciare dal Prologo dove cita un frammento di Lucio Accio in maniera incompleta (“is demum miser est cuius nobilitas miserias nobilitat” anziché “nam is demum miser est cuius nobilitas miserias nobilitat”) traducendolo in maniera erronea, facendo perdere in inglese tutte le allitterazioni e gli omeoteleuti dell’originale (miser…miserias…nobilitas…nobilitat ); non si capisce poi che significa rendere famose le proprie disgrazie (con aggettivo possessivo his arbitrariamente inserito dalla traduttrice) sulla base della fama posseduta, in una versione che dissolve tutte le figure retoriche dell’originale latino (“Unhappy is he whose fame makes his misfortunes famous” : ”Infelice è colui la cui fama rende famose le proprie disgrazie”). Manca nella citazione del frammento vv. 621-622 Ribbeck-Klotz = 90-91 Dangel la congiunzione esplicativa nam e la traduzione della Rowling lascia incomprensibile il motivo per cui si rendono famose le disgrazie in ragione della fama che si possiede. Molto più aderente alla gnomicità delle sentenze di Accio la traduzione proposta da Giampiero Scafoglio in “Philologia Antiqua”, 2010, “Le sententiae nella tragedia romana”, pag. 164: “infatti davvero misero è colui la cui nobiltà d’animo nobilita le miserie”; pertanto in inglese ci si aspetterebbe: “Indeed just wretched is the one whose nobility ennobles wretchedness”).

Ma già l’esordio del giallo rivela un lessico ed una sintassi abbastanza poveri, come dimostra la non omissione del pronome relativo ed il mancato spostamento della preposizione dopo il verbo in una proposizione attributiva in questo passaggio: The entrance to the tall red-brick apartment block behind it, and the balcony on the top floor from which the body had fallen”; di solito un inglese più evoluto scriverebbe : “and the balcony on the top floor the body had fallen from”.

A tratti cerca un linguaggio ricercato, utilizzando verbi scarsamente e poco pertinentemente usati come to hover nel senso di gironzolare (al posto dei normali to wander, to roam, to stroll about, to saunter, o to ramble) senza la preposizione about che ne specifica l’accezione secondaria scevrandola da quella più usuale di librarsi, aleggiare, in un tratto come il seguente: Behind the tightly packed paparazzi stood vans with enormous satellite dishes on the roofs, and journalist talking, some in foreign languages, while soundmen in headphones hovered”

La proposta di matrimonio di Matthew a Robin Ellacott, definita “la più perfetta, in assoluto, in tutta la storia dei matrimoni” con il ragazzo che estrasse, udite, udite, che cosa eccezionale ed originale, “perfino dalla tasca l’anello che ora indossava: uno zaffiro con due diamanti che le stava a pennello sulla mano posata in grembo e il cui luccichio non riuscì a smettere di contemplare per tutto il tragitto verso la città. Adesso lei e Matthew avrebbero avuto una storia, una di quelle divertenti storie di famiglia da raccontare ai propri figli”.

Sembra la descrizione di un romanzetto rosa per adolescenti ingenue che credono ancora al principe azzurro.

E in tutta questa tradizionale melassa, quale sarebbe la divertente storia da raccontare? Che Robin si era fidanzata ufficialmente? Molto politicamente corretto e anche noioso, a dire il vero. Che cosa ci sia da raccontare non si sa e non si capisce nemmeno perché la Rowling voglia descriverci particolari inutili e completamente gratuiti per completa insignificanza, come il luccichio dell’anello di uno zaffiro e due diamanti splendenti. Ha scritto un giallo d’autore o un romanzetto d’amore di serie C?

Anche le descrizioni lasciano molto a desiderare, rientrano in un perfetto cliché trito e ritrito:

“gli sguardi degli uomini si posavano su di lei. Robin era a tutti gli effetti una bella ragazza: alta e formosa, con lunghi capelli biondo rame che ondeggiavano al suo passo spedito, e con le guance pallide colorite dall’aria fredda”.

Un romanzo uniformemente noioso e prolisso, con una scrittura ordinaria che dice esattamente quello che scrive e nient’altro. I personaggi sono quello che ci si aspetta da un giallo scadente che possiamo vedere in molti film e telefilm commerciali, molto stereotipati.

Di letteratura ne Il richiamo del cuculo ce n’è ben poca. È stata più un’operazione commerciale che letteraria. L’utilizzo dello pseudonimo da parte della Rowling come intelligente espediente di marketing, le ha permesso poi di fare lo scoop della rivelazione della sua vera identità, in modo tale da far lievitare le vendite per un pubblico che di buoni libri ne mastica ben pochi.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

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