Arupi Dracontius? Di che si tratta?

Collection of Vintage Rare Medicine Glass Bottles, 1950

Arupi Dracontius? Di che si tratta?

Di Mariano Grossi©

Collection of Vintage Rare Medicine Glass Bottles, 1950

Vintage Rare Medicine Glass Bottles, 1950, credit Mary Blindflowers©

 

Trovata per caso una bottiglietta presumibilmente anni 50 di un medicinale omeopatico con un’etichetta dalla dicitura Arupi dracontius, mi sono domandato di quale sostanza o pianta si tratti.

Il dracontium loretensepianta di origine amazzonica peruviana, è usato da millenni come antidoto al morso di serpenti velenosi per uso sia interno che esterno.
Secondo il dottor Roberto Inchuastegiu Gonzales, il suo principio attivo, la dracontina, può bloccare l’enzima proteasi, a mo’ dei farmaci attivi contro l’HIV. Dal 1989 al 1993 con uno studio su ammalati di AIDS egli dedusse che il dracontium e l’uncaria tomentosa, il primo con spiccata attività antivirale e il secondo immunostimolante, determinavano dopo sei mesi di terapia la remissione completa della malattia.
Con il blocco dell’enzima proteasi, il virus HIV produce copie imperfette non più trasmissibili: orbene, il veleno di serpente contiene la proteasi e le piante usate sono dei potenti inibitori di tali enzimi. Dal punto di vista botanico il 
dracontium o jergon sacha è una pianta con una unica foglia gigante e con un grosso stelo simile a una forma di serpente. Il rizoma contiene alcaloidi, flavonoidi, fenoli, triterpeni, saponine.
Per ora sappiamo che la pianta possiede 
attività antivirali, immunostimolanti, e anti AIDS: dove arrivino tali proprietà non è dato sapere, in quanto non ci sono sperimentazioni serie a tal proposito.
È curioso sapere che il frutto somiglia in modo impressionante a quello del nostrano 
arum maculato. 1

Se ne documentano più di 20 specie e tutte di ubicazione sudamericana.

Dalla specie in cui fu originariamente classificato il  Symplocarpus foetidus, la parola  Dracontium deriva dal Latino dracontium (degno di un drago) che a sua volta si basa sul Greco Antico δρακόντιον (drakóntion).

Plinio il Vecchio lo cita spesso nella “Naturalis Historia” (Libro, VIII, XI, XVIII, XXI,XXIV, XXVI):

Glaucias satu discrevit, dracontium silvestrem aron pronuntiando

(Glaucia fece una distinzione per la semina, col definire l’aro un draconzio selvatico)

aliqui radicem aron appellarunt, eandem vero dracontium, in totum alium, si modo hic est qui apud nos dracunculos vocatur

(Alcuni chiamarono aro la radice, invece draconzio la stessa, in tutto diverso, se tuttavia questo è quello che presso di noi è detto dracontea)

namque aros radicem nigram in latitudinem rotundam habet multaque maiorem et qua manus inpleatur, dracunculus subrutilam et draconis convoluti modo, unde et nomen

(Infatti l’aro ha la radice nera rotonda in larghezza e di molto più grande e con cui si riempie una mano, la dracontea sottile e al modo di un drago ritorto, da dove anche il nome)

quin et ipsi Graeci inmensam posuere differentiam: semen dracunculi ferveus mordaxque tradendo tantumque et virus, ut olfactum gravidis abortum inferret, aron miris laudibus tulere, primum in cibis feminam praeferentes, quoniam mas durior esset et in coquendo lentior; [144] pectoris vitia purgare, aridum potioni inspersum aut ecligmate urinam et menses ciere, sic et in oxymelite potum

(Anzi anche gli stessi Greci stabilirono una notevole differenza: col riportare il seme della dracontea caldo e caustico e anche di tanto veleno, che l’odore procurava l’aborto alle gravide, tramandarono l’aro con ammirabili lodi, preferendo dapprima quello femmina nei cibi, poiché il maschio era più duro e più lento nel cuocere; [144] guarire i mali del petto, immerso secco in bevanda o in unguento favorire l’urina e i cicli, così anche bevuto nell’ossimele)

stomacho interaneisque exulceratis ex lacte ovillo bibendum, ad tussim in cinere coctum dedere ex oleo

(Da bere per lo stomaco e le ulcere interne con latte di pecora, per la tosse dettero con l’olio quello cotto nella cenere)

alii coxere in lacte, ut decoctum biberetur

(Altri l’hanno cotto nel latte, affinché si bevesse il decotto)

epiphoris elixum inposuere, item suggillatis, tonsillis

(Misero per le lacrimazioni quello lessato, anche per le contusioni e le tonsille)

Glaucias ex oleo haemorrhoidum vitio infudit, lentigines ex melle inlinens

(Glaucia l’infuse con olio per il male delle emorroidi, spalmando le lentiggini col miele)

Di Arupio parla invece Tibullo (IV,1, 107-110) con riferimento alle campagne di Ottaviano Augusto nella regione balcanica (35-33 a.C.):

Nam bellis experta cano: testis mihi victae

Fortis Iapidiae miles. Testis quoque fallax

Pannonius, gelidas passim disiectus in Alpes.

Testis Arupinas et pauper natus in armis

Si tratta di una città dell’attuale Croazia corrispondente all’attuale Prozor.

Resta da chiarire l’abbinamento sull’etichetta del medicinale rinvenuto, tra il Draconzio e Arupio; Plinio ne parla come di una pianta egizia quindi poco verosimile pensare ad una crescita del ceppo a latitudini molto meno torride come quelle mediterranee. Sintomaticamente oggi la pianta viene coltivata soprattutto nelle aree amazzoniche e del continente latino-americano. 

Collection of Vintage Rare Medicine Glass Bottles, 1950

Vintage Rare Medicine Glass Bottles, 1950, credit Mary Blindflowers©

 

1 Tratto da “Scienza e Conoscenza.it” (https://www.scienzaeconoscenza.it/blog/medicina-non_convenzionale/dracontium-loretense-la-pianta-di-origine-amazzonica-che-puo-curare-l-aids

)

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