Quanto sono distanti Achille e la tartaruga?

Quanto sono distanti Achille e la tartaruga?

Quanto sono distanti Achille e la tartaruga?

Di Mary Blindflowers & Angelo Giubileo©

La strada da percorrere, credit Mary Blindflowers©

 

I paradossi di Zenone ci sono stati tramandati tramite l’intermediazione di Aristotele.

Uno di questi recita: «Un mobile più lento non può essere raggiunto da uno più rapido; giacché quello che segue deve arrivare al punto che occupava quello che è seguito e dove questo non è più (quando il secondo arriva); in tal modo il primo conserva sempre un vantaggio sul secondo».

E Borges lo riprende in “Metamorfosi della tartaruga”: «Achille, simbolo di rapidità, deve raggiungere la tartaruga, simbolo di lentezza. Achille corre dieci volte più svelto della tartaruga e le concede dieci metri di vantaggio. Achille corre quei dieci metri e la tartaruga percorre un metro; Achille percorre quel metro, la tartaruga percorre un decimetro; Achille percorre quel decimetro, la tartaruga percorre un centimetro; Achille percorre quel centimetro, la tartaruga percorre un millimetro; Achille percorre quel millimetro, la tartaruga percorre un decimo di millimetro, e così via all’infinito; di modo che Achille può correre per sempre senza raggiungerla».

Il paradosso di Achille e la tartaruga può servirci, forse meglio, a illustrare la cosa che qui intendiamo discutere. Zenone continuerebbe a ripeterci che Achille, trovandosi in posizione di partenza indietro rispetto alla posizione di partenza della tartaruga, secondo il moto di entrambi, non riuscirebbe mai a raggiungerla. La quale ipotesi, secondo il senso della comune esperienza, pur mantenendo profili di univocità, sembra per poco o per nulla evidente, ovvero un’ipotesi per poco o per nulla concreta. Tra l’improbabile e il non-essere.

In punto di partenza, Achille e la tartaruga sembra che “occupino”, univocamente, un dato punto; e così per via, nel prosieguo della distanza (spazio) che divide il corpo (concreto) e attraverso il moto (tempo) di entrambi. Ma, ragionavano anticamente, se dividiamo lo spazio in tanti segmenti in-finiti, chiamiamole parti, diventa impossibile per Achille raggiungere la tartaruga perché ogni volta che Achille occupi uno spazio ulteriore, in avanti secondo il moto rettilineo del tempo, allo stesso modo la tartaruga occupi uno spazio, quanto più minimo, avanti.

Non è soltanto questione di spazio geometrico (i cui elementi essenziali sono per l’appunto: piano, punto e retta), gli antichi ragionavano anche in termini piuttosto matematici. E invece, quanto al tempo, avendo sperimentato con i pochi mezzi a disposizione del loro tempo, che l’asse terrestre ruotava, su se stesso, rispetto alla sfera ideale delle stelle fisse, preferivano concepire il moto in senso circolare. Niente di più e niente di meno che un “sistema di relazioni” tra “enti” (?), secondo le misure inventate dello spazio e del tempo. La teoria scientifica di cui maggiormente si avvalsero è nota con il nome di “precessione degli equinozi” e in base a essa “costruirono” la loro storia del tempo.

Ma al di là di ogni storia temporale in che modo possiamo intendere il movimento?

Il movimento è un’azione organica necessaria alla vita dell’uomo. Ma quest’azione, riflettendo, è solo fisica o anche mentale, comprende uno spazio terreno o anche uno spazio spirituale?

E quanto sono distanti Achille e la tartaruga? La loro distanza è solo fisica o anche mentale?

Oggi più che mai questa è una domanda che occorre porsi, nella civiltà del movimento esteriore frenetico in cui il paradosso viene scavalcato in nome di esigenze pratiche di irriflessivo tenore.

La tartaruga è l’incarnazione di colui che muovendosi, rifiuta la frenesia a favore del pensiero, Achille corre, corre, ma tocca il punto che ha toccato la tartaruga solo per secondo.

Massimo Scaligero diceva che il pensiero è movimento, divenire condizionato da quella vitale illusione che chiamiamo sé e capace di inventarsi lo spazio in cui muoversi e indagare.

Questo discorso funziona finché il cervello funziona. Alcuni cervelli hanno la fissità muta della pietra, per loro il movimento e la capacità di creare spazi e tempi in cui indagare e muoversi liberamente, è faticoso, così si intrappolano dentro gabbie ideologiche che ne cristallizzano l’essenza. Il mondo della suggestione esterna preme sulle pareti delle connessioni neuronali, il panico, l’instabilità, la favola divenuta realtà, contribuiscono a creare uno stato atrofico-catastrofico in cui la catastrofe principale è il rifugio dentro certezze confezionate da altri, che hanno scopi ben precisi per regalare confezioni di verità certe. L’educazione plasma le menti, la religione funge da oppiaceo che stordisce nell’etica della fissità. Il movimento in alcuni contesti è considerato addirittura scandaloso, specie nell’etica dell’è così perché si fa così da secoli, perché tutti fanno così, perché se non fai così sei diverso dagli altri e non vieni accettato nella comunità del mono-pensiero.

La certezza così diventa una costruzione granitica che segue le regole comuni del buon senso. L’autonomia del pensiero giudicata come una malattia incurabile, un dramma che sfocia senza preavviso e che provoca la reazione scomposta e non sempre educata di chi ha fissato il pensiero al granito della certezza già pronta.

Scalfire la pietra, farla rotolare giù nel burrone delle sinapsi in movimento, allontanarla dalle suggestioni più o meno ormonali e umorali di chi da secoli ben pensa, non è un’operazione facile, anzi è forse il non plus ultra del progresso vero, non quello di telefonini e tv, ma della mente, il miglior strumento tecnologicamente avanzato che l’uomo abbia a sua disposizione. Peccato che non tutti sappiano come usarlo.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

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