Fate a pezzi le poesie, le apologie

Fate a pezzi le poesie, le apologie

Fate a pezzi le poesie, le apologie

Le poesie? Fattele a pezzi

Il verde oltre lo spino, credit Mary Blindflowers©

 

Mary Blindflowers©

Destrutturalismo. Le poesie? Fatele a pezzi

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Fate a pezzi le poesie! Uccidete metaforicamente i poeti. L’inutilità dei sacrari stinti e accumulati dentro quintali di polvere, pesa sul valore aggiunto della poesia che è solamente quello di resistere a se stessa, alle sue stesse insulse apologie, ad uno sguardo allo specchio logoro di verità fittizie in cui è chiaro che chi vince non è mai la poesia stessa ma la sua ombra sterile, portata in cielo e su un trono di intoccabilità che piace tanto a chi si autodefinisce poeta, autocensazione piuttosto comune tra gli scriventi, perlopiù di media classe annoiata che decide di scrivere perché dire di essere “scrittori” va di moda in un mondo in cui praticamente nessuno o quasi legge. Il sublime però è morto, il Parnaso non è più il luogo prediletto dagli dei, le corone di alloro sono state calcinate dentro fuochi fatui, le glorie sepolte disseccate per sempre, i versi disciolti e sciolti in prose poco poetiche, il ritmo è muto, la rima considerata superata da chi perlopiù nemmeno la sa fare, la musica non è più musicale, il sale non condisce le belle lettere che ormai sono sciape, il potere è volere, sempre, propone cibi insipidi; i poetucoli fuori dal piatto grosso agitano le pinne caudali nei loro stagnetti di carta stagnola che sembrano laghi ma sono pozzanghere. C’è un brulichio intenso, un agitar di mani, un pettegolio continuo, tutto sa tutto di tutti che sanno tutto di nessuno, tutti sono qualcuno o vogliono diventarlo: c’è chi ha un articolo nel giornale dell’amico; chi un trafiletto nell’ultima pagina vicino ai necrologi della rivista dell’amica; chi una mirabolante e irripetibile intervista intervistosa in una radio che nessuno ascolta, a parte qualche signora attempata vestita di viscosa e tulle plissettate con fiori ocra e viola su sfondo molto scuro; chi parla a profusione del suo ultimo libro stampato in tre copie, in una tv a pagamento seguita da tre pinguini di gomma gonfiata su una spiaggia in agosto; chi ha un dipinto esposto nel sito di un critico, previo esborso di quattrini. L’esborso ovviamente è omesso, rovinerebbe completamente la pubblicità progresso. C’è chi scopiazza un nome e lo usa per intitolarci una collana editoriale, poi trionfante sorride, come se non esistessero altri nomi, come se non fosse stato inventato il concetto di neologismo. Troppo complicato, il neologismo implica un grammo di cervello che latita, è difficile da trovare, meglio usare la roba altrui, visto che è già pronta all’uso e all’abuso. Così il mediocre si fa sempre bello con la pelle del lupo che nasconde un asino o si infila nel culo le penne di un pavone. Certo però è difficile nascondere le zampe da pollo. Sempre è la coda che tradisce il diavolo. C’è un affaccendarsi inutile, un canta canta che tradisce una voce che non c’è, un mondo patetico, dozzinale di mani, visi, occhi, penne di gallina. La poesia è diventata una premiata polleria, si sentono i pigolii dei pulcini, i chicchiricchi senz’accento del gallo che rimane sempre in bianco; il fiato stanco del padrone che dà ordini a sinistra e a destra, e non tollera alcuna defezione nella direzione contraria rispetto a quella stabilita, alcuna libera iniziativa, pena esclusione perpetua dal pollaio che conta; c’è uno sconcacar di scritti coi piedi che danzano balli senza piedi e piedi senza balli che si illudono di correre verso l’infinito. Allora inizia la sequela delle pseudo-filosofie da baraccone, quelle all’amore-cuore, gli sciabordii e le risacche dei coelho-lamellibranchi, creature tentacolari che si muovono in frotta senza muoversi mai, con l’aforismario in tasca per sempre vecchie e verdi banalità senza tempo, quelle che fanno tanto bene al cuore scritto con la q, riscodellate e scodellate per nutrire uomini di cieca volontà, seguaci del nulla e del perfezionamento supremo nella mediocrità più mediocre. Ci sono ordini, gerarchie, catechesi, apologie, lodi tessute, fili tirati, maglie finite che nessuno vedrebbe se il termostato generale del clima non fosse stato girato verso la modalità cervello freddo. Ci sono automi che marciano verso la dissoluzione della poesia, grossi circuiti che dicono di vendere libri e invece offrono tessere con sfide finte già tinte in direzioni prestabilite in anticipo. C’è un previsionario di successo che è dato dalla conoscenza e da quello che quelli intelligenti chiamano familismo amorale, e che quelli da bar chiamano “raccomandazione”. E c’è, c’è, c’è… ma sono tutte cose che sapete già… Che ve le dico a fare?

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Le poesie?

Fatele a pezzi,

distruggetene vezzi, apologie,

prendete a pugni le sacrali sinfonie,

scardinatele dal peso del sussiego,

macellatele in bui corridoi d’ego,

pestatele a sangue sui capelli,

distruggetene gli inginocchiatoi

e demolitene gli orpelli.

Pronto chi parla?

(In falsetto)

Sono un poeta da definizione, non lo nego

so usare il rigo, il segno, l’a capo

la metroretorica, l’interpunzione e la ciarla,

guai a chi mi tocca,

un due tre, stocca,

guai a chi mi parla, non gridate

non respirate,

guai se aprite bocca!

Ma le poesie sono anemie

in lauto brodo d’anarchie.

Fattele a pezzi,

distruggetene vezzi, apologie,

prendete a pugni le sacrali sinfonie.

Liberate, liberate le poesie

dai sacrari stinti delle catalessie,

e non dimenticate di uccidere i poeti,

le loro ierofaniche manie.

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Video – The Black Star of Mu

DESTRUTTURALISMO Punti salienti

Rivista Il Destrutturalismo

 

 

 

Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    Sublime iconoclasta questa poetessa, demolisce gli autoincensamenti acritici dei poeti avventori e avventizi invitandoli a decrittarne con spietatezza aporie e limiti alla luce di sereni confronti con predecessori e lettori attenti. Se muriatico è il contenuto leggerissimo e poco citrico il sostegno formale che lo involucra poiché Mary man mano che si esercita migliora affinando le rispondenze metriche con alternate e baciate azzeccatissime in un ritmo martellantemente saliente! Si ha l’idea di un incendio che cresce e sale verso un olocausto irrefrenabile!

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