La fine della satira, regno dei cieli, omissione, inchini e veli

La fine della satira, regno dei cieli, omissione, inchini e veli

La fine della satira, regno dei cieli, omissione, inchini e veli

Di Mary Blindflowers©

La fine della satira, regno dei cieli, omissione, inchini e veli

La fine della satira, immagine da sketchbook, by Mary Blindflowers©

 

Diceva Leopardi “Chi ha il coraggio di ridere è padrone degli altri, come chi ha il coraggio di morire”.

La dimensione del comico costituisce infatti una forma di resistenza basata sul riso liberatore, quel riso che può essere generato da una satira intelligente e pungente, un riso interpretativo che scompone il reale in frammenti vitali utili per far pensare senza apparente sforzo.

L’ilarità è però anche la sorella della tragicità che si esplica, come diceva Bergson, anche attraverso l’insocievolezza e la rigidità del comico.

Il confine tra riso e amarezza talvolta appare sottile, specialmente quando la comicità raggiunge la sua massima espressione, trasformandosi in satira che non è mai fine a se stessa ma ha una funzione ferocemente critica. Tale funzione viene tarpata nelle società poco evolute attraverso l’uso e l’abuso della censura, meccanismo che non muore mai e che ovviamente preferisce una innocua parodia ad una satira intelligente, per motivi facilmente intuibili. La verticalità del potere ha le sue regole che la censura regola.

L’innocua comicità utilizza gli stessi meccanismi della satira, sottolinea dei difetti e li esagera, mettendoli in luce sotto forma di battute divertenti ma scontate. La vera satira non è innocua né scontata, ma dissacrante e caustica perché segnala, attraverso il meccanismo del riso, i problemi seri e reali del sistema, mettendo in luce in chiave comico-burlesca le contraddizioni e le storture del potere e della politica.

La satira in Italia non esiste più e questo è un fatto.

I comici attuali stanno particolarmente attenti a pattinare sul ghiaccio spesso dell’innocuità, senza sporcarsi il curriculum professionale con questioni socio-politiche che potrebbero causare il loro allontanamento forzato dalle reti televisive e da altri spazi.

Così per vivere tranquilli i professionisti della risata si affidano a battute sulle differenze tra Nord e Sud d’Italia in cui ci si limita a dire che al Sud non si fa altro che mangiare anche se non c’è lavoro, mentre al Nord si mangia poco perché bisogna lavorare e correre come matti; che al Sud c’è il sole, mentre al Nord c’è la nebbia e quando sparisce la nebbia si va a lavorare perché non c’è niente lo stesso; che al Sud ci sono le famiglie allargate, mentre al Nord il cugino è un’entità pressoché sconosciuta; che al Sud c’è il culto della nonna e della mamma, mentre al Nord le nonne sono tutte morte di freddo e le mamme vanno in discoteca, etc. Facezie, luoghi comuni che piacciono tanto, che ingigantiscono atteggiamenti noti per suscitare un riso decerebrato, inutile, fine a se stesso, che cessa nel momento stesso in cui finisce la battuta che in pratica non dice assolutamente nulla.

Poi c’è il comico che imita un personaggio della politica sul quale già è caduto lo scandalo, ripetendo ciò che tutti sanno, umanizzandolo, facendolo diventare quasi simpatico e ottenendo l’effetto contrario di quello che dovrebbe fare una buona satira, rendendo familiare e umano al pubblico, un personaggio che tutti sanno essere disdicevole, abituando ed assuefacendo le masse a che sia normale che un politico rubi o non sappia articolare due parole in italiano corretto ma occupi un posto in Parlamento. Non c’è corrosione vera in questo tipo di satira che trasforma il personaggio in una macchietta. Si tratta di una satira solo apparente.

Questo accade perché in Italia c’è un controllo politico totale nel settore televisivo e culturale in genere. O ti adegui a ciò che il sistema impone o vieni cacciato via.

Lo stesso accade nell’editoria.

Libri sempre più inutili e acritici vengono pubblicizzati a gran voce, distribuiti ovunque, e più sono innocui più sono visibili in tutte le vetrine, a dimostrare che ormai la cultura è solo politica e che un artista è ufficialmente “artista” soltanto se non contesta il potere costituito e irretisce le masse all’etica dell’adeguamento ipnotico. Questo è il mondo alla rovescia, l’Italietta in cui viviamo.

Diceva Massimo Troisi: “ se ti limiti a dire che Andreotti è gobbo e Fanfani è corto rischi di fare il loro gioco. Ti metti la coscienza a posto e aiuti la Dc ad apparire più democratica solo perché ti fa passare le battute. Se me lo facevano fare, significava che era innocuo, addirittura necessario a quel tipo di potere. Se un regime ti permette di giocare, significa che ci guadagna qualcosa. Le cose inaccettabili avrei potuto dirle a teatro, con un pubblico ridotto, e forse non farlo fu un errore. In tv avrei potuto fare il comico ufficiale. Me ne sarei vergognato”.

La tv mette il luce comici e scrittori ufficiali, quelli che dicono esattamente ciò che il potere vuole che si dica, quelli osannati dalle masse perché hanno visibilità mediatica e tutti i giornali del potere parlano di loro, di quanto sono bravi e belli e talentuosi e preparati pur non essendo in realtà spesso nemmeno scrittori o artisti di genio. Sono quelli citati continuamente perché di essi è il regno dei cieli fatto di omissioni, inchini e veli.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

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