Il poeta è il niente prestato alla vita

Il poeta è il niente prestato alla vita

Il poeta è il niente prestato alla vita

Di Mary Blindflowers©

I poeti morti, credit Mary Blindflowers©

 

La poesia non è rosolio egocentrico. Diffidate di chi pensa che la poesia sia una manifestazione del proprio dolore personale. Diffidate di chi si definisce “sensibile”, non accettando nessun contraddittorio in nome del suo presunto animo poetico.

La poesia è soprattutto trascendimento. A chi possono interessare i nostri patemi, anche se vissuti da noi come tragedie? Parliamoci chiaro, a nessuno.

L’errore della società di comunicazione di massa è stato proprio quello di eliminare la riservatezza, di pensare che la propria esperienza individuale abbia valore globale solo perché ci fa soffrire e ci coinvolge direttamente. Se soffriamo noi pretendiamo con grandiosa sicumera che anche gli altri soffrano per gli stessi motivi, che abbiano avuto le nostre stesse vicissitudini e quindi la pensino esattamente come noi. Se abbiamo l’abitudine di allineare perfettamente le penne sulla scrivania, puntiamo il dito accusatore contro chiunque non lo faccia, giudicandolo un assiduo frequentatore del caos.

Si pretende il pensiero unico.

Così persone che si fregiano costantemente del titolo di “poeta”, “poetessa”, “scrittrice”, “scrittore”, “artista”, non accettano nessun contraddittorio, nessuna critica siappur costruttiva, nessuna idea che si discosti un poco dal loro pensiero a tappe forzate. I loro “anfratti del cuore” vengono spacciati come beveroni salva-anime e guai a chi non osa condividere i loro dolori, guai a chi esprime un’idea libera e sincera. Viene ghettizzato.

La nuova tendenza di molti frequentatori di social, che si definiscono “colti” ed evoluti, è avere masse di fans adoranti che esprimono non-pensieri sempre in accordo con quello che scrivono. 

A questo punto mi domando che senso abbia postare parole su parole sapendo in anticipo che tutti le prenderanno per pillole di democratica saggezza, che senso abbia costruirsi un piccolo mondo virtuale da cui escludere tutte le persone che non sono d’accordo. Fa bene all’ego? Rasserena? E il cervello cosa ne pensa? È d’accordo con il vostro smisurato ego unidirezionale da pasto preconfezionato?

Chi vince nel gioco delle parti? Chi è il più simpatico? Chi dice forse un po’ ingenuamente la verità, oppure chi plaude e sorride sempre, evitando accuratamente di dire ciò che veramente pensa? C’è un’incubazione di pensieri in ombra che nascondono feroci antipatie celate sotto sorrisi e fiori, teneri animali e faccine simpatiche. Si evita di urticare, di parlare, di esprimere l’idea, così la creatività geme sotto la sabbia, impiastricciata di convenienza e perbenismo e denti di plastica fine esposti al sole delle falsità. Non c’è reale comunicazione ma coordinazione di forze false per raggiungere obiettivi sintetici.

Il mondo dei social è lo specchio mediatico della realtà.

Vince il diplomatico che va d’accordo con tutti e spesso produce cose mediocri.

Conosco persone di cui non ho mai sentito un solo parere su niente. Parlano di tutto senza dire. Le loro parole vertono sul generico, e virano verso altre direzioni non appena si richiede un parere critico specifico e se li metti alla prova più volte non risponderanno mai, perché non è conveniente dire la verità.

Il potere agisce allo stesso modo. Il potere ci vuole tutti così, fintamente innocenti, neutri senza parere, coi denti nascosti dentro il palmo della mano, pronti a masticare qualunque occasione da qualunque parte venga, anche da una corrente che non ci piace.

Il potere fa diventare note persone che non disturbano, gente quieta che scrive cose poco compromettenti, in linea con ciò che tutti devono pensare. La pecora nera viene eliminata dall’ovile, non è sufficientemente allineata alle generali convinzioni cristallizzate perché pensare è pericoloso se lo si fa bene e con onestà intellettuale.

La cosa preoccupante è che il pensiero mono-direzionale e chiuso non vige solo tra persone incolte, che non hanno mai letto un libro, hanno viaggiato poco e sono rimaste sempre nel loro guscio, e quindi potrebbero essere in qualche modo giustificabili, no, il pensiero unico alberga nelle menti di chi si auto-etichetta poeta o scrittore, gente che dovrebbe scandagliare e contraddire perfino se stessa, gente che dovrebbe accettare e capire le idee altrui, mettersi in gioco continuamente e scrivere superandosi con autoironia, senza mai abbandonarsi a verità apodittiche.
“O la pensi come me o sei un mostro” non è poesia, è saccenteria borghese da salottino bene riprodotto esattamente sui social dove vige la regola costante: “se c’è qualcosa che non ti piace, taci e vai avanti per non attirarti antipatie”; se ti chiedono un parere su un lavoro di scrittura e non ti piace, limitati a dire che “non è nelle tue corde”. Una frase orribile, senza senso, un modo gentile per non dire nulla e lasciare l’interlocutore come un torsolo di pera secca.

La scrittura si alimenta di dubbi, è l’anti-sistema, è cercare di capire i differenti punti di vista, di scandagliare il proprio tempo, comprendere anche cosa accade oltre il proprio orticello, e il poeta sa sempre di non essere un maestro, di non poter insegnare nulla, perché il suo è un percorso di ricerca continua e crescita, non di fisse asserzioni o certezze.

Il poeta è solo un niente prestato per un poco alla vita. Chi pensa di essere qualcosa di più farà la fine della rana di Esopo.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

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