L’è, il non è, il gioco dei mondi

L'è, il non è, il gioco dei mondi

L’è, il non è, il gioco dei mondi

Di Mary Blindflowers©

L'è, il non è, il gioco dei mondi

L’ora del tè, credit Mary Blindflowers©

 

La volontà incoercibile dell’essere, piegato nella superbia ontologica dell’è per forza che riesumi cadaveri di strategica pienezza, contro il non-essere, contrapposizione non fenomenico sostanziale all’essere, concetto di metafisica estrema purezza, scaturito da un atto di maggiore identificazione dell’è. Niente infatti esiste senza il suo contrario, e qualcosa è in virtù del suo non-essere qualcosa d’altro. Si arriva in alcuni casi alla negazione cosmica della negazione identificata con il nulla.

Ma se la domanda è varietà d’attesa, alimentarla non è vano, purché aiuti la coscienza e la mente a svincolarsi dalle definizioni. Niente esiste e questo è un fatto, in sé e per sé la presunta pienezza d’essere è sempre filtrata da un mezzo che si presume a sua volta esistente: è l’occhio che guarda che vede, la mano che tocca che sente, il naso che odora che percepisce, la pelle che vive che reagisce agli stimoli esterni. Il fenomeno oggettivo è un’illusione di prospettive, di percezioni, di attimi filtrati da un agente che a sua volta è fenomeno. Non si può vedere il mondo senza occhi, allo stesso modo non si può immaginare un canguro se non dopo averlo visto, ma si può immaginare tuttavia qualcosa che non si è mai visto. Soltanto che l’occhio che vede un canguro vedrebbe il reale esistente, mentre la fantasia che immagina un animale straordinario, vedrebbe un non-sense, qualcosa che non esiste. Ma è davvero così? No, perché nel momento in cui viene immaginato, quel non-sense diventa improvvisamente esistente per chi lo ha immaginato, quindi ha una sua realtà essenziale che ha la stessa dignità metaforica di un canguro. L’assenza corporea non è indice di mancata esistenza. La percezione della realtà che limita l’essere soltanto ai contenuti filtrati dai sensi, è una falsa credenza ontologica. Noi siamo nella stessa misura in cui potremmo anche tranquillamente non-essere e la differenza tra un grado di esistenza reale ed uno ideale è data unicamente dalla percezione. Un riduttivismo che non riesce a spiegare il rapporto essenziale tra reale e immaginario i cui prodotti a volte hanno una realtà esulante dal concreto che diventa simbolo e metafora. Cosa rende un è percepito dai nostri sensi migliore e più accattivante o credibile di un è che non è, perché non può essere percepito coi sensi? E cosa ci spinge a dire che un oggetto esiste soltanto perché possiamo constatarne l’esistenza attraverso la percezione sensoriale? Un’errata e fallace prospettiva antropocentrico-illusionista che circoscrive l’è al fenomeno imbrigliabile e concretamente etichettabile. L’etichetta però è data da un filtro non solo suscettibile di errore ma anche molto limitato nelle sue capacità. Prima dell’invenzione del microscopio non si poteva vedere il nucleo di una cellula o certi microorganismi invisibili all’occhio. Chi siamo allora noi per decidere sulla base del percepito l’esistenza dell’oggetto?

L’esistenza e la non-esistenza diventano così aleatori, concetti d’astrazione propri di menti che filtrano e recepiscono su una base fallace che diventa legge in virtù di una visione strettamente antropocentrica.

Noi stessi potremmo essere cellule o microorganismi agli occhi di creature più evolute di cui potremmo ignorare completamente l’esistenza, e in questo senso come oggetti non percepiti e ignorati, potremmo anche non essere, dato che l’essere è un’etichetta apposta da soggetti che contemplano l’oggetto. A loro volta i presunti soggetti che ignorerebbero la nostra esistenza, potrebbero essere ignorati da altre creature superiori a loro, che però non riescono a percepirli, e così via all’infinito, nel parallelismo dei mondi possibili che potrebbero anche essere impossibili, perché ogni è trascina nella mente l’idea della sua contraddizione, quel non è che sembra far male ma che invece potrebbe far parte del gioco dei mondi di cui potremmo ignorare l’esistenza come soggetti e oggetti contemporaneamente, vittime e carnefici di un meccanismo di cui nulla sappiamo.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

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