Marketing e libri, bluff e finti casi letterari

Marketing e libri bluff e finti casi letterari

Marketing e libri, bluff e finti casi letterari

Di Lucio Pistis & Sandro Asebès©

Figurinanti, credit Mary Blindflowers©

 

Ogni tanto capita di leggere su giornali importanti titoli altisonanti su vendite mirabolanti di libri di scrittori pubblicati da editori di medio-grosso livello. Poi capita anche che veniate incuriositi da questi fenomeni editoriali e corriate a comprare il libro pubblicizzato. Capita anche che dopo aver letto, iniziate a nutrire serie perplessità e sull’autore e sulla qualità letteraria del libro appena acquistato e che, secondo le notizie, moltissimi altri lettori hanno comprato. Capita ultimamente e forse un po’ troppo spesso, di trovarvi davanti a vere e proprie delusioni editoriali.

Ma come?

I giornali dicono della Signora X che è una delle migliori scrittrici contemporanee, e invece… Invece la lettura vi ha lasciati attoniti, perché magari il linguaggio è estremamente convenzionale, la storia idem, la vicenda avrebbe potuto essere sviluppata meglio, i dialoghi sono banali o comunque niente di eccezionale, il tema di cui si tratta abusato, affrontato da milioni di altri libri. Valutando poi che il libro è solo incollato, niente cuciture, la carta è di scarsa qualità, la copertina non proprio artistica e il contenuto deludente, cominciate a pensare.

Ma come ha fatto questo autore a vendere tutti quei libri? Qual è la sua formula magica? Non è un grande autore, nonostante i giornali titolino il contrario, l’edizione non ha nemmeno una bella veste né una copertina attraente. Che mistero c’è sotto?

Il mistero si chiama Marketing.

I giornali vengono spesso pagati per scrivere che l’autore X è uno dei migliori, se non il migliore autore contemporaneo, vengono pagati per stilare classifiche dei libri più venduti, e i blog gli stanno appresso, ripetendo a pappagallo le tesi dei padroni. Perfino alcune recensioni sono a pagamento perché, parliamoci chiaro, avere una recensione su un giornale importante senza pagare, e quindi una recensione “sana”, è difficilissimo. Poi se iniziate a fare indagini sulla casa editrice dell’autore X, tanto lodato, potete scoprire che, sotto un nome differente, appartiene al gruppo Mondadori, che in pratica, in Italia si sta comprando tutto, lasciando alle case editrici il loro storico nome.

Capita anche che per pubblicizzare adeguatamente un libro si diffondano dati editoriali fasulli, ossia dati di vendite che non sono mai avvenute. E’ chiaro che se dicono che un libro ha venduto milioni di copie, la gente si incuriosisce, ne parla e compra quel libro, perché non sa che magari non è vero che ha venduto milioni di copie, ma l’informazione attiene ad una strategia di marketing, che serve per vendere. Così magari ci fanno un film e col film allora sì che si inizia a vendere sul serio e i giochi si fanno pesanti.

Ci sono diversi trucchetti per vendere i libri, trucchetti di cui si avvalgono anche gli scrittori famosi.

Per esempio sapete chi è Robert Galbraith? Ha firmato un libro intitolato “Il richiamo del cuculo”. Con questo nome non ha venduto un granché, a dimostrazione che non si vende il libro, non si vende letteratura, ma si vende un nome. Poi all’improvviso, chissà come mai, esce fuori che Galbraith altri non era che lo pseudonimo della Rowling e le vendite hanno iniziato a lievitare perché ha fatto notizia che una scrittrice famosa usasse uno pseudonimo.

E in un mondo in cui tutto si paga, in cui i soldi generano soldi, pensate davvero che un autore che vuole pubblicizzare un suo libro in famosi programmi televisivi non debba pagare nulla?

Ebbene vi sbagliate.

Si paga tutto e chi può pagare vince, un po’ come accade con l’arte delle gallerie che espongono obbrobri definiti artistici previo lauto esborso di soldi.

Così accade che libri pessimi diventino dei best-sellers, un po’ di bugie strategiche, fumo negli occhi, pagamento delle recensioni, apparizioni in tv sempre spesso a pagamento, oppure al contrario creazione di misteriose leggende attorno ad autori che non vogliono rilasciare interviste, né farsi vedere, e il gioco è fatto.

Ma questo gioco premia davvero la qualità? Premia davvero il talento?

Cari lettori, il marketing se ne impipa letteralmente del talento, segue la legge soldi più soldi, e partendo dai soldi genera soldi, creando una società di alienati il cui unico compito non è di certo pensare ma comprare.

Le librerie espongono quello che il marketing vuole farci comprare, che non è un prodotto che solletica i dubbi ed i pensieri, è un prodotto innocuo, che deve allevare generazioni di idioti, assuefarli a letture distrattive e insignificanti, senza alcuna profondità, tant’è che i best-sellers, sono spesso libri che non valgono neppure la carta su cui sono stampati e letterariamente lasciano molto a desiderare.

Il progetto è chiaro, l’editoria è anche politica, la politica non ha piacere che la gente pensi, meno pensi meno sei pericoloso, meno pensi meno crei problemi, meno ti rendi conto di come funzionano realmente le cose, ti fermi alla superficie, perché la tua mente è stata addestrata a non superare le barriere del già dato. Leggi e diventi un automa.

Ribellati, non comprare le porcherie che trovi in vetrina, scava, cerca, indaga, opta per la profondità e se veramente vuoi pensare, non farti abbindolare dai giornali e dal marketing, perché più della metà di quello che dicono, è falso.

Teognide poeta greco nato nel VI secolo a.C scriveva:

Montoni, asini e cavalli di qualità noi bramiamo,
o Cirno; e vogliamo destinare alla monta
quelli di razza pura. Ma un nobile non ha scrupoli
a sposare una plebea, di padre plebeo, se gli porta molto denaro;
né una signora ricusa di esser moglie di un plebeo
che sia ricco: alla nobiltà preferisce la ricchezza.
Pregiano solo i denari; e un nobile sposa la figlia di un plebeo,
e un plebeo la figlia di un nobile: così la ricchezza ha mischiato le stirpi.
Non ti meravigliare, dunque, o Polipaide, che la razza
dei cittadini si oscuri: il buono si mescola al cattivo.

Il buono si mescola al cattivo” e il mercato è un grandissimo mescolatore di categorie sociali ed intellettive, poiché non si basa sull’effettiva validità o nobiltà di un prodotto, valutato con obiettività ed onestà intellettuale, ma si fonda su un’attività imprenditoriale che punta all’uso sistematico di quei fattori che permettano la migliore commercializzazione del bene e del servizio offerto! Mercato viene da mercor, aris. atus sum, ari, verbo derivato dal sostantivo merx, mercis. A furia di pubblicizzare scriteriatamente il prodotto, l’unica mercificazione, se non mercimonio, cui si rischia di andar incontro è quello della capacità di far discrimen tra merce valida e merce fasulla da parte dei nostri cervelli oramai usurati dal marketing, dove usurare rimanda ad un termine estremamente rabbinico, quale l’usura, perché di veri e propri usurai della ragione si tratta quando si parla di operatori di marketing!

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