L’antropologia, morte, silenzio sciamanico

L'antropologia, morte, silenzio sciamanico

L’antropologia, morte, silenzio sciamanico

Di Pierfranco Bruni©

Un cimitero, credit Mary Blindflowers©

 

Sono erede di una antropologia della morte. Per un immaginario che ha perso il suo fascino. Ciò che realmente non muore è la morte. Non si tratta di un non morire alla morte ma di un non riuscire a sopravvivere alla vita. C’è una Antropologia della morte che non è fatta di riti lutto, manifestazioni funebri. Piuttosto di una educazione al saper morire scegliendosi la morte nel tempo più opportuno per il morente ancora in vita. 

È sottilmente nella cultura popolare. 

Come nel mondo degli sciamani. O degli Dei…

Gli sciamani decidono di andare a morire quando giunge il tempo della morte.

La cultura popolare è un disegno nella vita dei popoli. Attenzione. Da non  confondere con il “nazional-popolare”. 

La  cultura popolare è ciò che delle civiltà si trasmette e resta nell’immaginario come ricerca di tradizione. 

Usi costumi e sapientia

La morte è una idea di SAPIENTIA.

Non bisogna  più usare il concetto di immaginario collettivo. È un non estetico senso della parola. 

Immaginario crea tradizione. 

La morte è un immaginario e quando giunge è la morte che seppellisce l’immaginario. Si pensi ai popoli primitivi.

Ma la morte non è appartenenza ad una cultura condivisa.

Come diventa banale parlare di cultura condivisa. Non esiste il condiviso nella cultura ma il partecipato. Una cultura partecipata non condivisa.
Il popolare è uno strumento che recupera le schegge delle civiltà che si trasformano appunto in una memoria sensibile al riconoscimento.

La morte antropologica è un atto partecipato nel dialogo tra assenza e distanza. Diventa come la musica. 

La musica e la morte sono un indefinibili.
La musica è fondamentale per non perdere il contatto con la tradizione. 

Si trasmette con la PERCEZIONE  la EMOZIONE recuperata la SENSAZIONE che ha il brivido della MEMORIA,  il SENSO  ONIRICO e l’incontro tra Favola e quotidiano. 

Così la morte. 

Si muore per gli altri. Non per se stessi.
La musica è nella cultura popolare come la cultura popolare è  l’asse di una Antropologia delle civiltà. 

La morte è appunto la tradizione nella civiltà. 

Quando la musica diventa cultura popolare la vera antropologia si fa metafisica e le civiltà diventano popoli. La musica è raccontare la percezione delle tradizioni. Percezione. 

La morte si percepisce? 

Studiare i popoli antichi o vivere a contatto con le civiltà che hanno della morte un significante finito in un infinito di anime significa comprendere come la percezione è sempre più una metafisica degli archetipi.

Non si muore per sé.

I tamburi sciamani annunciano ma annunciano quando i sei giungono a toccare la CONOSCENZA.

La ANTROPOLOGIA DELLA MORTE è un ricercare la propria morte nella vita già vissuta. Nella vita abbiamo tutti un accampamento residuale. 

In questo accampamento piantare le tende è inutile.

Ciò  non significa che bisogna attendere la morte. Bisogna riconoscerla. Quindi percepirla. Quindi affrontarla affidandosi al mistero.

I popoli delle lance di legno convivevano con le ombre. Anche la musica è un’ombra ascoltata già in incipit della nostra nascita. Siamo nati con la musica. Precipitiamo con il rullo dei Tamburi.  

Poi solo il silenzio. Non si condivide il silenzio.

Si diventa silenzio!

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https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=w8-h5Z6zwZE

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