Nigredo e metafora dell’ombra

la nigredo, metafora dell'ombra

Nigredo e metafora dell’ombra

Di Mary Blindflowers©

Lanzarote, credit Mary Blindflowers©

 

Il colore comunica stati d’animo, positività o negatività, energia, dinamismo o depressione.

Ci sono colori che attirano immediatamente la nostra attenzione, tutti i colori caldi, per esempio. Altri invece danno l’idea del mistero, il viola e il nero, tanto per citare due esempi.

I colori pastello hanno un effetto rilassante. Il grigio ricorda il colore triste dell’asfalto, oppure stati di uggia depressiva, tristezza ma anche monotona stasi, dato che si trova in equilibrio tra nero e bianco, i due non colori, il bene e il male.

La nigredo alimenta nell’essere umano la metafora dell’Ombra, dinamica demoniaca utile per scaricare tutto ciò che viene rimosso dalla buona educazione. Essa è caos primigenio, luna nera, da cui può nascere ogni cosa. Per i simbolisti il nero compare in ogni cultura in cui si vuole descrivere l’inesprimibile, il mistero metafisico dell’assoluto che non ha colore: il nun degli Egizi, l’Apsu dei Caldei, la dea Notte dei Dogon. Il nero è anche il colore del potere assoluto. Nere sono infatti le camicie dei fascisti, le divise delle SS in Germania, dei baschi neri spagnoli di Franco, nere le macchine dei potentati diplomatici e dei gangsters americani degli anni ’30, neri i mantelli o le tute di molti super-eroi, da Diabolik a Zorro, Batmann, Eva Kant, Dylan Dog, Superboy. Il nero colora altresì le toghe dei giudici e i grembiuli delle maestre elementari di un tempo. Filippo il Buono lo introdusse agli inizi del 400 nella “rivoluzione del nero”. I Bambara lo usano per imitare ritualmente la potenza benefica dei cieli in tempesta. Nella Bukowina durante l’epidemia di peste si annerivano le case col nero. Il nero è anche il colore dei rituali magici, delle messe nere, dei rituali sabbatici e degli animali satanici (gatto, capro, cane nero del Faust che ricorda il barboncino nero della fata di Pinocchio).

Neri sono i cappucci dei liberi muratori, gli specchi in ossidiana della magia divinatoria degli Atzechi, le varie Madonne o Veneri nere (Afrodite Melania greca), il cui culto è diffuso in varie parti del pianeta.

Il nero tinge di scuro vari oggetti magici o apotropaici utili nella magia nera. la Kaaba dell’Islam è nera come gli aeroliti degli Aztechi, nera è la pietra sing yum ching dei Cinesi o la pietra Phurbu dei Tibetani e anche il monolito collocato davanti a Notre Dame o quello, “non meno misterioso e inquietante, che Kubrik colloca nei cieli dell’Odissea nello spazio”1. E il nero è simbolo di terrore infantile che si concretizza nello spauracchio de L’uomo Nero o nella paura dell’oscurità. E sempre nero è il colore del lutto, della morte e del segreto, qualificante le “trame nere”, quelle che non si vedono ma vivono una loro vita indipendente, nascosta. E questo colore così categorico tinge gli integralismi religiosi: il chador, i mantelli dei ministri di culto etiopi e drusi, la veste dei sacerdoti ortodossi, l’abito talare dei preti cattolici, la redingote degli ebrei hassidin.

Nera è la barba di Mangiafuoco, scura-nera è la notte che assorbe le paure infantili di Pinocchio, neri sono gli assassini inbacuccati in due sacchi di carbone, neri sono i conigli che portano la bara al burattino. Di pelame scuro sono le faine che vanno a rubare le galline del contadino, scuro è il caffé della Fata in contrasto con bianco del latte, etc.

Se in qualsiasi social provate a postare foto molto colorate o con oggetti o simboli comuni in cui tutti possono identificarsi, si otterranno inevitabilmente molti gradimenti. Per esempio l’immagine di una birra accanto ad un fiore rosso, foto che associa l’energia ad una bevanda alcolica molto popolare, otterrà un grande successo, anche se la fotografia di per sé non è davvero un granché. Se postate una foto grigia o in bianco e nero, il gradimento scenderà, anche se la foto ritrae un luogo misterioso, affascinante e davvero magico.

La massa ha bisogno dell’identificazione in qualcosa di “conosciuto”, di “sicuro”.

Lo stesso accade per l’arte e per la letteratura. Le sperimentazioni sono difficili da proporre proprio perché le persone non hanno un altro termine di paragone o un sostegno istituzionale che dica loro, “tranquille non sbagliate, questa è arte, potete definirla in questo modo”, “tranquilli, mettete il like, la birra è buona”. Così è capitato che Van Gogh non sia riuscito a vendere neppure un quadro, dato che, secondo il parere illuminato dei suoi contemporanei e dei galleristi del tempo, la sua non era birra buona ma “dipingeva come un pazzo”. La riabilitazione è arrivata post-mortem, e ora i suoi quadri si trovano nei musei.

La capacità di superare la visione del già dato, del già sperimentato, è come un processo alchemico, una magia che consente di andare oltre. Occorre squarciare l’istituzionalmente accettato, l’imposto dal super-ego spesso interessato e politicamente fallato. Farsi un’opinione propria sul mondo e sulle cose, indipendentemente dalle cariche dall’alto, non è un male, ma un bene. Occorre sensibilità, capacità di comunicare con l’umano, in quest’epoca iper-tecnologicizzata, artefatta, in questo mondo in cui la macchina sta sostituendo l’uomo, la chat la comunicazione diretta, la mail la stretta di mano.

Bisogna allora decidere cosa fare. Pensare con la propria testa oppure seguire la corrente e dire arte solo a ciò che lo Stato e la critica che conta, ha messo il suggello arte? Vedere il colore acceso e soffermarsi in automatico, oppure guardare meglio e capire anche le sfumature del nero e del grigio? Dare retta alla pubblicità che propone come meravigliosi prodotti spesso scadenti, o farsi un’opinione individuale?

Sono decisioni personali, sta a noi bucare la superficie o pattinarci sopra. Sta a noi pensare, agire, oppure essere agiti. Se si sceglie il secondo caso poi non possiamo lamentarci se qualcun altro pensa per noi.

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1 Sul simbolismo dei colori si veda C. Widmann, Il simbolismo dei colori, Magi Edizioni Scientifiche, Roma, 2014.

 

https://antichecuriosita.co.uk/manifesto-destrutturalista-contro-comune-buonsenso/

 

Comment (1)

  1. Mariano Grossi

    Stupenda sintesi dell’omologazione manipolata. Mi viene in me ne solo un esempio in musica : che successo avrebbe avuto Paolo Conte se avesse cantato lui con la sua voce roca e i suoi ritmi milongati “Azzurro”? Eppure se lo riascoltate vi dà dei brividi che nessun celentanesimo può donarvi! “Il falco vola troppo in alto perché gli altri lo seguano”!

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