La gallina vola e i cigni sono tutti neri come corvi

La gallina vola e i cigni sono tutti neri come corvi

La gallina vola e i cigni sono tutti neri come corvi

Di Lucio Pistis & Sandro Asebès©

 

La fortezza, credit Mary Blindflowers©

 

Abbiamo assistito ad una conversazione avvenuta all’interno di un gruppo letterario.

Prendendo due agenti X e Y in perfetto accordo tra loro e un reagente Z, un oggetto 0, si ottengono reazioni interessanti.

Y posta una poesia triste, scritta dal suo amico X, versi che parlano di gocce di flebo di ospedali e uomini chiusi dentro oblò, esibendo un’umanità asfittica e sofferente con uno stile discutibile e confuso su cui eviteremo di soffermarci, per non rendere il discorso troppo lungo. Il critico Y dice che la poesia 0 è esilarantissima e spassosa. X cercando di non irritare Y e lodandolo, cerca di capire cosa ci sia di esilarante nella sua stessa poesia e dopo prolungato e saggio sforzo di spremitura di meningi, per salvare la disposizione affettivo-utilitaria verso Y, che a suo dire, lo segue da anni ed è un grande e rinomato critico letterario, conclude che ironia e spasso sono la medesima cosa, e poi tirando i capelli alle bambole, dice che, siccome la sua poesia è anche ironica, in questo senso forse 0 può essere considerata spassosa pur nella sua tristezza. Insomma una tristezza felice, un ossimoro. Il poeta interpreta il critico. Ai nostri tempi era il critico che doveva sforzarsi di capire cosa ci fosse scritto dentro una poesia o un testo letterario. Oggi si fa il contrario.

Noi ci limitiamo a leggere un volgare dizionario della lingua italiana e a constatare che: ironia significa particolare modo di esprimersi che conferisce alle parole un significato contrario o diverso da quello letterale, con intento critico o derisorio; scherno, dileggio; finzione, simulazione; atteggiamento di sereno distacco verso la realtà o, nel caso di un artista, verso la materia che egli tratta; dal latino ironia, che è dal Greco eiróneia, “dissimulazione, finzione”. Spasso significa invece piacevole passatempo; divertimento, svago; persona o cosa spassosa, divertente; da spassare che si basa sul Latino *expassare, derivato da expassus, participio perfetto di expandere: “espandere, distendere (l’animo)”.

Non c’è alcuna necessaria ed indissolubile identità tra ciò che è ironico e ciò che è spassoso, anzi, sovente l’ironia fa girar le sfere a chi l’ascolta, specie se egli ha opinioni divergenti sull’argomento rispetto all’ironico di turno.

Consiglieremmo dunque a X un sano ripasso del vocabolario della lingua italiana: sarebbe davvero uno spasso!

Z è un rompiscatole che passa lì per caso, dopo aver spinto con le sue critiche X a dire che ironia e spasso sono la stessa cosa, reagisce ancora, (e noi francamente abbiamo il sospetto che lo faccia apposta). Z dice che Y non ha capito molto della poesia e che il “critico può essere criticato” soprattutto perché ha postato due foto prese dalla rete che con la poesia non hanno nulla a che fare: una foto del carnevale di Venezia con una maschera tutta in rosso e l’immagine di una donna con un vestito trasparentissimo che non lascia spazio all’immaginazione.

Ma cosa ha a che fare l’immagine di una donna seminuda ad un presumibile party di gente bene, o una purpurea maschera veneziana, con le flebo ospedaliere e le sofferenze umane? Ce lo chiediamo anche noi.

“Certo i gusti son gusti”, dice Z, “magari ci sono persone che trovano esilarantissimi gli ospedali e divertentissime le gocce o gli aghi delle flebo”, come ci sono persone che mangiano formiche o arrostiscono topi sulla brace per fare uno spuntino o che mangiano locuste vive. I casi sono tanti, come diceva Geppetto a Pinocchio.

Tuttavia Z non mangia locuste, almeno così ci è sembrato, anche se non mettiamo la mano sul fuoco per nessuno. Allora Z pensa che le foto postate da Y abbiano un unico scopo, quello di attirare l’attenzione. I tori ciechi vengono attirati dai colori forti, e poi si sa un sedere scoperto val bene una messa cantata dal migliore poeta del mondo sopra un carro di buoi.

Y, il grande critico, non reagisce, perché secondo una regola snob non scritta, nei social chi si sente superiore per qualche motivo oscuro, magari perché dirige una rivista, un gruppo, o perché fa l’editor, o ha pubblicato un libro con qualche editore amico suo, etc., getta l’amo, ossia posta due righe o una poesia e lascia che siano gli altri a sviluppare la discussione, i suoi seguaci fedeli che come membri di una setta, ovviamente lo giustificano in tutto e gli danno sempre e soltanto ragione, cercando di aggiustare il mondo a sua immagine e somiglianza e difendendolo da eventuali rompiscatole come Z.

L’agente X si trasforma così automaticamente in reagente per la difesa ad oltranza del grande Y silente. X per giustificare la scelta infelicissima e pacchiana delle due foto, arriverà a dire, durante la vivace discussione con Z, che se le foto sono state postate assieme alla poesia, anche se non hanno attinenza con la stessa, avranno sicuramente un valore di misteriosa provocazione, che nessuno è riuscito, purtroppo per Y, a cogliere. Ma siccome è inconcepibile che Y posti qualcosa che non sia più che meditato, più che giusto, perché Y è Y, la conclusione a cui siamo arrivati è la seguente, che i poeti preferiscono vedere le pagliuzze sull’occhio degli sconosciuti piuttosto che la trave su quello degli amici, così le galline volano e i cigni diventano neri come corvi e quando piove c’è il sole, la tristezza è spasso e le flebo sono esilaranti.

Viviamo in un paese settario in cui ciascuno ha bisogno di identificarsi in una guida, in un punto, abolendo le sue capacità critiche in nome del gruppo a cui appartiene e della ristretta cerchia di amici su cui fa affidamento per essere rassicurato sul valore della sua produzione. Ma l’arte è veramente e soltanto un circolo vizioso di amici degli amici? Non è forse un poco superata nell’epoca della comunicazione mediatica e della possibilità di aprire la mente al mondo, la concezione della parrocchietta muffosa dentro cui vivere e respirare secondo i dettami di un Y che neppure apre bocca nelle discussioni?

A voi l’ardua sentenza. Noi probabilmente saremmo belli morti stecchiti prima che in Italia cambi un poco la mentalità.

Comunque il cigno nero esiste ma non è un tipo comune.

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

 

Comment (1)

  1. Rita

    Siete fortissimi. Il fatto in sé è veramente SPASSOSO perché mi ha fatto proprio ridere. La conclusione un po’ meno, lascia troppo amaro in bocca sul discorso dell’arte in genere e sui proseliti di un “artista”. Grazie

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