Dante risponde ai Fedeli d’Amore (parte II)

Dante risponde ai Fedeli d'Amore (parte II)

Dante risponde ai Fedeli d’Amore (parte II)

Dante risponde ai Fedeli d'Amore (parte II)

Dante e Beatrice, credit Antiche Curiosità©

 

Mary Blindflowers©

Dante risponde ai Fedeli d’Amore (parte II)

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Per Raimondo Lullo e Ruggero Bacone 9 erano i gradini di ingresso alla Gerusalemme Celeste. La croce patente è inoltre formata da 9 cerchi di varie dimensioni. Dante ne La vita nova collega tale numero all’amore divino. La stessa Beatrice gli apparve per la prima volta all’età di 9 anni, epoca della sua “rivelazione”. Dopo altri 9 anni ecco un secondo incontro in cui Beatrice rivolge un saluto al poeta nella nona ora di quel giorno.

Beatrice, morta “nell’ottantunesimo anno del secolo”1, è anche la nona donna più bella di Firenze. Il poeta afferma che secondo Tolomeo e la cristiana verità nove sono i cieli che si muovono e «secondo comune opinione astrologa, li detti cieli adoperino qua giuso secondo la loro abitudine insieme…». Nella Divina Commedia sono 9 sia le sfere celesti del Paradiso, sia i cerchi infernali. Il 9 infatti viene attribuito al diavolo dalle scienze occulte. Numero ambivalente dunque, impregnato di bene e male.

«Il numero misterioso di nove, da cui Beatrice è particolarmente amata», si può applicare, come affermato nel De Vita nova, al Venerabile di certi dignitati inferiori della massoneria scozzese o principi di Mercy. Esso è circondato da nove colonne, da nove fiaccole a nove bracci e a nove luci.

E Aroux ne La Comédie de Dante, pubblicata da Renouard nel 1856, «nota tra i nove cieli che percorre il poeta con Beatrice e certi gradi dello Scozzesismo, una perfetta analogia»2.

Per i cristiani il 9 è simbolo del sacrificio di Gesù, crocifisso all’ora terza, in agonia alla sesta ora e spirato alla nona.

Zoroastro racchiude nella moltiplicazione della triade per se stessa «la ragione assoluta del numero nove e la chiave universale di tutti i numeri e di tutte le forme». Ciò che noi chiamiamo le tre persone divine egli le chiama “le tre sublimità”. Su una scala di nove gradini «stabilisce la gerarchia celeste e tutte le armonie della natura. Egli conta per tre tutte le cose che emanano dall’idea»3.

Per Esiodo nove giorni e nove notti separano il cielo dalla terra e questa dal mondo infernale.

Il 9 è numero del ritorno su se stesso, dell’egoismo. Infatti può essere moltiplicato per qualsiasi numero. Se si sommano le due cifre ottenute, riecco sempre il 9.

9 x8 = 72; 7+2=9

9×1.265= 45; 11.385; 1+1+3+8+5 = 18; 1+8= 9

Lo stesso numero è consacrato al cielo e alle muse4, è l’enneade, primo quadrato dei numeri dispari e triplo ternario, l’ultimo dei numeri ad una sola cifra.

Simbolo positivo celeste e negativo insieme, di nascita e di morte, il 9 ha una doppia natura. Presso gli antichi romani era associato al lutto. Il novendiale infatti durava 9 giorni. Ancora oggi i funerali del pontefice si svolgono a distanza di 9 giorni dalla sua dipartita. Del resto novembre, mese dei morti, è il nono mese dell’anno. Ma sono 9 anche i mesi della gravidanza.

In giapponese 9 si pronuncia come la parola “dolore”, mentre in Cina è numero fortunato, associato al Dragone e a Dio, risiedente nel nono strato celeste.

Il tempio del Paradiso, a Pechino, è formato da 3 scalinate che conducono all’altare del Cielo e ogni scalinata è formata da 9 gradini. Sul piano superiore ci sono 9 cerchi attorno ad una pietra rotonda. Il primo cerchio è costituito da 9 pietre, il secondo da 18, il terzo da 27 etc., fino ad arrivare al nono che ne conta 81.

Le pietre dei tre piani sono 3402, in pratica 378 volte 9. Tale numero compare negli elementi architettonici del tempio più di 500 volte e ha un forte significato simbolico.

9 è anche 6 rovesciato e dunque rimanda anche ai significati di quest’altro numero.

Pseudo Dionigi l’Aeropagita nella sua De Coelesti Hierarchia descrive i 9 cori di Angeli che circonderebbero Dio: Serafini, Cherubini, Troni, Dominazioni, Virtù, Potestà, Principati, Arcangeli, Angeli.

Il 9 viene rappresentato da tre triangoli equilateri uguali disposti in modo da formare un trapezio. Si tratta della Grande Piramide che è priva del vertice e simboleggia la tensione verso le dimensioni superiori5.

9 è un multiplo di 3, numero sacro per eccellenza. Il 3 è il numero perfetto, della creazione e chiave della vita. Il suo simbolo è il triangolo6. E quest’ultimo è “Dio, (la Trinità) o il mondo dei noumeni”7, utilizzato nella divinazione8 e nei cerchi magici, nonché su sigilli e amuleti a scopo protettivo9. Il triangolo col vertice in su è la vita palese, cosciente visibile, sensibile. “L’uomo che vive nella piena coscienza della ragione esteriore… Capovolto è la vita occulta misteriosa, nel buio non sondabile della morte dell’uomo, vitale nel suo incosciente, l’astrale nebbioso, oscuro e profondo” che non appartiene al visibile esteriore ma alla coscienza umana. Il triangolo, usato anche dalla massoneria simbolica è la “rivelazione dell’arcano umano, il quale, a sua volta è l’arcano del mondo” 10. Per la Cabala degli ebrei 3 è Gimmel, il cammello, simbolo della ricerca della saggezza. La terza Sephira o Triade è però potenza femminile. Il numero 3 è collegato alla Madre, Aima11, aspetto di Binah, eternamente congiunta con il Padre per mantenere l’armonia universale. Nell’Elohim, Divinità, convivono potenza femminile e idea maschile. L’uomo e la donna sono uguali davanti a Dio. “La donna è uguale all’uomo e non certo a lui inferiore”12. I traduttori della Bibbia hanno spodestato la Madre creando un Dio maschio e Trino creatore del Cielo e della Terra…

E i titanici, inferi, Magi, l’imberbe Gaspare, l’oscuro Baldassarre e il canuto Melchiorre13, secondo la tradizione più accreditata14, non erano forse 3?15 Lo stesso dicasi dei figli di Noè, dei giorni che Giona visse rinchiuso nel ventre oscuro della balena, dei dì d’oscurità in Egitto prima del grande esodo o di quelli in cui il redentore rimase nel sepolcro prima di risuscitare. Tre sono i mondi magici di Giordano Bruno e i periodi della vicenda evangelica corrispondenti al periodo attivo del sole nel cielo.16.

Gioacchino da Fiore: «Padre, ti prego, che tutti si confondano in uno, così che tu Padre, sia in me e che in te io mi confonda. Nel cielo si afferma una trinità: Il Padre, il Verbo, lo Spirito Santo. In uno esistono tre. Anche sulla terra si afferma una trinità: l’aria, l’acqua e il sangue, e questi tre coesistono in uno». Questa teoria fu condannate dal concilio di Arles (1260-1261), verso la fine del Pontificato di Alessandro VI. I Gioacchimiti vennero definiti «falsi dottori che prendono per fondamento delle loro stravaganze certi ternari, vogliono stabilire nelle loro concordanze una dottrina perniciosa, e sotto il pretesto di onorare lo Spirito Santo, diminuire l’effetto della Redenzione del figlio di Dio e limitarlo ad un certo lasso di tempo».

Ne «Il libro della Penitenza d’Adamo, si racconta che Adamo ebbe tre figli, Caino, Abele e Set, potenza sintetica e combinata». Set era un giusto e arrivò al Paradiso terrestre senza che il cherubino lo allontanasse con la sua spada fiammeggiante. Anzi l’Angelo gli offrì tre grani. Essi contenevano tutta la forza vitale dell’Albero della Scienza e dell’Albero della Vita riuniti insieme. Spirato Adamo, Set, seguendo le istruzioni dell’Angelo, depose i tre grani nella bocca del padre morto, come simbolo di vita eterna. I rami che produssero questi tre grani formarono il roveto ardente attraverso il quale Dio rivelò il suo nome a Mosè: «L’essere che è, che è stato e che sarà».

La verga di Mosè nacque dal triplice ramo del roveto sacro. Il re David piantò questo ramo vivente sulla montagna di Sion. Salomone utilizzò i rami dell’albero che nacque per costruire le due colonne del tempio: Iakin e Bohas, le rivestì di bronzo, e «pose il terzo pezzo di legno mistico sul frontone della porta principale»17.

3 e 9 conducono a dimensioni superiori ed arcane che meriterebbero una trattazione a parte. Dirò semplicemente per amor di brevità che è appunto di piani superiori che si parla nell’intera produzione dantesca.

La lettura del De Vita Nova, con l’insistenza quasi maniacale sulla sacralità del numero 9, sembrerebbe confermare l’ipotesi (da alcuni negata) di Gabriele Rossetti ne I ragionamenti sulla Beatrice di Dante del 1842, in cui sostiene l’appartenenza di Dante alla setta segreta dei Fedeli d’Amore, che desiderava riformare la Chiesa. Così la donna angelicata è soltanto il mezzo materiale angelicato per poter comunicare attraverso “la Gaia scienza”, lessico segreto, le proprie aspirazioni ghibelline di riforma politica e mistico-religiosa, senza il rischio di cadere nei roghi dell’Inquisizione come accadde a Cecco d’Ascoli, suo amico, il quale, per aver parlato “meno oscuramente”, fu arso vivo in una pubblica piazza fiorentina18.

I trovatori provenzali e gli stilnovisti italiani furono costretti ad elaborare un linguaggio segreto al fine di poter diffondere le proprie dottrine senza compromettere la propria immagine e ovviamente la propria vita. Infatti i metodi inquisitoriali non erano proprio delicati.

Le ipotesi del Rossetti, di un Dante anticlericale, riprese dal Pascoli e poi dal suo discepolo Luigi Valli, vennero duramente avversate dagli ambienti accademici ufficiali, tuttavia non cessano di esercitare un fascino particolare nel lettore, specialmente dopo la pubblicazione nel 1925 del suggestivo saggio di Guénon sull’esoterismo di Dante. Lo scrittore Gian Maria Ferretto ha pubblicato 4 volumi di studi danteschi in cui sostiene la tesi dell’appartenenza di Dante al filone cristiano-gnostico dei Fedeli d’Amore, mentre Cavalcanti avrebbe rappresentato quello cataro e da qui poi la successiva disamistà tra i due, che certa critica ufficiale stigmatizza in altro modo, presentando Cavalcanti come in disaccordo con la concezione della donna angelicata espressa da Dante.

La posizione ufficiale nega strenuamente l’esoterismo dei Fedeli d’Amore perché la scuola e l’università preferiscono comunque personaggi istituzionalizzati che non creino “scandali”, e le filosofie esoteriche in un Paese ultra-cattolico sono argomento “spinoso”, “pericoloso” e “deviante”, che le università, spesso in mano ad associazioni cattoliche simili a sette, aborrono e talvolta sbeffeggiano. Uno dei più strenui difensori dell’ortodossia di Dante fu, forse non a caso, il cattolico Natalino Sapegno. Eppure Dante, già nel Convivio, parlava dei quattro significati da dare alle Sacre Scritture ed alla Poesia: letterale, allegorico, morale ed anagogico. Nell’epistola a Cangrande spiega il significato del termine ìanagogicoî come liberazione dell’anima dai meschini gravami della presente corruzione ed il passaggio alla libertà eterna e gloriosa (Ep. XIII, 21, 22). Nel canto VII dell’Inferno si individua come causa di mali e corruzione proprio l’anticlericalismo. Scrive Enrico Galavotti in Dante laico e cattolico: “Il canto VII è altamente anticlericale, al punto che l’Inferno avrebbe potuto concludersi qui, poiché Dante aveva individuato la radice fondamentale dei mali del suo tempo: l’ipocrisia di chi predica idee cristiane e conduce una vita pagana…”19, paradigma perfettamente disfunzionale anche oggi in un mondo in cui la Chiesa cattolica e le sue ramificazioni settarie (Opus dei20, Comunione e Liberazione, Opera di Maria, Neocatecumenato, Cavalieri della luce, Focolarini, etc.), fanno grossi affari in nome di Dio.

La scuola ufficiale, sia a livello inferiore che universitario, in un Paese dominato dal clericalismo, si guarda bene dal parlarne, ignorando volutamente l’esoterismo di Dante e la sua appartenenza ai Fedeli d’Amore, interlocutori privilegiati del De Vita Nova. E se Rino Cammilleri si chiede: “perché il medioevo così religioso fosse anche così anticlericale”, di rimando potremo domandarci perché il mondo odierno sia bacato di clericalismo, nonostante siano sotto gli occhi di tutti i difetti di chi con la bocca piena della parola di Dio si abbandona all’abuso, all’edonismo, al riciclaggio di denaro sporco, alla simpatia con le mafia, con il potere, alla pedofilia, alla misoginia e omofobia. E il vetero-cattolico sembra non avvedersene, continuando a celebrare l’intoccabilità del Papa, infallibile ed ineffabile come lo stesso dio che rappresenterebbe. Gli uomini del medioevo erano dunque più accorti, più intelligenti, mettevano i papi all’inferno e sia pur cattolici, sapevano essere anticlericali quando il comportamento del clero era in disarmonia con i principi dell’umiltà cattolica. Ma se Dante non poteva esprimere apertamente il proprio disappunto verso il clero per via di un’inquisizione attiva e feroce che stroncava con la repressione qualsiasi tentativo di libera espressione del pensiero, oggi ci sono nuove inquisizioni, capaci di filtrare informazioni, di relegare il dissenso verso angoli di libera informazione che, troppo spesso, ha difficoltà a sopravvivere. L’inquisizione non brucia più eretici ma esiste in forma più sottile, ramificata, tentacolare, attraverso le associazioni-sette cattoliche che hanno tanta parte di potere nelle scuole, nelle università, nei giornali. E lo scandalo di criticare un papa che ha fatto carriera durante un regime di dittatura militare in Argentina, è troppo forte per un Paese vetero-cattolico, così la stampa ufficiale non ne parla perché è bene che i proprio non limpidi rapporti del Papa con Videla non siano discussi in alcun modo. E cosa faceva il “Papa dei poveri”, notoriamente detestato dall’opposizione di sinistra nel suo Paese, quando il regime massacrava 9 mila oppositori? Ce lo racconta il giornalista argentino Horacio Verbitsky nel suo libro “Il volo” in cui si ricostruiscono le omertà e le pesanti responsabilità della Chiesa cattolica durante la dittatura. Chissà cosa direbbe Dante di queste ombre se fosse vivo e potesse scrivere ancora. E chissà cosa direbbe dei 400 sacerdoti ridotti allo stato laicale tra il 2011 e il 2012 perché accusati di pedofilia e di quelli che continuano ad abusare ogni giorno di minori; e cosa direbbe il nostro Dante di quel Papa polacco amante dei bagni in piscina che ha fatto diventare la setta fondamentalista cattolica Opus Dei, chiamata la Santa Mafia, prelatura personale, consentendole di maturare fiorenti affari appunto con la mafia, di reclutare numerari tra minori di famiglie bene, a cui viene fatto un sistematico lavaggio del cervello e di avere uomini nei posti chiave del potere mondiale. L’Opus dei ha anche un indice dei libri proibiti, esattamente come ai tempi dell’Inquisizione… E ancora cosa direbbe il sommo poeta anticlericale degli scandali legati allo Ior, la banca Vaticana e dell’omicidio di Papa Luciani, l’unico forse che avrebbe voluto fare luce sugli sporchi misteri del Vaticano?

Dal Medioevo ad oggi il potere clericale si è raffinato, è diventato sottile, insinuante, tentacolare, ha cercato di impadronirsi dei mezzi di comunicazione di massa per propagandare false immagini di altrettanto finte umiltà: Il Papa da la merendina alla guardia svizzera, il Papa calza scarpe modeste, viaggia sull’autobus, benedice, predica, dice… In realtà la Chiesa cattolica ha un enorme potere economico garantito da grossi affari non sempre puliti e dal reclutamento delle sette integraliste orientate verso destra. I numerari dell’Opera, per esempio, danno tutto l’intero stipendio all’organizzazione, non trattenendo niente per sé, in modo che la dipendenza dall’abbraccio d’acciaio dell’Opus sia totale, come nei migliori integralismi. E che direbbe Dante dell’abitudine ecclesiastica di proporre nuovi santi per ogni occasione? Pio XII, per esempio, il cui atteggiamento durante la seconda guerra mondiale non è stato proprio limpido e chiaro21, oppure lo stesso Karol Wojtyla, il grande oscurantista, accusato da Maureen Dowd in un articolo apparso nel New York Time di aver coperto lo scandalo dei preti pedofili e di aver difeso il fondatore dei Legionari di Cristo, il sacerdote messicano Marcial Maciel Degollado, “pedofilo, donnaiolo, malversatore e drogato”.

Scrive Giovanni Franzoni in un numero speciale di Micromega: «La modalità di copertura degli scandali oltre a essere contrastante con la lettera dell’Evangelo, secondo il quale è bene che gli scandali siano manifesti perché ci sia chiarezza nella comunità, è risultata anche offensiva nei confronti del rapporto fra corpo ecclesiastico e società laica. Alcuni vescovi costretti tardivamente a dare le dimissioni in seguito all’esplosione degli scandali hanno pubblicamente detto che consultandosi con la Congregazione per la dottrina della fede, di cui era prefetto l’attuale pontefice, avevano operato nella convinzione di essere in armonia con la volontà del papa. Quanto poi allo scandalo che ha coinvolto l’arcivescovo di Vienna, Hans Hermann Groër, costretto alle dimissioni da una corale richiesta dei vescovi austriaci, è noto che la sua promozione da abate benedettino ad arcivescovo fu promossa personalmente da Giovanni Paolo II che aveva stretto un rapporto di amicizia e collaborazione con Groër già da quando era vescovo di Cracovia»22. Inoltre Giovanni Paolo II non ha di certo favorito l’accertamento della verità sul caso Ior: «E il fatto che la Santa Sede, pur dicendosi estranea al crack dell’Ambrosiano, abbia dato, a titolo di buona volontà, un sostanzioso contributo per aiutare chi da quel crack aveva subìto ingenti danni economici, non risolve affatto, ma rende più aspro, il problema di fondo…».

E così se Bonifacio VIII incarnava per Dante il male della Chiesa corrotta, tanto da spingerlo a preconizzargli l’Inferno, le lunghe ombre che gravano sui Papi attuali, dimostrano che la Chiesa non ha mai mutato il suo volto costantemente fisso sul potere e sul denaro.

Ovviamente di questo a scuola non si parla. Eppure quello che le scuole non dicono, per motivi di opportunità politico-religiosa, può essere molto interessante. La rivoluzione di un’idea non parte mai dall’interno di posizioni ufficiali ortodosse e cristallizzate, perché coloro che siedono al caldo del benessere costituito e dogmaticamente accettato, coloro che hanno il potere fra le mani, raramente hanno l’impulso a svelare verità scomode e filtrano le informazioni affinché la massa non sappia. Perciò come dice il sommo poeta eretico e settario nell’Inferno, dove colloca, tra l’altro e giustamente, molti papi:

O voi ch’avete li ‘ntelletti sani, mirate la dottrina che s’asconde sotto ‘l velame de li versi strani

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1 Si veda a tal proposito, ivi, p. 27.

2 Ibidem.

3 Elifas Levi, La storia della magia, Atanor, 1989 p. 41.

4 Calliope, poesia epica; Euterpe, poesia lirica e canto; Talia, commedia; Melpomene, tragedia; Tersicore, danza e canto corale; Erato, poesia erotica; Polimnia, poesia e danza sacra; Urania, astronomia.

5 Giancarlo Tarozzi, Il potere segreto dei numeri, Siad, 1977, p. 21,22. Si veda a tal proposito anche Maria Antonietta Pinna, Picacismo simbolico, Bastogi, 2013.

6 Il triangolo con la punta verso il basso è acqua, elemento femminile, negativo, diabolico, con la punta verso l’alto è fuoco, positivo maschile, divino. L’acqua è collegata al verde, colore di Venere, il fuoco al rosso, colore di Vulcano. Vedi Piotr D. Ouspensky, Domenico e Ada Balbi, Tarocchi, simbologia e divinazione, ECIG, 2003, pp. 91-93, 95.

7 Le carte per la divinazione dei tarocchi vengono disposte a triangolo, con 7 carte per lato, al centro del triangolo c’è un punto rappresentato dalla carta 0. Il triangolo è inscritto in un quadrato di 56 carte con 14 carte per lato. Si ha così una simbolica rappresentazione della relazione Dio-Uomo-Universo, che corrispondono rispettivamente al triangolo, al punto (anima umana) e al quadrato (mondo visibile, quattro elementi). Il quadrato è uguale al punto, quindi tutti i fenomeni sono racchiusi nella coscienza umana. “L’Imperatore”è legato anch’esso al triangolo e a Dio: «Io sono il nome di Dio… Come la quarta lettera del nome contiene le prime tre, così il mio scettro contiene un triangolo completo e porta in sè il seme di un nuovo triangolo», (Piotr D.Ouspensky, Domenico e Ada Balbi, Tarocchi, simbolismo e divinazione, Ecig, 2003, p. 11, 36). Sull’uso del triangolo nella divinazione vedi anche Papus I tarocchi, Edizioni del Gattopardo, 1973, p. 20, 21.

8 «Il 3 è il numero perfetto, Simbolo della Grande Opera. Somma dell’1 e del 2 è il compimento dell’Universo. Simboleggia la realizzazione della coppia, il Figlio Cosmico nato dall’Uomo e dalla Madre, la verità che scaturisce dalla sintesi del Bene e del Male. La rappresentazione grafica ideale del 3 è un triangolo equilatero con il vertice rivolto verso l’alto .È il simbolo della prima tappa della realizzazione materiale, cioè della materia che si slancia verso le dimensioni superiori simboleggiate dal vertice…», (Giancarlo Tarozzi, Il potere segreto dei numeri, Siad, p. 15).

9 I cerchi magici servono nei riti per proteggere l’uomo dagli spiriti maligni. All’interno di tre cerchi c’è un triangolo che secondo la tradizione dev’essere fatto con «tre catene prese da patiboli, e fermate con dei chiodi che abbiano trafitto la fronte di criminali giustiziati o che ebbero rotte le ossa sulla ruota», (Le arti magiche, la Bibbia della magia, Editoriale del Drago, 1987, p. 72-74); «L’operatore di Evocazioni ordinarie sia sicuro che, se la convocazione fosse attuata in luogo non consacrato, senza che alcun Cerchio Magico fosse stato tracciato a scopo di difesa, l’invocazione alla compoarsa visibile di potenze terribili come Amaymon, Egyn e Beelzebub, porterebbe probabilmente alla morte istantanea dell’Esorcista. Tale morte presenterebbe i sintomi dell’Epilessia, dell’Apoplessia o dello Strangolamento, a seconda delle condizioni vigenti al momento. Anche una volta formato il Cerchio, l’evocante stia attento a non oltrepassarlo, a non curvarsi o chinarsi fuori di esso nel corso dell’Esorcismo, prima che sia stata data la licenza alla dipartita…La funzione del Cerchio è di creare condizioni atmosferiche abnormi, eccitando un diverso stato di forza all’interno del Cerchio nei confronti di quello esistente al di fuori di esso; così, anche in assenza di una azione occulta maligna degli Spiriti, il mutamento improvviso e non preparato di atmosfera influenzerà gravemente l’Esorcista nello stato nervoso di estrema tensione in cui si trova. Anche il Congedo agli Spiriti non dovrebbe essere omesso, poiché le Forze del Male sono fin troppo disposte a vendicarsi sull’Operatore per il disturbo loro arrecato, se egli dovesse imprudentemente lasciare il Cerchio prima di averle congedate e,se necessario, perfino costrette ad andarsene attraverso formule adatte», (Magia della Cabala, Testo e commento del libro della Magia Sacra di Abra-Melin il Mago, a cura di S.L. MacGregor Mathers, vol. II, Mediterranee, 1981, pp. 35, 36).

10 La scienza dei magi, Dizionario dei Termini Ermetici dell’Opera Omnia di Giuliano Kremmerz, a cura di Ugo Danilo Cisaria, Vol. IV, Mediterranee, 1976, pp. 395, 396. Era chiamato “Triangolo” anche un particolare strumento di tortura simile a “la veglia”. Un palo al quale veniva fissato un oggetto a forma di piramide. La strega veniva fatta accomodare sulla punta del triangolo in modo che entrasse nel retto o nella vagina. Le venivano poi fissati dei pesi a mani e piedi con conseguenze facilmente immaginabili. Le torture della Chiesa avevano dei risvolti sessuali. Lo strumento del terrore doveva annientare la sessualtà, pietra dello scandalo. Gli imputati venivano completamente spogliati prima della tortura. Le donne spesso violentate da boia e inquisitori.

11 Binah, La Madre Superiore… ha duplice aspetto… Ama, l’Oscura Madre Sterile e Aima, Lucente Madre Fertile… grande Mare, Marath che non significa soltanto Amaro, ma che è anche la radice di Maria… Mediante l’associazione di Binah con il mare ci viene ricordato che la vita ha avuto i suoi primordiali inizi nelle acque; dal mare è nata Venere, la donna archetipale, Dion Fortune, La Cabala Mistica, Astrolabio, 1974, p. 46.

12 Magia della Cabala, la Kabbala svelata, i Libri dello Zohar, a cura di S.L. MacGregor Mathers, vol. I, Edizioni Mediterranee, 1981, p. 33.

13 Papa Benedetto XIV nel suo libro De canonizzazione, dice che i Magi ebbero diversi nomi a seconda delle tradizioni: «Appelius, Amerus, Damasius; altri ancora li chiamano con nomi greci: Galgalath, Magalath, Saracin; e presso noi Melchior, Gaspar, Baldassar; e finalmente Ator, Sator, Paratoras. Sono dodici nomi, dicui i Magi potevano averne avuti diversi, per ciascuno», (P. Rotta, Memoria sulla traslazione delle reliquie dei Santi Magi, Tipografia dell’Istituto Marchiondi, Milano, 1903, p. 14).

14 Il loro numero può variare a seconda della tradizione, arrivando perfino a dodici, altro multiplo di tre. Scrive a tal proposito fin dal 1903 Paolo Rotta in un raro testo sulla traslazione dei corpi dei magi «La ragione per cui i Santi Re Magi vengono appellati con altri nomi, non è fortuita, ma storica e anzitutto liturgica, e adogni modo i loro nomi sono appunto quelli registrati nell’Indice dei Santi Milanesi e nel Martirologio del Bosca, che al 6 di gennaio dice: Festivitas ss.Regum Balthassaris, Gasparis atque Malchioris. I Greci ne contano altri tre diversi. Studiando le catacombe di Roma edi sacri monumenti antichi accade di vedere effigiati i santi Magi talvolta anche in numero di quattro, di cinque: anzi da una tradizione e da qualche Padre, si arriva perfino a dodici i Magi, che s’affrettarono alla capannadi Betlem, numero mistico che indicherebbe le dodici tribù segnate col marchio di redenzione, oppure i dodici apostoli. Però la comune opinione della Chiesa e dei Padri, che si rivela anche in liturgia, sostiene che fossero soltanto tre i Magi accorsi a Betlemme», (P. Rotta, Memoria sulla traslazione delle reliquie dei Santi Magi, Tipografia dell’Istituto Marchiondi, Milano, 1903, pp. 13, 14).

15 «Chi sono i tre visitatori? La critica si è a lungo esercitata sull’argomento, e fondandosi sul nome stesso, che richiama ai “magi persiani”sulla loro provenienza da oriente, sul particolare della stella accompagnatrice, ci presenta i tre viaggiatori quali persiani d’alto lignaggio (in realtà aborriti “gojim”o gentili venuti a venerare il Signore, ad adorare il re della Terra. La voce maga in iranico, valeva “partecipe del dono”cioè partecipe della dottrina di Zar-at.hustra ed era il nome dei sacerdoti (mogh in lingua pelvi) decaduti poi, come taluno ha affermato, allo stato di stregoni…La forma magi ha una radice in mag, maj la quale ha chiari riferimenti titanici», laddoveper titanico si intende terreno rispetto alla natura celeste e solare di Cristo. «D’altra parte se ci rifacciamo al testo di Isaia (LX, 6), che dice: “arrivano da Saba, eportano l’oro e l’incenso”, vediamo confermata la natura terrena degli offerenti, perché Saba è la terra, cioè l’espressione più evidente del mondo infero; e dal punto di vista mistico è la terra del sud, dato che il sud fu la regione titanica per eccellenza», (U. Grancelli, Il simbolo nella vita di Gesù, Casa Editrice Europa, Verona, 1947, pp. 57, 58).

16 «L’attività evangelica di Gesù corrisponde al periodo attivo del sole nel cielo,ai tre passi diurni; e in realtà tre sono i periodi della vicenda evangelica; il primo che va dalla nascita alla morte di Giovanni, il secondo che corrisponde all’attività messianica e il terzo che va dalla passione alla morte», (U. Grancelli, Il simbolo nella vita di Gesù, Casa Editrice Europa, Verona, 1947, p. 91).

17 Elifas Levi, La storia della magia, Atanor, 1989, p. 33

18La Beatrice di Dante, ragionamenti critici di Gabriele Rossetti, Londra, a spese dell’autore, 1842, pag, 46.

19Enrico Galavotti, Dante laico e cattolico, Homolaicus, 2015, p. 123.

20Sulla setta dell’Opus Dei, divenuta sotto Giovanni Paolo II prelatura personale, con grossi poteri politici e finanziari, avendo numerosi e fedelissimi rappresentanti dentro banche, università, scuole e partiti politici, si veda l’interessantissimo libro documento di Ferruccio Pinotti, Opus dei segreta. Frusta, cilicio e alta finanza, BUR 2006. Nella sezione Documenti c’è anche “l’indice dei libri proibiti” a dimostrazione che l’inquisizione non è mai morta del tutto, ha soltanto cambiato forma e metodo.

21 «Pio XII è stato “trasparente e disponibile per l’opera di Dio”? Il “pastore angelico”, il 260° papa della Chiesa di Roma, il pontefice del gran silenzio, il cavaliere dell’imparzialità anticomunista, che ha taciuto di fronte alle deportazioni, all’assassinio, allo sterminio di milioni di ebrei. Un uomo coraggioso, non c’è che dire. Già nel 1933 Edith Stein, dopo l’elezione di Hitler al cancellierato, scriveva al papa, Pio XI, e al suo segretario di Stato, cardinal Pacelli. Il silenzio della Chiesa cattolica su quanto stava accadendo in Germania, non poteva essere ammesso. Non solo gli ebrei, ma migliaia di cattolici tedeschi aspettavano che la chiesa di Roma facesse sentire la sua voce contro gli abusi criminali verso l’umanità, violenze che già stavano avvenendo. Sembra che papa Pio XI stesse preparando un’enciclica contro il nazionalsocialismo pronta alla fine del 1938 e che la morte gli abbia impedito di prendere posizione. Perché il suo successore, Papa Pacelli, ha rinunciato a pubblicare l’enciclica? Eppure il Vaticano sapeva ciò che stava accadendo nei campi di concentramento hitleriani, si sapeva “della soluzione finale”. Nel 1942 il papa ricevette informazioni sul massacro degli ebrei in un documento compilato da padre Pirro Scavizzi che parlava di due milioni di morti. Si sapeva… E a Natale dello stesso anno il Santo padre, sapendo del genocidio, spremeva poche frasi contenute di circostanza: Questo voto di pace in un ordine nuovo, l’umanità lo deve alle centinaia di migliaia di persone le quali, senza veruna colpa propria, talora solo per ragione di nazionalità o di stirpe, sono destinate alla morte o ad un progressivo deperimento. Perfino Mussolini disse che il discorso del papa, pieno di luoghi comuni, era talmente generico che avrebbe potuto essere pronunciato dalparroco di Predappio. Poi nel 1943 il papa ancora si esprime riferendosi genericamente a coloro talvolta, destinati anche senza colpa a misure di sterminio. Il talvolta ci sta proprio bene. È la ciliegina sulla torta di San Pio XII. Il vescovo di Aubsburg nella sua lotta contro l’ateismo non ha forse detto che senza Dio tutto è permesso? Le società senza Dio sono l’Inferno sulla terra, come dimostra il nazismo, con campi di concentramento e omicidi di massa. Lo stesso vescovo ha detto che la più grande strage tedesca è quella consumata con gli aborti, praticati in numero superiore alle vittime del genocidio nazista. La frase non ha bisogno di essere commentata. Del resto il 6 ottobre 2002 Giovanni Paolo II con gran cerimonia, non ha proclamato Santo il fondatore dell’Opus Dei, la Santa Mafia? Josemaría Escrivá, uomo freddo, pragmatico, iniziatore di un culto personale, simpatizzante del dittatore Francisco Franco, amico di Pinochet, a capo di un’organizzazione potentissima, tentacolare, che mette becco in affari, politica e finanza. Santo? Ma torniamo indietro nel tempo. Ecco, San Luigi, Luigi IX, re di Francia, il cacciator di reliquie, il moralizzatore, quello che ha guidato due sanguinose crociate fallimentari, per devozione religiosa, s’intende. E da chi fu canonizzato questo re nel 1297? Da Bonifacio VIII, altro grande campione della cristianità, quello della vendita delle indulgenze, tanto per intenderci: Quando il soldin cade nella cassetta l’anima sale in cielo benedetta. Il Paradiso comprato, la religione del lucro, dell’affare o del malaffare. Con Dio tutto è permesso», Maria Antonietta Pinna, Bibbia e religione degli uomini, Pio XII santo?, articolo comparso in L’ateo, bimestrale UAAR, anno 6, 2010, p. 8.

22Giovanni Franzoni, Karol Wojtyla, il grande oscurantista, Numero speciale di Micromega, Aprile 2011.

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