Arte e simpatia, statistica, gradimenti e occasioni sprecate

Arte e simpatia, statistica, gradimenti e occasioni sprecate

Arte e simpatia, statistica, gradimenti e occasioni sprecate

Di Mary Blindflowers©

La simpatia, credit Mary Blindflowers©

 

L’arte che diventa arte per simpatia verso il creatore, il gradimento mediatico elargito senza neppure leggere o guardare con attenzione un articolo, un intervento, un video, etc. La superficialità di giudizi elargiti sulla “fiducia”. Affermazioni aberranti sui social che recitano che se uno è simpatico, si possono mettere gradimenti senza neppure leggere ciò che ha scritto. Il regno della superficie è tra noi. La volontà di intervenire a tutti i costi, di condire come prezzemolo ingiallito tutti i piatti offerti dal sistema, un delirio partecipativo che sa di isterismo, spinge individui che si ritengono intelligenti (nessuno è peggior giudice di se stesso), a discettare su ciò che non si è neppure letto, scambiando fischi per fiaschi e bevendo alla bottiglia virtuale del non-sense, un dolce liquore altrettanto virtuale che sa di protagonismo ma non ha la minima idea di ciò di cui si sta parlando. E poi la supponenza di sapere cose su interlocutori non consenzienti, cose che neppure gli interlocutori stessi sanno, perché tra supposizione e realtà c’è un enorme salto di qualità, peso e misura, che gli isterico-compulsivi da protagonismo a tutti i costi, ignorano sistematicamente. Essi sono di volta in volta esperti in vari e illimitati campi che spaziano dalla politica all’informazione, dalle condizioni di vita dei ceti disagiati a quelle dei ceti medio-alti, dalla cucina ai migranti, dal fascismo al politeismo, dalla religione alla metafisica. Insomma sanno tutto su tutto, perciò intervenire diventa per loro necessario come respirare. Devono partecipare, a tutti i costi, poco importa se non leggono nulla, tanto, pensano, la gente mica se ne accorge. La simpatia diventa il metro costante del loro insindacabile e indefettibile giudizio. L’arte è arte e merita gradimento solo se chi l’ha creata è un tipo “simpatico”, ossia fondamentalmente uno che ha una buona parola per tutto, che in generale trova tutto bello, perfetto, che mette like a casaccio, pur di compiacere gli amici che contano o quelli che potrebbero garantirgli a loro volta un giro di gradimenti fasulli. Un mondo fatuo, di plastica, preconfezionato per subnullisti che si rifiutano di capire, di individuare il valore intrinseco dell’arte per quella che è, non per chi la propone. Un punto di svista che scuce la ragione, la mette assolutamente in ginocchio, sfasa le prospettive, pattina su un’apparenza che è poco sostanziosa e ha il sapore vuoto del nulla.

Purtroppo questa è la quasi regola dei social dove ci si deve attenere ad una sorta di etichetta non scritta, tipo far finta di nulla se si viene taggati in un post che non piace, oppure mettere il like lo stesso, per comunicare empatia, per dire ci sono pure io nel mondo, e voglio che lo sappiate. Una discrepanza assurda tra il pubblico e il privato. In pubblico si danno pareri che mai si esprimerebbero in privato, creando un gap comportamentale degno di una sindrome da personalità multipla.

I patologici del protagonismo e dell’arte per simpatia arrivano al caso estremo di sostenere che se un personaggio piace, statisticamente si può mettere il like anche senza capire quello che dice, semplicemente perché siccome la statistica non è un’opinione (e questo è assolutamente falso), le probabilità che quel personaggio, tra l’altro costruito dai media per un’utenza di polli, dica cose non vere, sarebbe minima.

Affermazioni che lasciano sconcertati da parte di persone che aboliscono la propria capacità critica per la statistica della simpatia.

Il nome ancora trascina le minus-masse, la pubblicità dei media di regime le ipnotizza, spingendole verso comportamenti idolatrici, che annullano la coscienza individuale a favore di affinità artificialmente costruite, di protagonisti televisivi costruiti a tavolino per masse di imbecilli. E i pesci abboccano, puntuali, disposti a tutto pur di apparire e pur di gradire senza neppure leggere. Del resto l’ultima moda anche dei giornalisti è quella di fare recensioni di libri senza averli letti, parafrasando penosamente il titolo, giocando con la sinossi, senza toccare l’argomento vero dei testi “recensiti” per amicizia o simpatia.

Un mondo tetro, senz’anima, falso, un mondo in cui ciò che appare spesso è il suo contrario, ciò che la mente finge di svelare in realtà nasconde. Un mondo di pesci a nuoto sincronizzato in cui se qualche esemplare va in direzione contraria, perché non ne vuole sapere di rinunciare alle proprie capacità critiche in nome di un protagonismo fallace o di una vittoria di Pirro, viene additato come folle, svitato, uno che non sta bene con gli altri, come se gli altri fossero la misura perfetta del mondo.

Internet avrebbe potuto essere una risorsa per quanti non hanno accesso per motivi politici e di raccomandazione, alla carta stampata ufficiale, e invece sta diventando un luogo in cui il consenso si elargisce per simpatia, la lettura è rimandata all’eterno dopo, perché mentre si conversa per ore su questioni e celie di scarsa importanza, si dichiara candidamente di non avere tempo. Un mondo fatuo in cui molti hanno paura perfino di mettere un like ad un post in cui li si invita a ragionare con equilibrio. Ragionare costa troppo, meglio sottoporre tutto al metro della simpatia, costa poco e rende popolari.

Personalmente odio i simpatici, mi urtano i nervi.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

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