Indifferenza, etica egoistica, cieca

Indifferenza, etica egoistica, cieca

Indifferenza, etica egoistica, cieca

 

L’indifferenza della neve, credit Mary Blindflowers©

 

Di Mary Blindflowers©

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L’indifferente impera. La sua etica egoistica e cieca permea il mondo. Eludere, fingere, tacere, allinearsi, criticare chi critica in modo malevolo e senza coscienza professionale, salvaguardare soltanto i propri interessi in linea col sistema dominante. Nessun moto di ribellione negli occhi silenti e inespressivi dell’indifferente, nessun desiderio di gridare un pensiero che sia libero, un’idea svincolata dal comune buon senso. Il giocattolo è bello così com’è, visitato sulla superficie, accarezzato sullo smalto lucente. Quello che c’è oltre non interessa. Del resto perché mettersi lì con cacciavite e strumenti e idee per cercare di smontare l’ingranaggio e capire meglio come funziona? Perché diventare destrutturalisti? Essi vengono aspramente criticati, ostracizzati, eliminati dalle amicizie. A che scopo capire come sono stati assemblati i vari pezzi e perché un pezzo stia in una determinata posizione più in basso o più in alto di un altro, più a destra, più a sinistra, o al centro o lontano dagli altri? Che importa tutto questo all’etica dell’indifferenza? L’importante è la transitoria visibilità del meccanismo esterno sul quale salire per arrivare lontano, una meta che la società consente e auspica purché si seguano determinate regole sociali, senza eccessi di sorta.

“Il letterato mediocre”, scrive Ingegnieros, “che non ha forza propria per lottare nell’ambiente intellettuale, simulerà modi di pensare e di sentire adatti al gusto dominante e alla moda impostagli dai lettori; ciò, insieme con la suggestione, caratterizza lo snobismo. Sarà classico, romantico, parnassiano, modernista, esteta o decadente; però invece di essere se stesso preferirà vivere simulando quello che non è, per seguire la corrente. I suoi sentimenti e le sue idee simuleranno di essere confezionati d’accordo col modello in voga; è così che si formano le scuole letterarie, nelle quali una coorte di mediocri simula di possedere quelle qualità che hanno determinato il trionfo del maestro nell’ambiente intellettuale della propria epoca… Esistono nella società caratteristici e indifferenti. L’esistenza di questi ultimi come unità sociale è puramente passiva; costituiscono la sostanza amorfa, il cemento, il substratum, sopra il quale vivono ed agiscono i caratteristici. Essi rappresentano, in certo modo, la nevroglia, costituiscono il tessuto di sostegno e l’elemento di nutrizione, sul quale le cellule nervose sentono, si muovono e pensano, oppure fanno il canovaccio che sostiene la fine trama del ricamo. Formano la massa anodina, il numero astratto, gli individui per i quali, come direbbe il poeta, è notte assai prima di sera. Caratteristici sono tutti coloro che hanno fisionomia propria, presentando qualità svariate, tendenze originali e capacità feconde di iniziative distinte dalle abituali. Essi plasmano l’avvenire, distruggono e rodono ciò che esiste. Essi, in una parola, sono gli attori del dramma umano e della evoluzione sociale. I caratteristici “maggiori” posseggono capacità che consentono loro di cambiare la faccia del mondo con un’idea nell’un caso, oppure corrompere e violare una istituzione sociale: l’uomo di genio e l’uomo delinquente”1.

Il caratteristico dunque darà, nel bene e nel male, la sua impronta personalissima al mondo nella lotta per la vita, l’indifferente si farà trascinare dalla corrente, lasciando tutto esattamente come sta, perché a questi non importa ribellarsi alle ingiustizie, gli importa solo di vivere tranquillo.

Tra i caratteristici, sottolinea ancora Ingegnieros, siccome i tipi umani sono diversi tra loro, “esistono” anche “nature intrepide e leali che sono troppo sature di verità e di franchezza per piegarsi alle esigenze della vile strategia che obbliga ad essere bugiardi ed ipocriti per non essere vinti per la lotta per la vita. Quello che pensano questi caratteri fortemente temprati, salta alle loro labbra, gridano i loro disgusti, le loro ribellioni, le loro indignazioni, nello stesso modo che affermano le loro aspirazioni e i loro ideali. Se sono operai saranno cacciati dall’officina come pecore piene di rogna che potrebbero contagiare il gregge; se commercianti perderebbero la loro clientela; se funzionari sarebbero licenziati; se scrittori si romperebbe loro la penna tra le mani. Se parlano vengono condannati al silenzio della prigione; i migliori amici li trovano compromettenti, i parenti li rinnegano, la loro famiglia non perdona loro di avere alzato indignata la voce contro la bugia socialmente organizzata. E la massa, quando è feroce, li tratterà come malfattori, quando è indulgente li chiamerà pazzi. Tartufo è il re; suo è il trionfo. E l’individuo simula: il suo interesse glielo ordina, la sua educazione lo spinge a farlo, il suo avvenire dipende da ciò, l’esempio è contagioso, la corrente generale lo trascina”2.

Il caratteristico onesto inaugurerà così il ciclo dei vinti.

Il vinto sa che dire il suo pensiero lo trascinerà nel gorgo dei perdenti, ma non gli importa perché non può contraddire la sua stessa natura, non può rinnegare o dissociare se stesso. Per conservare fino in fondo coerenza ed omeostasi ha bisogno di prendere cacciavite, idee e coraggio e smontare il giocattolo, per capire meglio cosa c’è dentro. Quello che vede non gli basta, è per lui insufficiente, soprattutto perché non sono le risposte che non esistono a tormentarlo, ma le domande e i dubbi. Non riuscirà di certo a soddisfarli tutti, verrà criticato malevolmente, scacciato dai posti che contano, ostracizzato dal centro del mondo, ma almeno non sarà vissuto guardando come un qualsiasi indifferente ebete, il giocattolo che canta. Il destrutturalista sarà l’unico ad avere avuto il coraggio di ascoltare il canto delle sirene, in barba a critiche e pettegolezzi, sfidandole anche a prezzo di stare ad aspettare al limine della dimenticanza dei suoi libri. Egli sarà quel che è veramente, senza infingimenti, costi quel che costi.

1 G. Ingegnieros, La simulazione della pazzia, Fratelli Bocca, Torino, 1904, p. 78.

2 Ivi, p. 51.

https://antichecuriosita.co.uk/il-destrutturalismo-punti-salienti/

https://www.youtube.com/watch?v=Qq3Q5YzA5Zc

 

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