Poesia, Antidefinizione, galline e polli da cortile

Poesia, Antidefinizione, galline e polli da cortile

Poesia, Antidefinizione, galline e polli da cortile

Di Mary Blindflowers©

Fiorombra, credit Mary Blindflowers©

 

Cos’è la poesia?

Inutile abbandonarsi a citazioni per definirla, catalogarla, racchiuderla dentro l’umore spesso inconcludente e mai definitivo delle parole, perché la poesia ha un che di impalpabile che offre, attraverso lo specchio di ciò che il sensibile ci porge, la guancia al sovrasensibile, quasi senza saperlo o senza accorgersene, dato che se non nasce da moto spontaneo, potrebbe non essere poesia. La poesia è il mistero che parte e fugge da ciò che vediamo. Il mondo fenomenico la provoca, se non ci fosse non ci sarebbe molto probabilmente una base di partenza, il poeta è infatti prima di tutto un osservatore del mondo. Ora che ci siano poeti che di questo mondo vedano solo fiori colorati, bei sorrisi e cuori infranti, è un altro discorso che, per quanto possa sembrare assurdo, non attiene nemmeno all’arte. L’arte infatti non è imitazione, ma innovazione. Lo sappiano i tanti poeti azzimati e laureati che non fanno sperimentazione di alcun tipo ma imitano stili frusti e decadenti, epici e strombazzanti corni prima di battaglie medioevali già vinte in passato e perciò destinate ad essere perdenti nel presente, almeno dal punto di vista strettamente artistico. Il business poi è un altro discorso ancora. Imitando si possono talvolta fare soldi o ciò che è più probabile, fingere di vendere i propri capolavori di aria riciclata, (per esempio dicendo di essere i primi in classifica su Amazon, quando sanno tutti che per essere primi in classifica su Amazon basta anche vendere due libri, due di numero proprio), ma di fatto dal punto di vista della poesia, il riciclaggio e l’imitazione rappresentano un fallimento a tutto tondo. Che poi i riciclatori abbiano gran seguito o gente che finge di seguirli, non dipende da quello che scrivono ma da chi conoscono e da che posizione occupano in seno all’editoria. Se la poesia x la scrive un pinko palla qualsiasi nessuno la nota, se la scrive un editor tutti a mettere like. Mi chiedo che soddisfazione personale ci sia ad ottenere gradimenti finti per altrettanto riciclate poesie, e a che possa giovare questo tipo di comportamento che non fa di certo bene all’arte, ma torniamo al discorso dell’inizio: cos’è la poesia? Non si può rispondere alla domanda con una definizione, bensì con una antidefinizione che si è in parte già data, ho infatti detto che non è imitazione. Decisamente è più facile dire ciò che la poesia non è piuttosto che dire ciò che è, anche se questo può costituire un falso problema. Chiediamoci infatti che relazione possa esserci tra la poesia e oggetti o luoghi di uso comune. Prendiamo un luogo qualsiasi, un supermercato ad esempio. Cosa ci può essere di poetico in un posto simile, spesso alienante e se affollato stressante? Nulla, secondo l’opinione comune, ma l’opinione comune non è “poetica”, perché invece la descrizione stessa del sentimento di alienazione che si prova dentro un supermercato, può diventare vera poesia. L’oggetto che si vede non deve essere per forza “poetico” nel senso classico del termine, un termine che non significa più molto, deve bensì svolgere la semplice funzione di fenomeno le cui qualità non necessariamente positive, diventano poesia perché il poeta si eleva dal transeunte, utilizzandolo per veicolare significati che sfocino nell’oltre. In questo senso possiamo affermare che nessun oggetto o fenomeno sia poetico, né il sole, né la luna, né il mare, tradizionalmente considerati affini alla poesia, né un supermercato. Quello che fa diventare “poetico” l’oggetto è l’inserimento in un universo spazio-atemporale nuovo, diverso, dentro una prospettiva che, partendo dalla materia, la supera circondandosene e sfuggendole contemporaneamente. Rovesciando il discorso si può però anche dire che tutto è poesia in germe, che ogni oggetto, ogni sentimento buono o cattivo che sia, (superando finalmente anche il concetto che la poesia si occupi soltanto della bontà dell’animo), sia poetico in potenza. Il poeta non è altro che un intermediario tra la possibilità in potenza del mondo fenomenico e quella dell’oltre ultrasensibile, riesce a conciliare due mondi apparentemente dicotomici, attraverso la parola, perché ha il tempo e la pazienza naturale di vedere il legame tra due mondi diversi. Non è molto certo, ma forse è già qualcosa finché ci sarà qualcuno che sappia leggere una poesia oltre l’autore stesso, valutandola per ciò che è scritto e ciò che non è scritto, per ciò che si vede e ciò che si intuisce, non sulla base del nome dell’autore. I nomi sono fatti per gli sciocchi non per gli esseri pensanti, il nome definente è l’involucro, spezzare l’involucro, capendo che il poeta è nulla, solo un intermediario casuale tra fenomeno e metasensibilità, forse consentirebbe di capire meglio la poesia, al di là di circoli di cortile e animali ipercompiaciuti che si autodefiniscono poeti. Le galline frequentano i cortili, i lettori dovrebbero leggere oltre le righe, leggere il contenuto, non guardare il nome della gallina o del pollo di turno, pubblicati dall’ultimo editore di grido, ma vedere la sostanza, i significati, sentire il ritmo di una lirica, indipendentemente se chi l’ha scritta è ben inserito nel cortile, indipendentemente dal fatto che qualcuno ha deciso che chi scrive sia un poeta o no. Il lettore disinteressato dovrebbe leggere anche oltre le recensioni, e farsi un giudizio suo. Il fruitore sempre più svogliato che ha viscerale necessità di un parere accreditato non si sa bene da chi e da cosa, per potersi esprimere, non è un lettore ma un aspirante frequentatore del cortile dove sostano polli e galline che si lisciano vicendevolmente le penne.

La poesia non ha bisogno di crediti e nemmeno di polli e galline, sebbene polli e galline possano costituirne materia ed argomento.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

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