Ecce tardona verità tavolino

Ecce tardona, verità tavolino

Ecce tardona verità tavolino

Ecce tardona

Ecce tardona, mixed media on canvas, by Mary Blindflowers©

 

Di Mary Blindflowers©

Ecce tardona, ricordi plagiriti

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Tardóne o tardona – Uomo o Donna in età non più giovane che ostenta modi, atteggiamenti e abbigliamento giovanili.

Nell’epoca ipocrita del politicamente corretto in cui qualsiasi parola con sfumature negative rinvenibile nel dizionario, diventa un’offesa, la poesia non deve rinunciare all’invettiva come discorso polemico che implica anche una certa carica di aggressività letteraria utile ad esprimere il senso ultimo del proprio pensiero. Il riferimento ad una “tardona” accademica che indossava scarpe da tennis stile ho quindici anni ma nel cervello era vecchia, facente parte di un sistema abominevolmente vecchio, classista, plagiario, è più che chiaro. Il ricordo che produce una sensazione non si può incanalare nella correttezza che pretende la tendenza alla buona educazione borghese in cui un cieco diventa non vedente, un sordo non udente, una tardona che plagia, donna non più giovane che crea “somiglianze” con testi già esistenti. Le somiglianze non esistono. Qui si parla di parti gemellari, di lombi sterili, incapaci di creare da soli, che si avvalgono del lavoro altrui. Copiare è un’attività sacra nei nostri atenei, e se si è la pupilla di un politico l’operazione diventa arte che fa acquistare cattedre, crediti e citazioni continue nei libri dei colleghi che si citano solo tra loro perché la casta cita la casta e sei non fai parte della casta, non sei nessuno. Qualunque cosa tu scriva, è fuffa che può essere certamente copiata, ci mancherebbe, ma mai citata. Così gli accademici, stretti e compatti nei turrini del loro privilegio difendono il diritto esclusivo alla ricerca che spesso fanno fare agli altri, perché è davvero comodo e pratico, mentre si fa un’intervista in tv o si scrivono articoli sui giornali che contano, prendere il lavoro già pronto e farlo proprio, tanto nessuno potrà dire che è plagio, saranno “somiglianze” ovviamente del tutto casuali. La poesia però è un mondo di sperimentazione altra e perpetua, non è tenuta affatto a credere all’insieme delle “verità” costruite a tavolino per le masse, perché la poesia, a differenza di quel che si possa pensare, non nasce affatto a tavolino, ma si autogenera spontaneamente e quasi in modo automatico, giocando tra conscio e inconscio, perciò può e deve dire quello che vuol dire e non soltanto e sempre quello che si può dire secondo l’attestato di benemerenze ufficiali. La poesia è sempre ufficiosa, un po’ come un carnevale o un buffone di corte a cui si perdonano le facezie, per questo spesso non viene presa sul serio. Se non veleggiasse fuori dagli schemi, la poesia sarebbe tuttavia tediosa perfino a se stessa, auto-vorticante nel vuoto perpetuo della sua mediocrità da salotto controllato.

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Ecce tardona,

morirai in ricordi plagiriti a ditirambi

sugli strambi almanaccanti

crunari presi ai mambi tesi?

I lombi di sterili turrini,

stoppano spaghi ai remi fini,

mettono rena nei motori,

soverchiano lo spazio dei dentini,

avanti tutta! Fuori suoi prodi spazzolini

che splegiano e rifilano, riscquasciano

chincaglie, l’oro sniffofinto che gattona

quisquilieragli è al nido,

ecce tardona

dello scinto tempo sfatto,

sei il tristofine, la reazione

l’iniezione protoscatto

della tempra oscura.

Lo sanno tutti che non si tocca l’accavalcatura.

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DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Rivista Il Destrutturalismo

 

 

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