Allora evviva la pastasciutta

Allora evviva la pastasciutta

Allora evviva la pastasciutta

Di Mary Blindflowers©

 

Allora evviva la pastasciutta

La cena, credit Mary Blindflowers©

 

In piena dittatura fascista, parecchi anni dopo il delitto Matteotti, esattamente Il 28 dicembre 1931, sulla Gazzetta del Popolo di Torino, Filippo Tommaso Marinetti che si era sempre dichiarato accademico e poi era diventato a sua volta accademico, che si era dichiarato favorevole alla svaticanamento dell’Italia, e poi aveva sostenuto dall’inizio alla fine un regime che ha rafforzato enormemente la Chiesa, bonjour cohérence, non trovava di meglio, in anni così drammatici per la storia d’Italia, che combattere per l’abolizione dei nostrani grovigli di pastasciutta, contro cui riteneva davvero indispensabile lottare per salvare stomaci e nazione, condendo il proclama della cucina futurista con un abominevole invito alla “chimica, ai grassi sintetici e alle vitamine”, nonché ai “nutrimenti gratuiti di Stato in polvere o pillole”.

Forse gioveranno agli inglesi lo stoccafisso, il roast-beef ed il budino, agli olandesi la carne cotta con il formaggio, ai tedeschi il sauerkraut, il lardone affumicato e il cotechino; ma agli italiani la pastasciutta non giova. Per esempio, contrasta collo spirito vivace e coll’anima appassionata e generosa intuitiva dei napoletani. Questi sono stati combattenti eroici, artisti ispiranti, oratori travolgenti, avvocati arguti, agricoltori tenaci a dispetto della voluminosa pastasciutta quotidiana. Nel mangiarla essi sviluppano il tipico scetticismo ironico e sentimentale che tronca spesso il loro entusiasmo. Un intelligentissimo professore napoletano, il dott. Signorelli, scrive: “A differenza del pane e del riso, la pastasciutta è un alimento che si ingozza, non si mastica. Questo alimento amidaceo viene in gran parte digerito in bocca dalla saliva e il lavoro di trasformazione è disimpegnato dal pancreas e dal fegato. Ciò porta ad uno squilibrio con disturbi di questi organi. Ne deriva: fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica e neutralismo”.
La pastasciutta, nutritivamente inferiore al 40% della carne, al pesce, ai legumi, lega con i suoi grovigli gli italiani di oggi ai lenti telai di Penelope e ai sonnolenti velieri, in cerva di vento. perché opporre ancora il suo blocco pesante all’immensa rete di onde corte lunghe che il genio italiano ha lanciato sopra oceani e continenti, e ai passaggi di colore forma rumore che la radio-televisione fa navigare intorno alla terra? I difensori della pastasciutta ne portano la palla o il rudero nello stomaco, come ergastolani o archeologi. Ricordatevi poi che l’abolizione della pastasciutta libererà l’Italia dal costoso grano straniero e favorirà l’industria italiana del riso.
… invitiamo la chimica al dovere di dare presto al corpo le calorie necessarie mediante equivalenti nutritivi gratuiti di Stato in polvere o pillole, composti albuminodei, grassi sintetici e vitamine. Si giungerà così ad un reale ribasso del prezzo della vita e dei salari con relativa riduzione delle ore di lavoro. Oggi per duemila kilowatt occorre soltanto un operaio. Le macchine costituiranno presto un obbediente proletariato di ferro acciaio alluminio al servizio degli uomini quasi totalmente alleggeriti dal lavoro manuale. Questo, essendo ridotto a due o tre ore, permette di perfezionare e nobilitare le altre ore col pensiero le arti e la pregustazione di pranzi perfetti. In tutti i ceti i pranzi saranno distanziati ma perfetti nel quotidianismo degli equivalenti nutritivi”.

L’8 marzo 1831 nella Taverna Santopalato, venne organizzata la prima cena futurista che prevedeva:

Antipasto intuitivo: in pratica elaborati cestini ottenuti scavando opportunamente la buccia dell’arancio, riempita di salame “di autentico porco e sottaceti Cirio”, il tutto trafitto da piccoli bastoni di grissini e da bigliettini che si sputavano, si aprivano e si leggevano enfaticamente ad alta voce; Carneplatico: grande polpetta cilindrica di carne di vitello ripiena di undici qualità diverse di verdure cotte. Alla base un anello di salsiccia che poggiava su tre sfere di carne di pollo; non mancavano le aerovivande dedicate al tema dell’aereo, concertate in modo che il commensale mentre mangiava poteva accarezzare con la mano sinistra sulla tavola, della carta vetrata, del velluto, della seta, così da riportare sensazioni tattili secondo i principi del “tattilismo”, tanto caro al poeta futurista…

Per preparare il Salmone dell’Alaska ai raggi del sole con salsa Marte, si prende un bel salmone dell’Alaska, lo si trancia e passa alla griglia con pepe e sale e olio buono finché è bene dorato. Si aggiungono pomodori tagliati a metà preventivamente cotti sulla griglia con prezzemolo e aglio. Al momento di servirlo si posano sopra alle trance dei filetti di acciuga intrecciati a dama. Su ogni trancia una rotellina di limone con capperi. La salsa sarà composta di acciughe, tuorli d’uova sode, basilico, olio d’oliva, un bicchierino di liquore italiano Aurum, e passati al setaccio. (Formula di Bulgheroni, primo cuoco della Penna d’Oca)”…

Inutile continuare. Si trattava di una serie di piatti assurdi, strampalati, con discutibile e barocca commistione di dolce-salato, già nota ai popoli antichi e capace di nauseare gli stomaci più forti. Piatti degni in tutto e per tutto di una autentica cena Trimalcionis in versione fascisto-delirante, con la scrupolosa italianizzazione dei nomi in ossequio al regime.

Il Manifesto della Cucina futurista fu una ridicola parata di cervelli sotto la libertà vigilata della dittatura.

A noi oggi non resta che dire viva la pastasciutta, preferibile ai raggi di sole in salsa di Marte, specie se fatta di grano non geneticamente modificato dalla chimica di derivazione futurista.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

https://www.youtube.com/watch?v=VkrRyz8JULo

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