Le griglie di Mondrian?

Le griglie di Mondrian?

Le griglie di Mondrian?

Di Lucio Pistis & Sandro Asebès©

Le griglie di Mondrian? Meglio un bel piatto di triglie!

Le griglie di Mondrian

 

Pieter Cornelis Mondriaan, meglio conosciuto come Piet Mondrian (Amersfoort, 7 marzo 1872 – New York, 1º febbraio 1944), era un olandese che disegnava innocuamente e piuttosto bene paesaggi, alberi, specchi d’acqua con raffinati particolari ad effetto, alcuni dei quali venduti da famose case d’asta a cifre consistenti. Piet però non è famoso per i suoi paesaggi, ma per le sue figure geometriche colorate. Stancatosi un bel dì di dipingere alberi impressionisti ben definiti, ma poco originali, decise di optare per qualcosa di diverso, che gli facesse “raggiungere l’armonia tramite l’equilibrio dei rapporti fra linee, colori e superfici”. Fu così che il buon Piet smise di disegnare per dipingere il nulla che descrisse magistralmente in una lettera a Hans-Peter Bremmer nel 1914:

«Costruisco combinazioni di linee e di colori su una superficie piatta, in modo da esprimere una bellezza generale con una somma coscienza. La Natura (o ciò che ne vedo) mi ispira, mi mette, come ogni altro pittore, in uno stato emozionale che mi provoca un’urgenza di fare qualcosa, ma voglio arrivare più vicino possibile alla verità e astrarre ogni cosa da essa, fino a che non raggiungo le fondamenta (anche se solo le fondamenta esteriori!) delle cose… Credo sia possibile che, attraverso linee orizzontali e verticali costruite con coscienza, ma non con calcolo, guidate da un’alta intuizione, e portate all’armonia e al ritmo, queste forme basilari di bellezza, aiutate se necessario da altre linee o curve, possano divenire un’opera d’arte, così forte quanto vera.»

Nacquero così i famosissimi “quadri a griglia”, ciofeche innominabili e quotatissime, non si sa bene per quale oscura ragione filosofica chiamate “arte”, presenti nei musei, agognate dai collezionisti di fuffa che fa rima con truffa. Pennellate banali e monodirezionali, colori primari, zero tecnica, ma soprattutto zero comunicazione.

A noi personalmente sfuggono tutti quei significati filosofico-esistenziali o teosofico-misteriosofici dei profeti critici esaltatori dell’essenzialità, quelli insomma per i quali anche un punto al centro di una tela bianca rappresenta un’opera di grande valore artistico-pittorico. Ignoriamo i motivi per cui i dipinti di Mondrian siano stati definiti stupefacenti e rivoluzionari. C’è addirittura chi sostiene che i suoi dipinti siano stati realizzati con accuratissimi studi sulla “composizione neoplastica” e che siano molto difficili perfino da riprodurre.

Altri interpretano i suoi dipinti come una sorta di “dovere mistico” verso “l’astratta bellezza” perché nelle sue tele si riprodurrebbe l’essenza e la vastità della natura sarebbe contenuta nei suoi rettangoli e quadrati dove si concentrerebbe l’unità, la grandezza, e bla bla… Di quale essenza si parli non lo sappiamo. Del resto se anche noi che non sappiamo nemmeno disegnare creassimo un punto al centro di una tela, potremmo immaginare che quel punto sia il bindu, l’origine, l’ombelico del mondo, oppure un punto punto, quello dopo il quale si deve andare a capo con la maiuscola, o un neo, un simbolo essenziale, etc. Insomma, in parole semplici, potremmo passare ore a filosofare e concettualizzare su quel ridicolo punto, che alla fine, senza contesto perde il significato. Non riusciamo a vedere dentro un rettangolo di vari colori l’intero universo, ma un concettualismo che tende verso il nulla, come il nostro punto.

Mondrian forse si rese conto che i suoi alberi innocui non avrebbero potuto suscitare interesse, erano alberi come tanti, disegnati benissimo, certamente, ma solo elementi di una natura che anche altri sapevano rappresentare. Sostituire l’albero con le griglie gli ha garantito il successo in un mondo in cui spesso vince il nulla per il nulla in un’arte che sa di nulla.

Aggiungeremmo che Mondrian con questa scelta rivaluta ed equipara pindaricamente l’asserto del grande cinocefalese che faceva orgoglioso discrimen tra sé, poeta e gli ἀνδριανταποιοί, i facitori di statue: “Non sono un facitore di statue, non produco figure che stanno sul piedistallo immobili, ma sopra ogni nave, ogni barca salpa, o dolce canto, da Egina annunciando che Pitea il figlio possente di Lampone vinse la corona nel pancrazio a Nemea!” traducendo semanticamente: “Una statua rimane lì e devi raggiungerla per vederla ed apprezzarla; la mia poesia vola di bocca in bocca, da convito a convito e diventa imperitura in ragione della sua mobilità!”; ecco, Pindaro non poteva immaginare che i sudoku di Mondrian se ne sarebbero fregati della motilità ed amovibilità delle sue poesie e di tutti quelli che poetano; poiché un’opera come la sua viaggia di bocca in bocca per riempire, a nostro modestissimo parere, le stesse di risate contagiosissime! La fama diffamante di “dipinti” così inespressivi ed afasici viaggia di risata in risata, di bestemmia in bestemmia, soprattutto da parte degli artisti veri e comunicativi ed originali nelle loro creazioni. Quanto a composizione neoplastica, siamo totalmente d’accordo: le opere di Mondrian rappresentano davvero un cancro sociale! Nel senso più letterale possibile, poiché esse crescendo e diffondendosi tolgono linfa alle cellule sane dell’arte! Evitiamole!

Noi alle griglie di Mondrian preferiamo un bel piatto di triglie.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

https://www.youtube.com/watch?v=wW1SpVc2SrE

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