Confutazione, citazionismo social, letture

Confutazione, citazionismo social, letture

Confutazione, citazionismo social, letture

Confutazione, citazionismo social, letture

Monotipo, Il Subconscio, by Mary Blindflowers©

 

Di Mary Blindflowers©

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Suoniamo le campane, cospargiamo le nostre teste di cenere scura, battiamo i pugni sul petto e cantiamo le funebri orazioni, come un tempo facevano le prefiche; intoniamo nenie ipnotiche che ci portino nell’alienazione post-rito di cui ha parlato De Martino nei suoi scritti su morte e pianto rituale.

Addoloriamoci, dunque, e disperiamoci.

Siamo tutti in lutto.

Perché?

Perché è morta la confutazione.

La confutazione, dal latino confūtare, ossia ribattere ad una tesi sostenuta con un’antitesi che sia ragionevole e che adduca delle prove e testimonianze probanti avverse, per smontare l’ipotesi con un’altra ipotesi forte e convincente, è spirata. È deceduta sulla piattaforma dorata e insensata del citazionismo compulsivo, è schiattata dentro il vento irrazionale e animalesco dei social, dove l’importante è esserci, affermandosi come ontologia necessaria che non serve in realtà a nessuno, se non ad una evidenza fenomenica dello stare al mondo senza scopo di ragione.

Colui che sostituisce la confutazione con il citazionismo spiccio, solitamente ha scarse basi culturali, anche se ostenta letture poderose e cita Kant, i filosofi greci di cui non ha mai letto per intero nemmeno un libro, ma frammenti sparsi qua e là nell’incoerenza sfilacciata e decontestualizzata della rete. E cita, cita. Non gli piace un articolo? Che fa? Non lo smonta punto per punto per dimostrarne l’errata consistenza, preferisce consigliare all’articolista la lettura di questo o quell’autore che avrebbe affrontato il problema prima di lui. Poi che il citazionista non sappia nemmeno di che problema si stia parlando, poco importa. Citare Kant fa sempre colpo, perché colloca il compulsivo dentro un limbo di pseudo-intellettualetti che, infarciti di buoni frammenti bignameschi di gusto pessimo e altrettanto scadente pensiero, combattono citando tutto ciò che non approvano. E a volte basta anche soltanto leggere il titolo per non approvare, non è nemmeno necessario visionare l’articolo, ci vuole troppo tempo. La priorità di leggere e poi capire e poi eventualmente confutare viene sostituita col protagonismo che consente di primeggiare nel nulla, attraverso l’ostentazione forzata di una cultura che non si possiede.

Ma facciamo un esempio di citazionismo spiccio.

Sotto un post sul bluff del’ontologia, una signora consiglia di leggere Kant. Alla signora vien detto che un suggerimento di lettura, presupponendo l’ignoranza altrui, non è una confutazione. Meglio fare le maestrine che confutare.

La signora risponde così: “Non era certo mia intenzione fare la maestrina, solo intendevo brevemente dire che Kant, a quanto pare, aveva risolto il problema, per cui bastava rileggerlo. Inoltre mi riferivo all’autore dell’articolo, non certo a lei che lo ha postato”.

L’interlocutore risponde: “Lo ha letto senza aprirlo, perché non si è nemmeno accorta che l’autore dell’articolo sono io”, e la invita successivamente a confutare l’articolo stesso.

La signora dice di non avere argomenti propri per confutare, che la sua confutazione è Kant, senza spiegare nient’altro, e questo basta.

L’interlocutore la invita nuovamente a confutare il suo articolo appoggiandosi a Kant, usandolo argomentativamente per sostenere le sue ragioni.

La Signora si offende dicendo di essere pentita di non aver ignorato l’articolo e rifiuta la confutazione.

Perché, a questo punto ci domandiamo, è così difficile confutare?

Perché la confutazione presuppone un ragionamento. Se si utilizza un filosofo per distruggere la tesi di un articolista, punto per punto, occorre conoscere molto bene quello stesso filosofo e capire esattamente di cosa si stia parlando, creando dei collegamenti che presuppongano un certo lavoro sinaptico. La confutazione non è di moda perché costa fatica, perché presuppone uno sforzo argomentativo che non tutti sono in grado di sostenere.

Però la stessa persona che non sa utilizzare la sua stessa citazione per costruire una contro-tesi che abbia un senso compiuto e che stia minimamente in piedi, si permette di pensare che basta citare un grande filosofo per confutare senza confutare, confondendo il citazionismo frammentario e confuso, con la confutazione che giace morta stecchita, poverina, in un mondo in cui ci si occupa di più delle immagini pulverulente del proprio ego distonico, spiaccicato dappertutto, piuttosto che di far muovere due neuroni.

Se, come diceva Massimo Scaligero, il pensiero è movimento, direi che siamo fermi.

https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=Yh0bM0TNxhI

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