Editoria garanzia, l’epoca degli struzzi

Editoria garanzia, l'epoca degli struzzi

Editoria garanzia, l’epoca degli struzzi

Di Mary Blindflowers©

Editoria garanzia, l'epoca degli struzzi

La santità, credit Mary Blindflowers©

 

L’editore è una garanzia. Eccolo, il mondo editoriale che corre verso l’evidenziazione e la pubblicizzazione del politicamente agganciato, verso l’affermazione del sé, carisma individuale universalmente accettato, purché ci sia un partito, un’associazione e l’affiliazione ad amici che contano. In un universo concentrazionario  che registra presenze importanti dietro il soggetto aspirante a fama e successo, si aggirano come ectoplasmi nel social-spazio digitale, persone che affermano con sicurezza da manuale delle giovani marmotte che si sono perse nel bosco di Alice nel Paese delle Gozzoviglie, che il grosso editore sia una garanzia. In pratica se un libro viene pubblicato da un editore che conta, offrirebbe sicurezza di qualità. E il bello è che questo ragionamento da quinta elementare nemmeno terminata, viene fatto non dal fruttivendolo sotto casa che magari è pure colto e legge Kafka ma è costretto in un’italietta assolutamente non meritocratica, a fare un lavoro inferiore alle sue possibilità, no! Questo ragionamento da larve semi-incoscienti viene fatto da gente che pensa di sapere se è nato prima l’uovo o la gallina e che consiglia con ansia maniacale da esperto e foto in bella vista, letture di libri a manca e a destra, ovviamente tutti libri pubblicati dalla grossa editoria, come si diceva una volta e si dice ancora oggi: “un nome, una garanzia”.

Un atteggiamento da struzzi che ignora completamente i meccanismi reali dell’editoria italiana, fatta di compromessi, politica, amici degli amici, recensori spesso fasulli, gente che parla di libri che non ha mai realmente letto, autori che non hanno mai fatto gavetta in vita loro e che per intercessione della Vergine Maria che forse non è più tanto Vergine e illibata, e di tutti i santi del Paradiso delle possibilità, pubblicano il loro primo e dico primo libro con un editore di grido che, appunto perché è da urlo, a squarciagola pubblicizzerà l’opera e l’autore come fenomeno editoriale dell’anno, dirà che ci si trova davanti a un best-seller, gonfiando un poco magari le cifre delle vendite. Insomma la pubblicità-regresso all’ingresso della bocca dell’inferno parlerà di un libro imperdibile, che tutti gli uomini di buona affiliata e mai affilata volontà dovrebbero avere nella loro libreria personale. Ci sarà chiasso, curiosità. Poi magari l’autore andrà in televisione e darà un parere su tutto e su tutti, perché dopo aver pubblicato il sublime capolavoro della sua vita, (che magari, anzi spesso e volentieri, è un déjà-vu di cose già scritte e già sentite), è diventato come Salomone e qualunque castroneria dica, sarà ben detta perché l’ha detta lui, uno che ha la garanzia della grande editoria, l’unto del Signore, il prescelto, il prediletto da dio. Come questa garanzia sia stata ottenuta e come dio abbia deciso di stendere la sua diafana e impalpabile mano sulla sua testa di genio, alla gente non deve importare, perché diventa nell’economia generale dell’economia del libro, soltanto un particolare senza alcuna rilevanza storico-statistica. E se qualcuno fa notare che magari quell’autore garantito non scrive poi così bene, schiere di servi si ribellano all’offesa contro l’autore preferito dal sistema vigente, perché non c’è niente di più intoccabile di ciò che viene presentato da chi conta come autore che conta, un due tre, egli è il re!

Ma tutto questo è fare letteratura? Tutto questo è meritocraticamente arte? O non è piuttosto un guazzabuglio d’inferno dove il genio creativo e la capacità di scrittura valgono meno di zero? Una specie di corte dei miracoli, composta di servi, imbroglioni, imbonitori da piazza e falsi miti?

Nessuno se lo domanda perché ai vari consiglieri di lettura sui social non importa una pera secca del libro in sé, gli importa farsi notare con commenti sempre positivi ai libri pubblicati da un sistema che tutti sanno essere corrotto ma a cui nessuno si ribella apertamente, perché sarebbe una compromissione della propria sfolgorante carriera spesso solo sognata, dire le cose come stanno. Troppo compromettente dire che la maggior parte di quelli che vengono definiti “casi editoriali”, sono libri spesso scritti pure male e concepiti peggio, testi inutili di raccomandati di partito o dei figli nullafacenti dell’upper class; troppo rischioso affermare che la maggior parte degli editor che decidono chi è degno di essere pubblicato e chi no, sono a loro volta servi e schiavi di logiche politiche. Meglio tacere, far finta di nulla, dire che i grossi editori fanno cultura a 360 gradi, invitare la gente a comprare l’ultimo libro del divetto del momento, affermare a gran voce che si premia il talento, che si eleva la meritocrazia, che si scelgono gli autori sulla base di quello che scrivono, non sulla base di chi li manda o di chi li sostiene politicamente o di chi sono figli.

Così tutto continua come prima, col silenzio-assenso di ciascuno, colpevole a sua volta di sostenere l’immorale giro della pseudo-letteratura nepotistica di partito, di dire che il grosso editore è una garanzia di indiscutibile qualità, di ostracizzare e isolare chiunque cerchi invece di dire le cose come stanno, accusandolo di invidia o risentimento o superficialità di giudizio o addirittura di follia.

Come diceva Bukowsky, “certe persone non impazziscono mai. Che vita orribile devono vivere”.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

Comments (2)

  1. Mariano Grossi

    Analisi esaustiva. Si può vincere il Premio Strega e dopo due anni essere tornati dei perfetti sconosciuti…magari perché qualcuno all’Einaudi si è poi accorto dopo averti pubblicato che parli di “caldo torrenziale”, scrivi “beneficienza” e pretendi di paludare di psicologismo moraviano le tue meravigliose supercazzole con scappellamento a destra e a sinistra!

  2. Claudio

    Senza contare che molti libri, sopratutto di persone famose, sono scritti da ghost writer che non guadagnano un decimo di quanto guadagna il falso autore. E poi c’è da dire che i libri pubblicati dai grossi editori sono tutte opere migliorate, rispetto all’originale, dal lavoro di fior fiori di editor e redattori di bozze. Se il lavoro finale è ancora scarso, immagina come doveva essere prima! Comunque chi compra i libri nemmeno immagina queste dinamiche, e se lo fa, smette di comprarli. È tutto molto triste, avvilente, persino per chi ci lavora, nelle case editrici. Ma le case editrici sono costrette a lavorare in questo modo. Perché il sistema ha creato dinamiche e obblighi nei confronti di chi ha potere, tali per cui è loro impossibile sottrarsi.

Post a comment