Visibilità bluff e autorecensioni

Visibilità bluff e autorecensioni

Visibilità bluff e autorecensioni

Di Mary Blindflowers©

Visibilità bluff e autorecensioni

La visibilità, credit Mary Blindflowers©

 

La visibilità è il dramma vampiresco che attrae l’uomo qualunque, la ridondanza dell’abusato e monopolizzato detto coniato da Oscar Wilde, tanto comune alla gente che fa spettacolo: “l’importante è che se ne parli, bene, male, poco importa”, l’importante è esserci.

Ma ci si chiede a questo punto, essere dove? E che reale connotazione assume questo verbo?

Della vera portata del tanto lodato e famoso essere, poco importa davvero a nessuno, è la posizione strategico-ontologica che esige attenzione.

E dove si situa tale posizione?

Ma dappertutto ovvio, e non importa se non si sa fare letteralmente niente, perché la visibilità non esige talento ma soltanto imposizione d’echi ripetuti all’infinito sull’appunto incidentale e illusorio del nome.

E in cerca del mito fallace della visibilità, per uscire dal greve e oscuro anonimato, cosa non farebbe l’uomo medio?

Machiavellicamente il fine giustifica i mezzi che sono tutti buoni pur di farsi citare fosse anche in un piccolo blog. Così accade che questo piccolo blog, il nostro nella fattispecie, riceva come proposta di pubblicazione articoli in cui l’autore parla di se stesso in terza persona, come se fosse un altro a parlarne, e in poche parole si recensisce da solo, elogiandosi e pensando che chi legge sia un perfetto imbecille per non accorgersi che quell’articolo è un autoreferenziale aborto mal riuscito che non verrà mai pubblicato.

Oltretutto l’incipit dell’articolo ripete a pappagallo e completamente a sproposito il termine “subnullismo” utilizzato da me in alcuni articoli. L’autore aveva forse il desiderio di creare empatia? Chissà! Non so, forse voleva aderire in qualche modo alla linea del blog, copiando e storcendo il significato della parola stessa, adattata, violentata, piegata ad una logica che non è nemmeno la sua: “Subnullismo, leggerezza, elaborazione del suono della voce, molteplicità delle influenze sono per i … punti di partenza per questo progetto di scrittura musicale naif a quattro mani…” E poi insiste: “I … operano con un particolare algoritmo: dissolvendo e scarnificando i ritmi (si sentano i suoni processati di batteria nel pezzo “Elettromanipolazione”) e spingendosi in una visione futurista mediante elaborazioni del suono che conferiscono roboticità alla voce della cantante…”

Non so nemmeno fino a che punto sia valida la psicologia di quanti sostengono che per creare simpatia occorra imitare i gesti e le parole dell’altro. So soltanto che le parole hanno un peso ed un senso e non si usano a caso. La visibilità è un bluff, essere visibili non è sempre indice di talento. Sta prendendo sempre più piede la brutta abitudine di recensirsi da soli con paroloni vuoti che dovrebbero impressionare chi legge.  Oltretutto lo scrivente citato, nel nostro caso, non ha capito per nulla il significato del termine “subnullismo”, nato per designare una connotazione negativa non positiva dell’essere umano-macchina che sta perfino al di sotto del nulla. Quindi il gruppo musicale dello scrivente starebbe al di sotto del nulla, per ammissione dello scrivente stesso che dubito si sia reso conto di questo.

Autorecensirsi utilizzando termini a caso di cui si ignora completamente il senso, è un’operazione che è diventata ormai comune e non soltanto nella rete ma anche sulla carta stampata dove alcuni si scrivono da soli un articolo che poi viene pubblicato e firmato dall’amico consenziente giornalista di turno.

Trovo tutto questo semplicemente deprimente oltre che immorale e deleterio per qualsiasi forma d’arte e cultura degne di questo nome.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

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