Il poeta e l’uvamusa

Il poeta e l'uvamusa

Il poeta e l’uvamusa

Di Mary Blindflowers©

Il poeta e l'uvamusa

The Cry of the Dog, mixed media on canvas by Mary Blindflowers©

 

La poesia come comunicazione nell’incomunicabilità dei “poeti” verso l’esterno e dei “poeti” tra loro, “poeti” arroccati da secoli e millenni dentro una candida e sigillata torre d’avorio con su scritto: sacro e intoccabile. Si prega di non disturbare.  Elitari, esclusivisti, costruttori di circoli chiusi da cui o si è fuori o si è dentro, laddove il dentro, laddove l’esserci, sembra diventare essenziale, tanto da dimenticare l’essenza, in un’ontologia programmatica e predisposta ad hoc che tradisce una logica settaria, autoreferenziale e superba sempre negata ma piuttosto palpabile ed evidente nei discorsi, nei gruppi letterari, nelle adunate e readings in cui “poeti” dello stesso bordone, si riuniscono. La loro chiusura dentro l’esigenza di essere solo amici dei plaudenti, indipendentemente dai contenuti, limita il cammino della poesia, mette ai piedi della stessa una palla di ferro che le impedisce di muoversi verso mondi migliori, verso l’osservazione della realtà.

Forse assieme all’editoria corrotta che fa la parte da leone, è colpa anche dei cosiddetti “poeti” o di coloro che si ritengono tali, se la poesia naviga in cattive acque, è colpa di chi dice che tutto sia stato detto o scritto, se i comuni mortali non sentono amore per la poesia, che è vissuta, ancora alle soglie del 2020 come un’algida lontana dea a cui anacronistici signori attempati e giovani mezzo cecati e fuori dal mondo, tributano onore con spasimi e cuore che fa rima con tremore.

Se solo i poeti scendessero dagli scranni, quanto migliorerebbe lo stato della poesia?

Non si sa, chi può rispondere a questa domanda? Di certo però se chi dice di essere un poeta, perdesse meno tempo a definirsi e più tempo ad osservare, non sarebbe una cosa negativa, bensì un primo debole passo verso la salvezza di una forma d’arte che si spera non muoia ma che sta naufragando nella prosa delle canzonette e dei poeti che si chiamano poeti da soli, senza aspettare che siano gli altri a farlo, gente a cui possiamo augurare di buttarsi dalla torre d’avorio di cui sopra.

 

Il poeta e l’uvamusa

 

Non sia che l’occhio umano manifesti

orridi limi in lucidi pretesti,

non sia che la ragione si ridesti

all’uvamusa sonno del limitato suo barbaglio,

non sia che questa lirica desueta

posto il ragliobaglio in zuppa d’aglio,

la mangi a cena con il cacio e feta,

o tu poeta, che componi versi giusto per comporre,

unendo il dispiacere con l’aborre,

mi domando, perché non ti butti da una torre?

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

https://www.youtube.com/watch?v=IDhbZeZOBb0

 

 

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