Quel che resta dell’arte tra critica e like©

Quel che resta dell’arte tra critica e like©

Di Mary Blindflowers©

Questa non è arte, olio su tela by Mary Blindflowers©

 

L’immagine è un potente mezzo di comunicazione, talmente potente da indurre ad acquistare un oggetto, dirigere le preferenze sessuali, stabilire mode, contro-mode, esaltazioni e depressioni.

Usare l’immagine significa cercare di stabilire un rapporto con chi ci segue o ci ascolta, indurlo a riflettere, in teoria… molto in teoria… In realtà l’immagine spesso viene utilizzata e manipolata per creare una schiera di non riflessivi. 

Avete presente i topolini da laboratorio? 

Ecco, stimolo-risposta, cibo-stimolo-positivo, sostanza-non-commestibile-stimolo-negativo, rosso-cibo, rosso-positivo, giallo-non cibo, giallo-negativo. 

Provate a spostare il cibo accanto al colore giallo percepito prima come negativo. Il topo si sentirà disorientato, il tempo di reazione e di realizzazione degli individui misurerà la loro intelligenza. Molti topi continueranno a più riprese a dirigersi sul rosso perché così gli è stato insegnato da sempre, rosso-cibo e non si capacitano di come le situazioni possano cambiare.

Tutti gli individui che si adeguano al cambiamento in natura sono definiti “animali intelligenti” o “adattabili”, gli altri, insomma, gli altri continuano ad essere schiavi del super-ego originario. Hanno l’imprinting come le papere.

La flessibilità del cervello, l’idea che niente possa rimanere immutabile ed immutato accompagna da secoli l’intelligenza umana e animale. Non a caso le religioni si basano sul dio fisso e le ossessioni sul famoso chiodo, che sempre fisso è.

 Scalziamo gli dei dai loro scranni, e leviamo i chiodi dai muri delle nostre teste!

 Facile a dirsi, più difficile l’attuazione pratica.

 Prendete ad esempio un social qualsiasi, postate un vostro dipinto e metteteci dei caratteri simili a quelli di un dipinto noto, rielaborandoli creativamente, potete farlo anche con una poesia, è lo stesso. I like ci saranno, ma quei like non piovono in virtù della vostra elaborazione creativa, no, non vi illudete, ingenui! I like piovono perché gli spettatori come i topi che riconoscono il colore rosso, riconoscono il tratto simile a qualcosa che già è stato catalogato come buono, positivo ed artistico. 

Postate invece un vostro dipinto senza alcun tratto simile a un’opera già nota e collaudata, i like diminuiranno sensibilmente perché sono pochi i topi che capiscono che anche il giallo può portare cibo, gli altri rimarranno come storditi, intontiti, disorientati. Così nasce il bisogno suggestivo della critica. 

Il critico è di solito un tipo importante di origine borghese, o comunque ricco di nascita, che non sa nemmeno prendere il pennello in mano o fare letteratura e proprio per questo discetta con molta proprietà di linguaggio sull’arte e le capacità altrui. Siccome è uno che scrive sui giornali, il suo parere soggettivo e opinabile, come tutte le cose di questo mondo, conta, e i galleristi pendono dalle sue labbra. Se il critico decide, per una serie di circostanze che spesso hanno poco a che fare con l’arte, che un groviglio di fili attaccati ad una tela è artistico, quel groviglio di fili che prima disorientava i nostri bravi topolini, ora diventa un elemento certificato, familiare, accertato. Il critico dice che quello non è un groviglio di fili ma un simbolo di metafisica perfezione sublunare e i topi si sentiranno immediatamente rassicurati, felici, confortati, perché ogni cosa deve avere il marchio del cosiddetto “esperto” per essere percepita come positiva e soprattutto “familiare”, “riconoscibile”. Che poi l’esperto tal dei tali, abbia anche altri interessi per dire che quel groviglio di fili sia pura e sublime arte, ai topi non interessa per niente, è troppo complicato da indagare, oltretutto non è loro compito smontare i meccanismi.

Le cose nuove non interessano senza stigmate e riconoscimenti, perché il cervello dei più vive di déjà-vu da ipnosi collettiva, abituarlo alla novità senza essere nessuno, senza avere un certificato di qualcuno, è una pretesa che rasenta, oggi come oggi, l’assurdo, ossia il maggior denso significativo che esista e che chiunque possa e debba augurarsi, laddove “chiunque”, purtroppo, in questo caso, è riferito ad uno sparuto numero di coraggiosi.

Ma torniamo all’arte “sicura”.

Una volta ottenuto il certificato di “arte certa” e chiaramente identificabile dalla massa dei topolini, se postate un dipinto con un groviglio di fili simile a quello lodato dal critico nel quadro del famoso artista X, pioveranno i like, ma quei like, ricordatevelo, non sono per voi, sono per la certificazione del groviglio, voi non c’entrate niente, del vostro quadro, i topi hanno riconosciuto solo il groviglio, il resto non conta, stanno mettendo i like all’unico elemento del dipinto che gli ricorda il pittore certificato dal critico, voi non contate niente e se farete qualcosa di nuovo, nessuno vi considererà più di tanto, perché voi non avete la certificazione di un critico, non siete artisti, siete imbrattatele e tali rimarrete nei secoli dei secoli, a meno che non conosciate un critico…

50% timbri, 50% business, quel che resta è arte purissima.

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