Pinko Palla e la mal’aria dei poeti

Ammoniated Tincture of Quinine B.P.C.

Pinko Palla e la mal’aria dei poeti

Di Mary Blindflowers & Mariano Grossi©

 

Ammoniated Tincture of Quinine B.P.C.

Contro la mal’aria, credit Mary Blindflowers©

 

Quante volte in una discussione al signor Pinko Palla hanno detto che non ha autorevolezza per esprimere la sua libera opinione?

Sicuramente innumerevoli.

Che cos’è dunque l’autorevolezza che come un passez par tout consente l’apertura di tutte le porte della comunicazione?

L’autorevolezza è il prestigio conquistato in un determinato ambiente, l’autorità morale, la capacità di influenzare i giudizi altrui.

Come si conquista la capacità di influenzare col proprio giudizio le masse?

Col potere.

Perché il potere decide che Pinko Palla nonostante il curriculum più che rispettabile, non è autorevole, mentre Palla Pinko, la cui formazione a volte non giustifica nemmeno la posizione che occupa, è autorevole al massimo grado?

Ci sono diversi motivi che motivano la scelta. Quando la mano dell’autorità sceglie Palla piuttosto che Pinko, ci sono cause e concause che naturalmente non si devono percepire, ma agiscono in maniera sotterranea. Prima di tutto l’innocuità e l’allineamento ad un partito politico sono fattori fondamentali per conquistare autorevolezza, in secondo luogo la rinuncia all’indipendenza di pensiero è la base. Basti pensare ad esempio al discrimen avvenuto in seno alla corte di Mecenate, lo sponsor culturale di Ottaviano Augusto, il ricercatore di opinion makers dell’epoca, tra gli allineati Virgilio ed Orazio da un lato ed il ribelle Cornelio Gallo dall’altro. Chi è autorevole ragiona secondo i dettami del suo partito o del suo gruppo di riferimento. Terzo, occorrono soldi e una nascita in una famiglia bene. Se hai i titoli giusti, ma sei nato nella famiglia sbagliata, puoi anche scordarti che il potere ti scelga per fare di te una persona autorevole. Ovviamente in tutto questo discorso il talento passa in secondo piano. Ciò che conta principalmente sono le appartenenze e la capacità dell’individuo di essere acqua, ossia di assumere la forma del recipiente dentro cui ha deciso di cercare protezione. Tanto poi ci penseranno gli amici a fare biografie costruite ad hoc per far credere al mondo che l’autorevole scrittore Palla Pinko dell’importante famiglia dei Palla, si sia fatto da solo con le sue uniche inconfondibili capacità. La gente ama le favole e il sistema non esita a servirgliele. Si annulla così nelle masse, attraverso una propaganda e una pubblicità a tappeto, la capacità critica (che, non si dimentichi, è termine basato sul verbo greco krinein che si ritrova poi alla base di parole passate in latino come cernere e discrimen, a indicare la capacità di saper separare grano e loglio e di scegliere le varie peculiarità di ciascuno). L’autorevole diventa indiscutibile nel macro-universo globale, l’unico che può esprimere opinioni spesso affastellate e confuse, senza essere mai discusso. Così solo se sei autorevole puoi parlare. Il Pinko Palla non ufficialmente investito di autorevolezza dalla mano divina, deve tacere, primo perché tanto nessuno lo prenderà mai in considerazione, dato che la famiglia dei Pinki a cui appartiene, non conta politicamente una piuma di passero, secondo perché, non avendo risonanza mediatica, non è conosciuto da nessuno o quasi. Chi gli dà ascolto? Insomma chi è questo Pinko che si permette pure di dire la sua in libertà e magari di criticare senza che nessuno lo conosca? Ma come si permette? Quali sono i suoi titoli? Quali sono le sue competenze? Il potere ha detto che è autorevole? No, e allora si taccia e con le sue opinioni ci si pulisca il culo.

La democrazia viene così tarpata dall’autorevolezza ottenuta da e col potere. Non parli nessuno tranne chi può e chi può può perché può e basta, e il perché può non è mai messo in discussione, da nessuno proprio, troppo complicato.

Siccome il macro-universo crea micro-specchi nel micro-universo e condiziona fortemente i comportamenti individuali, questo schema viene ripetuto in quello che si potrebbe chiamare “il nostro piccolo”. Pinko Palla della famiglia dei Pinki capisce che non si può parlare e educa tutti i Pinki al silenzio e all’annullamento delle loro capacità critiche, perché stare al mondo significa anche adattarsi, chi non si adegua è un folle. Così se un membro autorevole ed anziano della famiglia dei Pinki posta una poesia, tutti i Pinki dovranno replicare lo schema imposto dal macro-cosmo dell’autorevolezza e in caso la poesia non piaccia, tacere, mentire anche, scrivere che è bellissima. Se un micro-Pinko impazzito si mette in testa di scrivere che magari da una critica del testo, emerge che i versi sono un poco datati, si scatena l’inferno, esattamente come quando si critica un personaggio famoso o il direttore di una collana editoriale. Tutti i Pinki usciranno dal nido per difendere il membro della famiglia attaccato dall’interno, e sorvolando completamente sulla critica del testo, addurranno motivazioni puramente emozionali e scevre di logica per difendere il loro membro, attaccando chi critica. Lo stesso accade quando si critica la poesia di un editor, tutti i suoi seguaci, come globuli bianchi, interverranno a difesa di una lirica che, ad un esame obiettivo, potrebbe essere orrenda, ma tant’è, siccome l’ha scritta un editor autorevole, allora non si può criticare, perché è Poesia con la P maiuscola. Si tratta di atteggiamenti specchio di una mentalità imposta dall’alto, da un potere che ti dice che chi è autorevole non può essere criticato da nessuno, e può dire qualunque stupidaggine perché è stato deciso che è influente, prestigioso, ha autorevolezza per dire qualunque cosa. Questo avviene in tutti i campi dello scibile e dell’arte; vi sono stati periodi in cui cantanti di musica leggera avrebbero potuto sull’onda del successo cantare persino gli elenchi dei nomi delle Pagine Gialle per ottenere consensi e riconoscimenti e viceversa coloro come Rino Gaetano che, allotri e non schierati, hanno avuto zavorra disseminata sulla loro strada e, una volta emersi per indubbio talento individuale iningabbiabile, son stati cloroformizzati da case discografiche allineate al potere e oppiatrici di talento vero ed eccentrico.

Il guaio è che questo tipo di mentalità non riguarda soltanto gente incolta, che non ha mai preso un libro in mano, ma soprattutto intellettuali che, quando si critica qualcosa, intervengono pronti a parlare di autorevolezza o di amicizia nel caso la critica sia rivolta ad un amico.

Il circolo dei poeti falsi poi, nel caso Pinko Palla critichi un amico poeta, scriverà in segreto all’amico criticato, invocando, assieme a tutti i demoni dell’inferno, ostracismo perpetuo per lo stramaledetto odiato Pinko che ha osato esprimere a voce alta un suo parere sincero. Lo sanno tutti che gli amici non si criticano e che si predica bene, ma si razzola male. Come ha osato Pinko mettere in pratica uno dei punti fondamentali del Destrutturalismo e non recensire bene un suo amico?

Non si fa, e poi non ha autorevolezza per farlo. Chi è? Nessuno, ci mancherebbe.

Nell’Italietta degli autorevoli, solo chi è stato toccato dalla mano del Signore, può permettersi di dire quello che vuole, sia nel macro-cosmo che nel micro-cosmo. I Pinko Palla non sono mica Palla Pinko, devono tacere e fingere, fingere e tacere.

È così che la poesia se la prende sempre nel belvedere che non si vede e che ormai cede.

Del resto al talento ormai chi crede più?

Basta un inchino, una riverenza e niente più, cade tutto e si va giù.

Ma si badi bene, questa logica non è solo figlia dell’assuefazione al consenso motivato da interesse ed adesione ad un potentato culturale; essa è gemella e consanguinea, quand’anche non generatrice essa stessa, della desuetudine al confronto ed al rispetto della norma dialettica più elementare; Hegel per questa gente è un alienato a parlare della possibilità di addivenire ad un accordo sintetico sulla base dello scontro tra tesi ed antitesi; abbiamo conosciuto virgulti d’Accademie (parola omnicomprensiva) che avevano un solo target quando si interfacciavano col mondo, sapere se il proprio momentaneo interlocutore era allineato o meno alla logica del vertice della propria macro o micro unità organizzativa; così il cervello si sterilizza e l’afflato baudelairiano della attitudine artistica a godere della folla, cioè a confrontarsi con le varie personalità, si elide generando una nomenclatura di automi che non pensano, ma al massimo riferiscono; e, si badi, è una logica para-crociana che chi scrive si è sentito vomitare addosso già all’epoca pre-sessantottina, da docenti votati ad annullare la personalità autonoma di allievi fin troppo indipendenti e perspicaci, nell’ottica dello strutturare i discenti, etimologicamente da struo, che sapete che significa primariamente e prioritariamente? Disporre a strati, ammucchiare, ammassare! Noi, in questo sito vogliamo smucchiarci, isolarci, diversificarci! Con buona pace degli accatastati! Prosit.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

Comment (1)

  1. Claudio

    Io invece vorrei darti torto. Dirti che non è così, che almeno la maggioranza delle persone sanno essere obiettive, al di là di amicizie, di doppi fini nascosti, di sete di potere, di appartenenze politiche e di culti dell’apparenza. Ma non posso. Perché queste sono le cose che contano nel mondo. E non l’onestà, meno ancora quella intellettuale. La cosa peggiore è che molti nemmeno si rendono conto dell’inganno in cui vivono. Accettano ciò che è imposto loro dall’alto senza farsi domande. D’altronde sono bombardati da menzogne fin dalla nascita. La più subdola è quella secondo cui se uno ce l’ha fatta è perché ha talento. In realtà chi ha talento, se ce la fa è solo grazie alla sua appartenenza a un gruppo di potere. Infatti storicamente c’è stata tanta gente di talento che è emersa solo dopo morta. Quando non dava più fastidio a nessuno. È una ipocrita menzogna raccontare che se non ce l’ha fatta in vita è perché, chessó, era troppo avanti. Eppure la gente ci crede. Guarda un Van Gogh e pensa: “Poverino. Non l’hanno capito.”

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