Le tavole calde dell’arte filtrata

Le tavole calde dell'arte filtrata

Le tavole calde dell’arte filtrata

Di Mary Blindflowers©

Le tavole calde dell'arte filtrata

Anti-space concept, mixed media on canvas by Mary Blindflowers©

 

In un mondo che mette al centro della scena l’ufficializzazione del senso come valore supremo ed inviolabile, la realtà filtrata e setacciata da un potere (che ha in mano il diritto di critica e un quid d’autorevolezza che scende dall’alto), diventa la normale abolizione di ogni capacità critica del soggetto. La testimonianza che oggi sorbiamo e subiamo senza spesso nemmeno accorgercene, i postumi da sbornia di una realtà filtrata, è data dai social dove una stessa immagine può suscitare o non suscitare reazioni like a seconda del contesto in cui viene presentata. Per esempio, se postate il link di un dipinto o di un libro che non viene esibito da nessuna parte, non ci sarà alcun like o quasi, se postate la foto dello stesso lavoro esibito dentro un museo oppure dentro una galleria o in una libreria, un certo numero di like arriverà, anche se siete antipatici come la peste. Il like non è infatti diretto all’opera in sé ma al suo statuto di opera ufficialmente accettata, di senso ufficializzato da un sistema che dovrebbe avere in mano una certa garanzia di positiva criticità verso l’oggetto stesso che viene proposto. In poche parole, il likante, chiamiamolo così, si sdogana da ogni responsabilità oggettiva in merito al giudizio su quel particolare dipinto o libro, perché c’è stato già qualcuno che ha detto che può andare bene, che merita di essere esposto, è stato già sottoposto al vaglio di un micro o macro potere, per cui l’utente medio può mettere il like senza paura di dover esprimere un suo personale giudizio sull’opera. Esprimere un giudizio svincolato dalla ufficializzazione, è difficile, compromissorio, richiede studio e cultura che spesso non si hanno. Per questo motivo i classici, anche quelli di meno valore, anche quelli che, ad una lettura e ad una interpretazione attenta, presentano dei vistosi difetti di costruzione e struttura, e non mi riferisco solo alla pittura, ma anche a tanta parte di letteratura filtrata ufficiale, che forse andrebbe un attimo rivista, sono sempre acclamati e diventano intoccabili.

Ovviamente questo suggello universale di intoccabilità non è dato dall’osservazione profonda del contenuto, bensì dalla consapevolezza che è già stato deciso da qualcun altro che l’opera X è buona, degna e giusta. Quindi il gradimento non è per l’opera in se stessa di cui non importa veramente nulla a nessuno, ma per il potere che ha deciso tutto per l’oggetto e muove il soggetto a suo piacimento.

I social sono insieme di microcosmi che riproducono fedelmente come tanti piccoli specchi, la situazione del macrocosmo, liticamente cristallizzato in posizioni di estrema inamovibilità. Uno schema semplice funziona sempre. Si tratta di un passaggio obbligato che, dimentico di contenuti e forma, prevede un signor Qualcuno che, per vari ordini di motivi non sempre cristallini, filtra un’opera d’arte di qualsiasi tipo, decidendo che è arte; seconda fase: pubblicizzazione dell’arte definita tale, ossia bisogna far sapere a tutti che trattasi di arte, e lo si fa tramite i canali ufficiali. Una volta avviate queste due fasi inizia la terza fase che nei social si traduce nei like, ossia la massa inizia a gradire un oggetto fino a poco tempo prima completamente ignorato ma di cui ora si dice, e lo dice gente autorevole, che è arte. Quarta fase: quell’oggetto è arte per tutti e nessuno osi contestare o pensare, guardandolo bene, che non è poi così artistico come si vorrebbe far credere. Chi contesta è perduto, un patetico povero scellerato che non capisce nulla e si rende ridicolo con le sue osservazioni che potrebbe benissimo tenere per sé.

Sapendo così che a criticare l’arte filtrata, si rischiano gli insulti di benpensanti in fregola, la cui unica regola è chinare il capo a baciar terra già battuta, l’uomo comune che pensa, semplicemente tace e preferisce masticarsi la lingua. Il rumore del silenzio assorda così le coscienze. Nasce un brusio indistinto e acritico di assensi non meditati che danno l’idea e la misura di come tutto venga inevitabilmente e tragicamente filtrato e di come le persone vengano trattate, al pari di bestie da pascolo, prive di intelligenza individuale, completamente incapaci di fruire criticamente un’opera d’arte, bloccate nelle loro espressioni interiori e sinanche istintive  sia di gradimento che di critica negativa, fino a che non si sente un parere autorevole, il parere “di chi ne sa”, di chi ha un titolo, spesso ottenuto con mezzi discutibili. E si attende che questo Qualcuno dica, faccia e crei miti che poi vengono replicati all’infinito.

Così capita che tutti conoscano il nome di un artista o di uno scrittore e dicano che è scrittore, che è artista degno di nota, senza aver mai visto un suo lavoro o letto un suo libro.

La lettura e la visione critica non sono infatti più necessarie, diventano operazioni desuete, dato che c’è qualcuno che parla per tutti e questi tutti si adeguano e ripetono a pappagallo la filastrocchetta che hanno imparato a memoria, senza capire né sforzarsi di comprendere i suoni che escono dalla loro bocca, perché tanto è tutto già dato, tutto già pronto e deciso, come quei pasti riscaldati che ti servono nelle deprimenti tavole calde. Peccato che non sappiano davvero di nulla.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

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