Cuori neri decadenti servofieri

Cuori neri decadenti servofieri

Cuori neri decadenti servofieri

Cuori neri decadenti servofieri

La maschera, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Cuori neri decadenti servofieri

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La semiscialba coscienza dell’aurora

ha un che di intramontabile e disdora

la luce intermittente che scolora

l’attimo ruggente della fama.

C’è chi muove la sua dama,

c’è chi chiama, chi risponde a vagiti post-industriali

tra metalli arrugginiti, chiodi, iodi e nodi bipartiti.

C’è chi non ha deciso decidendo.

L’anatimiasis dell’insetto editoriale ha un che di ludico,

bestiale, è un precetto da vincenti laureati.

Marciano lustri, decadenti e servofieri.

Hanno tutti avariati cuori neri.

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Servi, cavalieri

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Servi, cavalieri, balanieri e bietolai,

 sfagiolanti libri doc privi shock,

tutti compìti impettiti fieri molli calamai,

come ceri spenti dentro un water,

polli tipo da tic toc, scrittori

bussano alle congiunzioni dei notai,

propinano con ciabatte al pelo

estreme unzioni alla poesia del cielo,

nelle agnizioni della loro sottocategoria

delle stagioni.

Parolai,

tempi morti di pianeti estinti

radunano masse agli asinai

per il ministero dei trasporti,

hanno perlomeno i labbri tinti?

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La civetta è un cigno dalla bocca stretta

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Commentate pubblicamente, parola magica per far sparire gente, chiuditi sesamo immediato, non si può conciliare lo iato tra pubblico e privato, poeta, non vedi che il tunnel è otturato? Il coniglio frantumato, gli autori divelti, compatti nelle soluzioni finali. L’uscita è persa nelle chiavi di volta dei pitali, travolta dalla girastolta del buio sulla pista a cera. Le luci a intermittenza, la sera, danneggiano la vista, i culti sacri hanno comunque piedi svelti ma i richiedenti sono poeti calafatati, scelti forse o pre-ordinati dall’agricoltore?
Le orse non credono alle favole in cui stanno, loro è il danno, il motore, la memoria, l’indifferenza alla più fitta gloria. Di notte sentono le avole che danzano tra i rari artigli buoni. La civetta è un solo un cigno dalla bocca stretta ma senza troppi appigli, senza doni. Che la letteratura vi perdoni.

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