L’epoca rumorosa del silenzio©

L’epoca rumorosa del silenzio©

Di Mary Blindflowers©

Tibbs and Tibbs, mixed media on canvas, by Mary Blindflowers©

 

Il silenzio avanza verso di noi, si siede accanto ai nostri pensieri, li abbraccia, li stritola persino, è capace di dirigere il moto dei neuroni, della bocca, della lingua, il fermento eterno ed inesausto delle religioni e dei comportamenti collettivi. Il silenzio può tagliare delineando il vuoto, può far riflettere frustrando ogni tipo di rumore più o meno assordante che permea la nostra epoca chiassosa e caotica. 

Ma ci sono molti tipi di silenzio. 

Che qualità abbia il nostro individuale silenzio può saperlo solo la coscienza di ognuno di noi. A quale silenzio apparteniamo possiamo decifrarlo nel chiuso delle nostre case, quando da soli, ci guardiamo allo specchio, sperando che l’immagine riflessa non si muova in modo autonomo, indipendente dai nostri movimenti, dentro una scissione che abbiamo voluto e inseguito per fare successo. 

Si può infatti essere silenziosi tarpando le ali dell’imbarazzante rumore che produrrebbero le nostre bocche se osassero denunciare le incoerenze grottesche del sistema, si può invece essere silenziosi per pensare e scrivere qualcosa che parli e mentendo dica il vero. 

Padre Fra’ Giuseppe Nicola da S. Hippolito, Eremitano Scalzo Agostiniano della Provincia di Piemonte, dà alle stampe nel secolo XVIII° un libro in cui si raccomanda al vero cristiano il silenzio. 

Nel capitolo VIII il frate raccomanda anche di “crocifiggere la lingua”. Scrive infatti Fra’ Giuseppe: “La lingua non crocifissa, cioè non mortificata né custodita, è un fuoco d’Inferno che distrugge e consuma tutte le opere virtuose… La lingua ben custodita e col silenzio crocifissa è un tesoro inapprezzabile, nascosto nella bocca dell’huomo, qual l’arricchisce di tutti i beni spirituali, e lo rende amabile a Dio, alli Prencipi, ed a tutto il Mondo: Questa gli serve di custodia all’anima, e lo libera da molte angosce… ma se è mal custodita è un veleno mortifero, ascoso sotto le labbra, qual rende la persona abominevole a Dio…”1.

 Tutti zitti dunque, sottomessi al Super-ego, all’autorità, al Dio del momento. 

Chi parla è abominevole, chi denuncia le storture è automaticamente chiuso fuori dal sistema, un agente patogeno incontrollato, satanico, un dente cariato, un cane sciolto che non ha capito nulla di come funzionano le cose nel mondo. 

Così c’è chi scrive per non dire nulla, opere innocue, leggere, senza alcun germe di polemica dove una sedia è una sedia e nient’altro, dove un gatto è un gatto e basta a se stesso senza veicolare altri sensi. C’è invece chi scrive per parlare, per dire ciò che normalmente tutti sanno, pure le pietre, ma non si può dire se non sotto forma letteraria mascherata, perché il rumore prodotto dalle parole, darebbe fastidio alle persone “per bene”. 

Chi scrive per non scrivere, per non dire, per non denunciare le storture del sistema ha fatto una scelta, ha deciso di fingere una professione che non gli appartiene e si fa chiamare “scrittore” o “poeta” indebitamente, senza averne le caratteristiche, il genio, il coraggio, la fede, l’impronta, la determinazione. 

Chi scrive per non parlare, segue il postulato di una pseudo-scienza antica quanto rovinosa, la stessa scienza di Padre Fra’ Giuseppe Nicola da S. Hippolito che scriveva nel 1705, la scienza ereditata dal Cicerone del pro domo sua

Flessibile, chi segue i comandamenti del potere, va normalmente per salotti a farsi chiamare poeta o scrittore, etichettando la sua attività, dandole un nome definente e qualificante: scrittura, una parola grossa. 

La scrittura tuttavia è una forma d’arte. L’arte è anarchica per definizione, non accetta imposizioni dall’alto, segue il suo genio, crea fratture riflessive, non offre soluzioni, crea dubbi. Il suo compito, da sempre, non è quello di rasserenare il mondo bacato, di conciliare il sonno dei dormienti, ma di svegliare le coscienze, di scuoterle, anche di scandalizzarle, denunciando gli aspetti negativi di una società malata e spezzando il silenzio colpevole di chi abbassa la testa e rinuncia al cambiamento. 

Nel momento stesso in cui l’arte rinuncia all’evoluzione, smette di essere tale, diventa un’ancella, gregaria del potere, una mano al servizio di chi conta, comoda, scontata, da mostrare senza paura che crei disappunto in chi comanda o che disturbi il politicamente corretto. 

L’arte sta morendo. Si scrive sempre di più per non dire nulla, una letteratura che non disturba, che non dice, non è letteratura, è innocua scrittura per depensanti. 

Il silenzio del non pensiero ci attende. 

 Chi vincerà e chi perderà? 

 Perderemo tutti. Chi scrive per non dire scalerà le vette di uno pseudo-successo che egli stesso sa di non aver meritato, chi scrive per scrivere e parlare, non arriverà mai all’Olimpo del successo che meriterebbe. 

Così tutti avranno perso, sia i falliti che fingono di essere dei vincenti, dando ricettine per il buon vivere in tutte le reti televisive, sia i ribelli vincenti che all’apparenza sono perdenti. 

E tutto si mescola, si confonde in un eterno silenzio senza nome e senza dignità crocefisso sull’altare dell’inutilità senz’anima.

 

1 Croce cottidiana del vero christiano nella quale si insegna il modo di prendere e portar la Croce ad imitazione di Giesù Christo Signor Nostro, composta dal Rev. Padre Fra’ Giuseppe Nicola da S. Hippolito Eremitano Scalzo Agostiniano della Provincia di Piemonte, dedicata all’Altezza Reale di Madama la Duchessa Anna di Francia Duchessa di Savoia, Principessa di Piemonte, e Regina di Cipri, In Novara Per Francesco Liborio Cavallo Stampatore Vescovale, MDCCV, p. 96 e ss.

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