L’arte è dei ricchi©

L’arte è dei ricchi©

Di Mary Blindflowers©

Sentieri scoscesi, credit Mary Blindflowers©

 

La galleria è di un bianco asettico, lindo, pulito, lucente, coi faretti che puntano direttamente sui dipinti esposti. Di fronte una grande vetrata da cui si vede il fiume con le chiatte colorate.

Lo spazio è stato affittato da un artista che ha pagato per esporre delle stampe tratte dai suoi olii, praticamente tutti uguali, visi di foto segnaletiche, iperrealismo, più 4 carboncini su carta senza cornice, sempre visi. L’artista è monotematico, ma nella biografia scrive che conosce personaggi importanti e che va anche in tv, è uno noto.

La regola per farsi conoscere è semplice. Chiunque può pagando, esporre. Il numero di quadri esposti è direttamente proporzionale alla cifra che l’artista si sente di sborsare, dato che si paga un tot per ogni opera.

La signora che riceve gli ospiti dietro una scrivania piena di volantini, ha l’aspetto un poco intontito, camicia a fiori vistosi, occhiali dalla montatura dello stesso colore dei muri. Guarda nel vuoto per alcuni istanti, cercando di capire cosa deve dire, come deve rispondere. Poi apre bocca e dice che lo spazio è occupato momentaneamente da un artista pagante ma che tutti però possono partecipare ad una selezione per esporre gratis, c’è una specie di concorso. Rimane molto sul vago. Dà all’interlocutore un foglio bianco in cui si segna la sua mail, dicendo che lo ricontatterà per dare tutte le informazioni, che avrebbe potuto dire benissimo in quel momento a voce.

La mail non è mai arrivata, in compenso l’interlocutore, curioso, ha potuto sbirciare nel sito della galleria. E cercando cercando ha trovato l’arcano. Il concorso di cui presumibilmente parlava la signora, non è gratuito. C’è una quota di partecipazione che l’artista paga per ogni dipinto che vorrebbe esporre.

L’aspetto più divertente di questo concorso è che la quota di partecipazione è comunque persa, sia che il partecipante venga scelto, sia che non venga scelto, così la galleria, anche solo per dire ad un artista, non sei stato scelto, comunque ha incassato.

La quota di partecipazione è variabile, a seconda della galleria, dato che si tratta di spazi privati. A volte a quota fissa, 60, 70, 100 pounds a salire, fino a quote altissime per le gallerie che contano. A volte si paga invece una somma per ogni dipinto.

Partendo dalla considerazione che qualunque pinko pallo con un poco di soldi può aprirsi tranquillamente uno spazio che si può definire pomposamente galleria d’arte, e giudicare secondo il suo opinabile gusto personale, non vedo perché un artista qualsiasi debba dare alla suddetta galleria, una quota di partecipazione ai concorsi d’arte per esibire. Considerando poi che qualsiasi pinko pallo, sempre dotato di portafoglio piuttosto gonfio, può affittarsi nella galleria uno spazio la cui grandezza è direttamente proporzionale alla quantità di soldi che sborsa, mi domando perché le gallerie non scrivono che l’arte è dei ricchi e che anche se fai due righe su una tela puoi esporre perché hai i soldi?

C’è il politicamente corretto che impedisce di scrivere che l’arte è per gente imbottita di quattrini, una falsità di fondo a cui pochissimi si sottraggono.

I giornali di tutto il mondo sono bravi a riportare le notizie di artisti che espongono di qua e di là, ma sono meno attenti a dire come hanno esposto e perché. Sono meno accurati nella descrizione del prezzo che quegli artisti hanno pagato per esporre in gallerie più o meno prestigiose che fanno business su quella che a volte impropriamente definiscono arte.

Così capita che una farfalla di carta appiccicata su un supporto, o una serie di stampe tratte da dipinti fatti con precisione seriale, o una foto colorata col computer, un disegnino con tanti pois, tre tagli su una tela, animali imbalsamati in posizioni strane, cavalli che pendono dal soffitto, grandi scultore di materiali scadenti che crollano al primo venticello nelle piazze, un semplice specchio comprato ai grandi magazzini in cui ci si può specchiare dicendo “l’arte siamo noi”, dei candidi water piantati sopra un prato verde, siano arte solo perché chi le ha prodotte è finanziariamente blindato e può materialmente permettersi di pagare e di essere etichettato mondialmente come artista.

L’arte come l’editoria, è dei ricchi.

Un povero ha solo una via, sperare di non avere nessun talento, sarebbe sprecato in un mondo in cui le possibilità, per chi non nasce con la camicia già bella pronta e stirata, sono realmente ridotte al minimo.

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