Manipolazione e educazione secondo il classismo Serra

Tra Cherubini e serafini

Manipolazione e educazione secondo il classismo Serra

Di Lucio Pistis & Sandro Asebès©

 

 

The nightmare of elephant man (detail), by Mary Blindflowers©

 

La manipolazione e l’educazione secondo il classismo di Michele Serra

Michele Serra, definito da qualcuno la voce libera del PD, come se si potesse esssere liberi scrivendo con lo stemma di un partito, qualsiasi partito, inciso a lettere di fuoco e fiamme sulla fronte di lucido salotto, ha scritto un pregevole articoletto di marca vetero-lombrosiana sull’Amaca, la rubrica da lui curata su Repubblica. Testuale: “il livello di educazione, di padronanza dei gesti e delle parole è direttamente proporzionale al ceto sociale di provenienza, cosa che da un lato ci inchioda alla struttura fortemente classista e conservatrice della nostra società (vanno al liceo i figli di quelli che avevano fatto il liceo), dall’altro lato ci costringe a prendere atto della menzogna demagogica insita nel concetto stesso di populismo. Il populismo è prima di tutto un’operazione consolatoria, perché evita di prendere coscienza della subalternità sociale e della debolezza culturale dei ceti popolari. Il popolo è più debole della borghesia e quando è violento è perché cerca di mascherare la propria debolezza, come i ragazzini tracotanti e imbarazzanti che fanno la voce grossa coi professori per imitazione di padri e madri ignoranti e aggressivi, impreparati alla vita. Che di questa ignoranza, di questa aggressività, di questa mala educación, di questo disprezzo per le regole si sia fatto un titolo di vanto, è un danno atroce inferto ai poveri che oggi come ieri continuano a riempire le carceri e i riformatori”.

Secondo queste elucubrazioni di stampo prettamente radical-chic, i figli dei poveri, che stigmatizza ignorantemente col termine generico e aleatorio di “popolo”, sarebbero bulli e maleducati, proprio perché i loro padri e madri sarebbero a loro volta incapaci di educare e di adattarsi ad una vita sociale degna di questo nome. In pratica lo scrivente ci sta dicendo e, senza possibilità di equivoco, che il denaro e l’appartenenza ad una classe sociale “borghese”, altro termine dai contorni piuttosto indefiniti e sfumati, dà la misura esatta della creanza e della buona educazione. Non si sa da quali testi scientifici il Serra abbia appreso che i ricchi borghesi siano tutti educatissimi e non commettano reati, mentre i poveri vanno in giro a bullizzare quotidianamente le persone.

Suggeriremmo a Michele Serra di rivedere “Scent of a woman” o “Monna Lisa’s smile” per verificare come la società americana sia ricettacolo, nei college più borghesi ed elitari, di marcati fenomeni di para-bullismo che sconfessano totalmente l’inscrizione del malessere sociale registrato in un paio di istituti superiori italiani alle scuole tecnico-professionali frequentate dai figli dei “poveri”, come li chiama Serra. Noi siam figli di una generazione post-sessantottina che è stata protagonista, in licei classici da high-society a quel tempo, di episodi teppistici nei confronti della nomenclatura docente dell’epoca e possiamo garantire che i figli di poveri non si iscrivevano a quegli istituti nemmeno allora! Non si sa quali siano le fonti di Serra, dunque. E non sappiamo neppure in quale libro di psicologia infantile o adolescenziale abbia letto che nei comportamenti socialmente scorretti, i figli stiano semplicemente imitando i genitori. L’adolescenza è infatti in genere segnata, e questo lo sappia il Serra, in tutte le classi sociali, da un atteggiamento di sfida verso le figure genitoriali, quindi questa correlazione semplicistica povero-maleducato-imitatore-di genitore inadeguato, non regge nella realtà, ma soltanto nei sogni salottieri di uno pseudo-intellettuale sbiadito.

Che soltanto i ceti sociali alti “rispettino le regole”, è altro assioma da verificare, tant’è che è abbastanza palese in un Paese come l’Italia che sono proprio i poveri a pagare più tasse, mentre i ricchi in giacca e cravatta, così ben vestiti e bene educati, evadono tranquillamente il fisco per miliardi, certo, lo fanno educatamente, sorseggiando champagne e non sputano mai per terra, solo sulla testa di quello che Serra definisce ottocentescamente “popolo”.

Che soltanto i poveri commettano reati è smentito categoricamente dalla cronaca, tant’è che Luca Varani non è stato ucciso da due poveracci, ma da due criminali figli della Roma bene che lo hanno pure torturato, giusto per non farsi mancare nulla e perché i ceti alti non sono violenti e sono educati alla perfezione.

Che i poveri vadano in carcere più spesso dei ricchi poi non dimostra che delinquano di più, ma semplicemente che i ricchi, avendo più possibilità economiche, riescono a pagare ottimi avvocati che sanno bene come gestire le faccende legali e raccontare storie più o meno inventate, le cosiddette verità processuali che non sempre, come tutti sanno, corrispondono alla vita vera, a ciò che realmente accade nella realtà.

La reazione di Serra alle critiche poi è stata esaltante. Emblematiche queste frasi: “Non è più neanche un equivoco, è una vera e propria legge mediatica quella che negli ultimi anni bolla come “snob” ogni definizione possibile immaginabile del gap di classe. Se dici che i poveri mangiano peggio dei benestanti, non è perché denunci (vedi la sacrosanta campagna di Michelle Obama) il disastro sanitario provocato dal junk food, è perché sei un fighetto che mangia solo lardo di Colonnata e cardo gobbo. Se dici che i poveri ricevono informazioni di minore qualità e spesso nessuna informazione, e sono dunque più esposti a manipolazioni politiche e veleni mediatici (junk media…) sei solo uno spocchioso spregiatore di chi ha studiato meno di te. Se dici che nelle scuole meno qualificate si addensano più facilmente i rischi di turbolenza sociale, spesso diretta conseguenza della condizione familiare, ecco che sei subito”classista”.

Qui arrampicandosi penosamente sugli specchi, Serra cerca di aggiustare populisticamente il tiro delle affermazioni scritte nel primo infelice articolo, illuminandoci con luoghi comuni e frasi ingiustificabili. I poveri mangerebbero peggio dei ricchi. Non è mica sempre vero. Forse Serra non ha mai visto come mangiano i manager delle grandi aziende durante il lavoro. Ci sono aziende che forniscono il cibo al personale manageriale, e ordinano i tramezzini espressamente “poco ripieni, con poca maionese”, per evitare che gli incravattati si sporchino durante la pausa pranzo. Cibo veloce e non sempre di qualità. Molti manager comprano pasti monodose già pronti all’uso e pre-confezionati. Che poi lo stesso manager durante la sua vita vada in un ristorante di lusso a consumare cibo costoso e non sempre all’altezza del prezzo, non significa che nei 365 giorni all’anno della sua attività goda di una qualità di cibo migliore di quella di un contadino che coltiva da solo la sua terra e che di certo non consuma junk food. E non è detto che chi consuma cibi al ristorante mangi meglio di chi, più povero, si cucina da solo il cibo che vede e che sceglie, a casa.

Una volta conoscemmo una signora che lavorava in un ristorante di lusso situato in una strada di lusso di Roma e ci disse che per fare la crema di pollo che poi veniva servita ai ricchi clienti dentro calici di cristallo, usavano pollo verde che veniva stracotto, tanto poi il sapore non proprio fresco, veniva coperto da tanta maionese e dalle spezie. Quindi che i ricchi borghesi mangino meglio, è tutto da verificare. E non sempre i cibi costosi hanno ottime qualità nutrizionali, infatti i nutrizionisti hanno notevolmente rivalutato i cosiddetti “cibi poveri” e della civiltà contadina.

Che i poveri siano più manipolabili dei ricchi è altra teoria da dimostrare, perché il ricco non è affatto esente da manipolazione politica. Non è necessario forse affiliarsi ad un partito per scrivere in un giornale a tiratura nazionale? Non è necessario forse manipolare e essere manipolati per avere voce in un Paese in cui le voci indipendenti vengono oscurate e ignorate? Non sono forse i ricchi che, manipolando e facendosi manipolare, riescono a influenzare l’opinione pubblica e le idee di quello che Serra chiama impropriamente “popolo”, infarcendo loro notizie tendenziose e politicamente sempre filtrate?

Allora chi è il manipolato e chi il manipolatore?

Chi arriva a scrivere per un grosso editore senza manipolazione? Un povero libero? No, di certo. E se questi manipolati-manipolatori che scrivono notizie filtrate per il popolo, seguendo i dettami del padrone, questi borghesi ammanicati e politicamente agganciati, influenzano i ceti bassi, termine che ci fa orrore, di chi è la colpa? Dei poveri? Dei poveri che non hanno voce? Dei poveri il cui talento viene sempre e sistematicamente ignorato proprio perché poveri? Dei poveri che sono maleducati e sbagliati solo ancora una volta reiteratamente perché portano sul groppone l’imbarazzo della povertà?

Di chi è la colpa di ogni colpa?

Chi è che crea la subalternità popolare dei ceti deboli, non è forse la stessa pregevole classe borghese a cui Serra appartiene?

Chi è che li esclude dal panorama culturale nazionale?

Chi è che li tiene nel silenzio dell’ignoranza?

Chi è che gode della loro manipolazione attraverso libri illeggibili e articoli politicamente schierati e mai limpidi, scritti dai peggiori raccomandati scribacchini della Repubblica delle banane?

Chi è causa e colpa se non la sua “pregevole” ed “educata” “borghesia-casta”, caro Serra?

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

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