L’arte e il suo creatore, stupidità elitaria e isteria discriminante

L'arte e il suo creatore, stupidità elitaria e isteria discriminante

L’arte e il suo creatore, stupidità elitaria e isteria discriminante

Di Mary Blindflowers©

L'arte e il suo creatore, stupidità elitaria e isteria discriminante

Il nido di vespe, credit Mary Blindflowers©

 

Pascal diceva che nel calcolo probabilistico dell’è e del non è, è molto più conveniente credere in dio che non crederci, perché se credi e magari il Paradiso esiste, vinci tutto, se credi e Dio non esiste non perdi niente, quindi tanto vale credere perché così non si rischia nulla, non si rischia non credendo di perdere tutto:

Vous dites donc que nous sommes incapables de connaȋtre s’il y a un Dieu. Cependant il est certain que Dieu est ou qu’il n’est pas; il n’y a point de milieu. Mais de quel cȏte pencherons-nous? La raison, dites-vous, n’y peur rien determiner. Il y a un chaos infini qui nous sépare. Il se joue un jeu à cette distance infinie, où il arrivera croix ou file. Que gagerez-vous? Par raison vous ne pouvez nier aucun des deux. Ne blȃmez donc pas de fausseté ceux qui on fait un choix; car vous ne savez pas s’ils ont tort, et s’ils ont mal choisi. Non, direz-vous: mais je le blȃmerai d’avoir fait, non ce choix; et celui qui prend croix, et celui qui prend file, ont tous deux tort; le juste est de ne point parier. Oui, mais il faut parier; cela n’est pas volontaire, vous ȇtes embarqué; et ne parier point que Dieu est, c’est parier qu’il n’est pas. Lequel prendez-vous donc? Pesons le gain et la perte on prenant le parti de croire que Dieu est. Si vous gagnez, vous gagnez tout; si vous perdez, vous ne perdez rien. Oui, il faut gager.

Questo gioco da croupier che di fatto è un bluff dialettico di stampo prettamente utilitaristico, questo tipo di ragionamento dogmatico, da interesse indottrinato, è diffusissimo ancora oggi e alimenta luoghi comuni e atteggiamenti stereotipati per cui si confezionano verità che poi vengono proposte sul tavolino delle sicure certezze. Così come è più conveniente credere in un Dio rassicurante, è più poetico credere alla superiorità di un artista arrivato rispetto al resto del genere umano. C’è chi sui social si spinge pure oltre stabilendo addirittura un discrimen elitario e intollerante tra gli artisti e i “cafoni” (questo il termine usato in alcuni gruppi poetici), ed escludendo che un artista possa essere “cafone”, per il solo fatto di creare bellezza e ovviamente di essere artista. Profili azzimati in pseudo-pose artistiche e velleità con incipiente sindrome da persona speciale, gente appena uscita dall’Accademia di Belle Arti sull’italico suolo, con il naso all’insù della supponenza, sostiene a gran voce e pubblicamente che l’arte sia un fatto elitario. Si distingue con furore l’uomo dal selvaggio cafone e da un certo tipo di umanità deteriore, facendo più o meno scelleratamente il verso al razzismo colonialista crociano e al probabilismo pascaliano. Scriveva infatti Croce con esecrabili accenti lombrosiani condannati dal suo allievo Ernesto de Martino, che esistono uomini che solo zoologicamente possono dirsi tali, e altri che invece sono attori della storia. Nei confronti degli uomini del primo tipo: Si esercita come verso gli animali il dominio, e si cerca di addomesticarli e di addestrarli e in certi casi, quando altro non si può, si lascia che vivano ai margini… lasciando che di essi si estingua la stirpe… E purtroppo questi repugnanti, questi incontrovertibili, s’incontrano anche frammezzo alle nostre società civili, né aveva tutti i torti Cesare Lombroso….

Decisamente molto comodo e nel calcolo delle pseudo-probabilità confortante dunque pensare ad una catalogazione dell’umanità. Se Lombroso misurava crani e nasi per giustificare il suo razzismo, oggi il metro è dato dalla produzione artistica. Facile e mediocremente deprimente pensare che un artista non possa essere un “cafone” o un assassino. Purtroppo la natura umana è composta di luci ed ombre che inestricabili si muovono dentro ciascuno, quindi  non esiste nessuna forma d’arte che salvi chi la produce da se stesso. L’arte si muove, per fortuna, indipendentemente dai pregi o difetti del suo autore. Non esistono uomini superiori o uomini inferiori, non esiste il “cafone” e non esiste il “signore” perché non tutti hanno le stesse possibilità nella vita e se non fossero esistiti i cafoni i signori sarebbero probabilmente morti tutti di fame, visto che in passato erano i “cafoni” che mantenevano i signori e non avevano molto tempo per dedicarsi all’arte proprio perché dovevano lavorare per sostentare certi tipi di parassiti chiamati “signori”.

Inoltre non c’è nessuna evidenza scientifica che escluda che un signore non possa essere un cafone, nel senso negativo che si dà oggi a questo termine. Ho amato ed amo i sublimi cafoni di Fontamara, sicuramente più signori dei signori e odio la spocchia televisiva di scrittori costruiti a tavolino dalla propaganda.

Come dimenticare che l’immenso Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, grande frequentatore di bettole e puttane, di carattere sanguigno e rissoso, tanto da essere coinvolto in un episodio di omicidio colposo, era solito ritrarre le sue Vergini e le sue Sante utilizzando come modelle alcune cortigiane ben note nella Roma a cavallo tra il XVI e il XVII secolo?

Come scordare il misogino egocentrismo di Picasso che definiva le donne “macchine per soffrire”? Egli affermava di sapere, nel suo delirio autoidolatrico, “cosa si prova ad essere Dio”. Il “Minotauro” rovinò la vita di Dora Maare, deridendola in pubblico e distruggendo uno degli eventi più importanti della sua carriera, la sua personale, in cui si presentò vestito da Matador ed inscenando una corrida dove lei avrebbe dovuto essere il toro.

L’arte non salva nessuno, soprattutto chi la produce, perché nel momento in cui la produce non è già più sua, ma appartiene al mondo, è di tutti, con buona pace degli isterismi classisti e razzisti di benpensanti i quali ancora pensano ipocritamente che l’arte sia un fattore discriminante per distinguere l’ecce homo dall’uomo mediocre e che con ansia panica si affrettano a dire: “l’arte non è per tutti”. Per chi sarebbe l’arte se non per chi ha voglia di vedere e guardare oltre le distinzioni sociali create dagli sciocchi e dagli esaltati affetti dalla sindrome dell’uomo speciale?

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

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